Il gruppo di Paesi industrializzati si riunisce virtualmente per fare il punto sull’Afghanistan. I Talebani alla Cia: ultimatum per il ritiro al 31 agosto. Indo-Pacifico, gli occhi Usa puntati su Pechino
Il caotico ritiro degli Stati Uniti e della coalizione Nato dall’Afghanistan trova ulteriori difficoltà nell’ultimatum imposto dai Talebani al 31 agosto. Propedeutico al meeting virtuale del G7 di ieri, il Direttore della Cia William Burns ha incontrato segretamente — come svelato dal Financial Times — il cofondatore della leadership al Governo nell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, il Mullah Abdul Ghani Baradar, per sondare il terreno su un possibile allungamento dei tempi di addio al Paese.
Una fase in rapido sviluppo
Baradar ha negato ulteriore spazio agli eserciti in missione su territorio afghano, nonostante le aspettative del Presidente Usa Joe Biden e di Boris Johnson, Primo Ministro del Regno Unito organizzatore del G7 2021. Il Portavoce talebano Zabinullah Mujahid ha confermato quanto specificato dal cofondatore, sollecitando inoltre Washington nell’esimersi dall’incoraggiare gli afghani alla partenza. Mujahid ha inoltre chiesto alle ambasciate straniere di non chiudere né fermare le loro attività, garantendo la sicurezza delle strutture.
Una chiara sconfitta in politica estera per Biden che, da un lato, si è assunto il compito di portare a termine quanto già concordato dalla precedente amministrazione, con la gestione poco accorta del ritiro; dall’altro, questo segnerà la sua presidenza e peserà sulle possibilità di rielezione. L’esponente democratico ha infine deciso di non estendere la deadline del 31 agosto, tenendo in considerazione i crescenti rischi per la sicurezza degli operatori sul campo.
Al meeting G7 spicca la proposta del Presidente del Consiglio Mario Draghi, che chiede un incontro — da organizzare il prossimo mese — allargato a Russia, Cina, India, Arabia Saudita e Turchia. Draghi ha inoltre annunciato che le risorse italiane destinate all’esercito afghano verranno dirottate per gli aiuti umanitari, chiedendo lo stesso impegno ai colleghi presenti.
La situazione sul campo
La sensazione è che il dialogo tra le varie parti sia in svolgimento, ma che il cuore pulsante delle istituzioni afghane sia ormai in pieno possesso dei Talebani. Al momento, non sembrano esserci grandi possibilità di stravolgimento, sebbene l’Alleanza del Nord guidata da Ahmad Massoud stia resistendo all’avanzata talebana nel Panjshir.
Nell’ottica di assicurare maggiore autonomia alla regione, Massoud — come spiegato da Daniele Garofalo, ricercatore analista di terrorismo islamista — ha proposto un accordo di condivisione del potere per limitare l’applicazione della Sharia, con un Governo inclusivo e decentralizzato. L’idea di Massoud punterebbe alla rappresentanza di tutte le etnie del Paese, con ampia autonomia per le province.
Usa, dallo scenario afghano all’Indo-Pacifico
Lo spostamento dell’interesse statunitense dall’Afghanistan alla regione dell’Indo-Pacifico è stato il tema fondante del discorso della vicepresidente Kamala Harris a Singapore. “Mentre affrontiamo gli sviluppi in una regione — ha specificato la partner politica di Biden — è imperativo continuare a promuovere i nostri interessi altrove”, compreso appunto l’Indo-Pacifico.
Gli occhi sono puntati su Pechino, con la Cina che, secondo la Vp, “costringe, intimidisce e fa proclami indirizzati alla vasta maggioranza del Mar Cinese meridionale, azioni — ha continuato Harris — che indeboliscono l’ordine basato sulle regole e mettono a repentaglio la sovranità delle nazioni”.
Interpellato da Bloomberg nel corso del quotidiano punto stampa con i giornalisti, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha risposto direttamente alle parole di Harris, stigmatizzando il concetto di “regole e ordine” inteso dagli Stati Uniti. “Gli Usa possono arbitrariamente avviare un intervento militare senza portare il peso delle responsabilità e delle sofferenze della popolazione, abbandonata senza consultare la comunità internazionale, neanche i suoi alleati”. E ancora, “diffama, sopprime e costringe e prevarica gli altri Paesi nel nome di ‘America First’ senza pagare alcun prezzo”.
Lo scontro sull’asse Washington-Pechino prosegue fitto e imperterrito, con l’interessamento statunitense per l’Indo-Pacifico che infastidisce sempre più la nomenclatura cinese. L’eventuale spostamento dell’ago della bilancia verso gli Usa o la Repubblica popolare darà l’idea della portata del confronto, serrato e dai toni accesi, chiarendo le prospettive per le future strategie dei Paesi nella regione.
Baradar ha negato ulteriore spazio agli eserciti in missione su territorio afghano, nonostante le aspettative del Presidente Usa Joe Biden e di Boris Johnson, Primo Ministro del Regno Unito organizzatore del G7 2021. Il Portavoce talebano Zabinullah Mujahid ha confermato quanto specificato dal cofondatore, sollecitando inoltre Washington nell’esimersi dall’incoraggiare gli afghani alla partenza. Mujahid ha inoltre chiesto alle ambasciate straniere di non chiudere né fermare le loro attività, garantendo la sicurezza delle strutture.