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In Libia scende in campo anche il Covid


La crisi libica potrebbe risentire degli effetti economici della pandemia. Le influenze esterne ne escono indebolite

Gli sforzi diplomatici degli ultimi mesi da parte degli Europei e della Germania in particolare non sembrano aver prodotto risultati sostanziali nel contenimento della crisi libica. L’attuale confronto militare in Libia non sembra destinato a risolversi nel breve periodo. L’attacco alla capitale il 4 aprile 2019 da parte del Libyan National Army (Lna) di Khalifa Haftar non ha sortito l’effetto sperato, ossia una rapida presa di Tripoli. In questi mesi le milizie della capitale hanno dapprima fatto resistenza, prendendo tempo per organizzarsi e coordinarsi; poi, hanno iniziato a contrattaccare, riportando risultati positivi a Gharyan, uno degli avamposti di Haftar vicino a Tripoli, e più recentemente a Sabratha, tornando in controllo di tutta la fascia costiera da Tripoli al confine con la Tunisia.

L’escalation

L’ultimo anno ha registrato una pericolosa escalation militare con bombardamenti di strutture civili come gli aeroporti, ma anche punti strategici nel centro di Tripoli, e un sempre maggiore coinvolgimento di forze straniere a supporto delle due parti, anche in violazione dell’embargo militare formalmente vigente in Libia dal 2011. L’ingresso di miliziani siriani filo-turchi in Tripolitania a inizio 2020 ha portato al centro della scena l’azione spregiudicata della Turchia a supporto del Governo di Unità Nazionale (Gna) di Tripoli. Tuttavia, questa azione è apparsa come la conseguenza della trasformazione del conflitto degli ultimi anni: da una dimensione interna a una internazionale. La crisi libica è ora una guerra per procura e l’azione del presidente turco Erdogan è una risposta al contributo militare, economico e politico, altrettanto spregiudicato, offerto a Haftar da parte di Egitto, Emirati Arabi e Russia nell’ultimo anno.

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