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Europeisti divisi


+Europa ritiene di avere il copyright dell’europeismo, Calenda non si stacca dal Pd

Carlo Calenda, ex Ministro dello Sviluppo Economico, durante la presentazione del programma elettorale del partito +Europa a Roma, Italia, 3 febbraio 2018. REUTERS/Max Rossi

+Europa ritiene di avere il copyright dell’europeismo, Calenda non si stacca dal Pd

Nessuna alleanza tra Pd e +Europa per le europee: il listone non si farà. All’offerta dei Dem di parità di loghi sotto uno stesso ombrello, +Europa ha detto di no. L’incontro tra il neo-segretario Nicola Zingaretti e Bendetto Della Vedova si è risolto in un nulla di fatto. Ideali comuni e belle parole (no al sovranismo, no al populismo, sì alla difesa dei valori della Ue) ma ognuno per la sua strada. In caso di successo gli eletti confluiranno in due famiglie diverse, i socialisti per il Pd e i liberal-democratici dell’Alde per +Europa.

Con buona pace del manifesto dell’ex Ministro Carlo Calenda “Siamo europei”. “Oggi +Europa e Pd si incontrano per capire se si può fare la lista unitaria europeista. È l’unica soluzione che ci dà una chance di battere la Lega senza disperdere voti” aveva twittato Calenda prima dell’incontro. E invece niente da fare. Nei prossimi giorni, Zingaretti incontrerà anche i rappresentanti dei Verdi e del movimento di Federico Pizzarotti, Italia in comune. Collaborazione e convergenze in vista delle elezioni politiche, ma alle elezioni europee ognuno per sé. Anche qui una famiglia diversa: i Verdi. Il fronte europeista marcia diviso. 

Proviamo a fare un’analisi fredda:

1) non è vero che correre divisi è meglio, come sostiene chi vuole mantenere la sua autonomia. Perché è vero che ci confronteremo con un sistema proporzionale, ma non puro. Lo sbarramento al 4% è alto e rischia di mandare 5 diversi partiti di uno stesso schieramento culturale tutti o quasi tutti a casa, senza nessun parlamentare. Inoltre, c’è anche una valutazione politica da fare: così come è stato chiaramente un errore per +Europa correre alle politiche insieme a un Pd in rotta, anche se il sistema favoriva gli accorpamenti, in questo caso la dispersione dei brand rischia di disorientare gli elettori moderati;

2) certo, ideale sarebbe stato dividere la storia e la tradizione del Partito Democratico da un raggruppamento focalizzato sul racconto di un’Europa protagonista del nostro futuro prossimo. Per far questo, Carlo Calenda avrebbe potuto e forse dovuto mettersi a capo, con la sua reputazione di uomo politico coraggioso e moderno, di uno schieramento europeista fuori dal Pd. Ma non è accaduto. Perché? Eppure l’ex Ministro aveva avviato un raggruppamento di Europeisti, che avrebbe potuto, forse potrebbe ancora, fungere da catalizzatore di quel consistente pezzo di opinione pubblica che vede il futuro del nostro Paese in Europa, ma non necessariamente a maggioranza socialista.

In questi giorni, assistiamo anche alla triste deriva del Governo May, impigliato nelle indecisioni della sua stessa maggioranza: questa Europa non dovrebbe concedere più tempo al Governo di Sua Maestà. L’Europa del futuro è senza Londra, non possiamo aspettarli in eterno…

Ma anche gli europeisti italiani non hanno più tempo per battere un colpo…

@GiuScognamiglio

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