Qualche tempo fa scrivevamo del fatto che la politica italiana non sembra seguire la linea di un mondo sempre più competitivo, che in materia di educazione richiede un numero crescente di titoli ed esperienze. In Italia, l’accesso a molte scuole di formazione in politica e amministrazione pubblica, infatti, è permesso senza particolari qualificazioni accademiche. E questa mancanza di preparazione, purtroppo, ha conseguenze sulla qualità del discorso politico, che risulta spesso impreparato, limitato o ripetitivo.
Molti sono i Paesi che invece in questo senso hanno fatto qualche passo in più. Senza andare troppo lontano, ad esempio, i nostri vicini francesi fondano nel 1945 la famosa Ena, Ecole Nationale d’Administration. Con sede a Strasburgo per marcarne il carattere europeo, l’Ena è una scuola post laurea triennale che forma la classe dirigente francese e chiunque voglia esercitare qualunque funzione pubblica.
Ultimamente, un’iniziativa italiana che va in questo senso è stata avviata dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta con la Scuola di Politiche. Trasferitosi poi a Parigi e in quanto presidente dell’Institut Jacques Delors, think tank europeo fondato dall’omonimo politico francese, presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995, ha ideato in Francia un progetto simile, al quale ho avuto la fortuna di partecipare: l’Académie Notre Europe.
12 sessioni in 8 mesi con base a Parigi, ma che ci hanno portato anche in giro per l’Europa, dal parlamento europeo di Bruxelles a quello di Strasburgo e da Berlino a Roma, L’Académie è un gruppo di una trentina di ragazzi tra i 18 e i 26 anni che si confrontano sull’Unione europea. Unione che si cerca di capire, con l’aiuto di deputati europei, giornalisti, politici. Si discute del progetto europeo e di come riformarlo, se ne apprezzano i risultati ma se ne criticano le disfunzionalità, con l’invito ad andare oltre e la speranza di riuscire a fare di più.
L’Académie è allo stesso tempo dialogo con esperti della costruzione europea, partecipazione in prima persona a iniziative globali, dibattito con i ragazzi che ne fanno parte e confronto sulle diverse opinioni che si hanno sull’Europa, che via via nel corso dell’anno si modificano o si consolidano, in maniera più consapevole. L’Académie è anche un incontro mensile di ragazzi che lasciano i loro impegni universitari o professionali e partono da diverse città europee per ritrovarsi, e di esperti che accettano di lasciare i loro importanti incarichi per poche ore nella speranza di trasmettere ciò che vivono giorno dopo giorno a chi ha voglia di approfondire e conoscere.
Tra gli studenti, diversi sono coloro che ambiscono a entrare al prestigioso College of Europe di Bruges, ma anche giovani che più frequentano l’università pubblica locale o ancora studenti di psicologia, storia e finanche fisica. Ci accomuna però una gran voglia di approfondire le tematiche che costruiscono il mondo in cui tutti noi viviamo e la voglia di contribuire a lasciare un posto migliore di quello che abbiamo trovato, e farlo chi con grandi ambizioni, chi con piccole azioni. Un network di amicizie costruite che rimarrà negli anni, anche se si percorreranno strade diverse.
Tra gli intervenuti, Cécile Kyenge, dal 2014 membro del parlamento europeo, ci ha raccontato della sua non facile esperienza come primo ministro nero della Repubblica italiana ( ministro per l’Integrazione sotto il governo Letta); Joaquin Alumnia, politico spagnolo e membro della Commissione europea ha condiviso alcuni momenti del suo rapporto con il presidente Barroso e della sua esperienza da responsabile per gli Affari Economici e Monetari; l’ex presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ci ha regalato alcuni consigli paterni sulla gestione delle crisi, rievocando con noi diverse situazioni in cui è stato coinvolto nella sua movimentata carriera politica; e tanti altri , come Jonathan Faull, il più alto funzionario britannico della Commissione Europea, che ha condiviso le sue riflessioni all’indomani della Brexit.
Académie Notre Europe unisce la praticità francese alla creatività italiana, caratterizzando il progetto di solidi apprendimenti ma colorandolo anche di originali effetti sorpresa.
Insomma, un’esperienza giovane, nuova. Un progetto all’insegna del “give back” che non necessita di titoli, ma soltanto di un video in cui si dimostra un’autentica curiosità nella causa. Che quindi non cade nell’elitismo. Un’iniziativa che vede il coinvolgimento di noi giovani, fondamentale in un’epoca in cui si sta perdendo fiducia nelle istituzioni e ci si sta disinteressando sempre di più al dibattito politico. La prima di tante, speriamo, e di cui noi Millennials ci dobbiamo fare promotori.
@manu_scogna10
