The tetchy, unpredictable genius of champions.
Sono passati 2 anni da quando Time inserì Mario Balotelli tra le 100 persone più influenti del mondo dopo avergli dedicato, a fine 2012, una copertina cult che rivaleggiava con quella dedicata pochi mesi prima a un altro italiano, l’ex premier Mario Monti.
The meaning of Mario, titolava Time: “Quello che il fenomeno Balotelli dice del calcio, della razza e dell’identità europea”.
Il 2012 era stato l’apice della turbolenta carriera dell’attaccante italiano: la conquista della Premier League con il Manchester City e un Campionato europeo da assoluto protagonista con gli Azzurri, giustiziere della Germania in semifinale con 2 gol da cineteca. Il torneo continentale l’ha vinto la Spagna, ma la posa da Hulk a petto nudo dopo la seconda rete ai Tedeschi, l’ha trasformato in un’icona global.
Time in quel giovane campione scorbutico, magnetico e imprevedibile, aveva scovato il simbolo di un paese che scopriva la diversità dei nuovi Italiani. Quando Mario nasceva a Palermo, nell’estate 1990, da immigrati ghanesi che lo avrebbero poi dato in affidamento a una famiglia bresciana di nome Balotelli, 1 residente italiano su 100 aveva il passaporto straniero. Oggi quel rapporto è sceso a 1 su 12 e Balotelli è diventato l’icona della nuova Italia multietnica.
Visto da una curva italiana invece, Super Mario è sempre stato bersaglio di cori bestiali, banane e striscioni razzisti tipo: “Non esistono negri italiani”. Una colonna sonora che l’ha accompagnato dalle categorie giovanili alla serie A con Inter e Milan. Una becera forma di razzismo che l’Italia e il suo calcio hanno sottovalutato e talvolta giustificato.
L’Italia è da secoli un paese di emigranti ma l’immigrazione straniera l’ha scoperta solo negli ultimi 30 anni. Gli immigrati e i loro figli non sono considerati una risorsa: per legge, Balotelli è diventato italiano solo a 18 anni. E anziché essere un simbolo positivo, è una polemica continua.
Lui che è l’unica pop star globale rimasta allo scalcinato calcio italiano. Ai Mondiali 2014, nonostante il fallimento degli Azzurri, il pubblico brasiliano l’ha acclamato come un idolo, il rapper del calcio con più follower dei Rolling Stones. Sports Illustrated, la bibbia dello sport Usa, l’ha celebrato come l’uomo più interessante del pianeta, associandolo a Tyson e Maradona quanto a geniale follia.
L’Inghilterra, che nel 2013 l’ha rispedito a casa dopo 3 anni di magie discontinue a Manchester e un super lavoro per i tabloid, se l’è ripreso l’estate scorsa. A Liverpool questa volta, dove più che i suoi gol ha fatto notizia una vignetta postata su Instagramche Balotelli riteneva antirazzista e che invece gli è costata una squalifica per antisemitismo. “Non essere razzista! Sii come Mario – recitava il post con un’immagine dell’eroe dei videogiochi Super Mario Bros – è un idraulico italiano, creato dai giapponesi, parla inglese e somiglia a un messicano. Salta come un nero e raccoglie monete come un ebreo”.
Balotelli ha chiesto scusa ricordando che sua madre adottiva è di origine ebraica e la Federcalcio inglese, molto severa in tema di razzismo, è stata clemente proprio per la storia personale del ragazzo. Spiega John Foot, docente di Storia moderna italiana alla Bristol University, autore del libro Calcio. 1898-2010. Storia dello sport che ha fatto l’Italia. “Per gli Inglesi, Mario Balotelli è un personaggio difficile da inquadrare nello stereotipo dell’italiano medio. I miei studenti mi raccontano un sacco di cose sul suo conto: la storia dei fuochi d’artificio sparati dentro casa, i soldi regalati ai poveri, le freccette tirate ai compagni di squadra. Quasi tutte leggende che non hanno nulla a che fare col calcio. In Inghilterra non abbiamo problemi a dire che è Italiano ma è chiaro che non è Italiano come tutti gli altri. Mario è il simbolo dei Black Italians che una parte del suo Paese fatica ancora ad accettare. È un ragazzo di 24 anni che porta sulle spalle un peso enorme: racchiudere in sé la cruda realtà della società multiculturale”.
The tetchy, unpredictable genius of champions.