Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump è testimone del trasferimento delle spoglie dei soldati americani David Knadle e Kirk Fuchigami, uccisi il 20 novembre in un incidente in elicottero mentre sostenevano truppe di terra in Afghanistan, a Dover Air Force Base, in Dover, Delaware, Usa, 21 novembre 2019. REUTERS/Jonathan Ernst
Afghanistan: gli Usa potrebbero ritirare le proprie truppe a partire da giugno, in anticipo rispetto a quanto previsto dall’accordo con i Talebani
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump è testimone del trasferimento delle spoglie dei soldati americani David Knadle e Kirk Fuchigami, uccisi il 20 novembre in un incidente in elicottero mentre sostenevano truppe di terra in Afghanistan, a Dover Air Force Base, in Dover, Delaware, Usa, 21 novembre 2019. REUTERS/Jonathan Ernst
Stando a quanto riportato da Reuters, gli Stati Uniti potrebbero ridurre la propria presenza militare in Afghanistan a 8600 unità per l’inizio di giugno, in anticipo rispetto a quanto previsto dall’accordo di pace con i Talebani raggiunto lo scorso febbraio, quando nel Paese erano schierati 13mila soldati americani.
La ritirata degli Stati Uniti dalla guerra più lunga che abbiano mai combattuto (è iniziata nel 2001) procede con rapidità. E secondo il New York Times è anche possibile che la ritirata completa possa avvenire non soltanto prima della data fissata (maggio 2021), ma anche prima delle elezioni di novembre. Tra le varie tabelle di marcia che i militari presenteranno a Donald Trump nei prossimi giorni, quest’ultima è certamente l’opzione più gradita al Presidente.
Lo è per due motivi. Il primo è perché permetterebbe a Trump di esibire la notizia della fine della guerra davanti alla popolazione e aumentare le chances di essere rieletto. Per quanto la politica estera non condizioni moltissimo le scelte di voto degli americani, d’altra parte la maggioranza dell’opinione pubblica è contraria all’impegno militare in Afghanistan perché non considera vantaggioso il rapporto costi-benefici.
Il secondo motivo ha a che vedere con la dottrina isolazionista di Trump, che considera le missioni all’estero – le endless wars (“guerre infinite”) – come uno spreco di risorse che sarebbe più utile investire in patria. Ieri Trump ha scritto su Twitter che “In Afghanistan agiamo come se fossimo una forza di polizia e non una forza di combattimento. Dopo 19 anni, è tempo che [gli afghani, ndr] sorveglino il loro Paese. Riporteremo i nostri soldati a casa ma osserveremo attentamente cosa succede, e colpiremo come un tuono come mai prima d’ora, se necessario!”. In realtà, nonostante l’isolazionismo, va ricordato che Trump non ha completamente abbandonato il Medio Oriente; piuttosto, ha distribuito i soldati in maniera diversa.
Al contrario della Casa Bianca, i militari statunitensi preferirebbero un ritiro graduale dall’Afghanistan, per evitare che i Talebani – tradendo gli impegni presi con l’accordo di pace – possano sottomettere il Governo e ottenere il controllo del Paese, trasformandolo di nuovo in una base per il terrorismo.
Da febbraio a oggi le violenze non si sono ridotte (al contrario: sono aumentate) e i colloqui tra Kabul e i fondamentalisti non sono iniziati. Nei giorni scorsi, tuttavia, i Talebani hanno annunciato una tregua per l’Eid al-Fitr (la festa che segna la fine del Ramadan); in risposta – e in segno di “buona volontà” –, il Governo del Presidente Ashraf Ghani ha liberato 2000 Talebani.
Il dialogo tra le due parti si era bloccato proprio sulla questione dello scambio dei prigionieri: si tratta di una condizione prevista dall’accordo tra Stati Uniti e Talebani, a cui però il Governo afghano non ha partecipato. Le trattative tra Kabul e i fondamentalisti, comunque difficili, erano ulteriormente complicate da una crisi istituzionale che adesso sembra essersi risolta. Il cammino diplomatico dovrebbe giovarne, forse.
Finora i Talebani hanno utilizzato la violenza contro le forze governative come uno strumento per guadagnare potere nei negoziati. Per questo i funzionari del Dipartimento della Difesa americano preferirebbero un ritiro più lento dall’Afghanistan, condizionato ai livelli di violenza e all’andamento del dialogo intra-afghano. Azzerare subito la presenza americana potrebbe azzerare anche ogni forma di pressione sui Talebani, oltre che mandare a Kabul un segnale di disinteresse per le sorti del Paese.
Afghanistan: gli Usa potrebbero ritirare le proprie truppe a partire da giugno, in anticipo rispetto a quanto previsto dall’accordo con i Talebani
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump è testimone del trasferimento delle spoglie dei soldati americani David Knadle e Kirk Fuchigami, uccisi il 20 novembre in un incidente in elicottero mentre sostenevano truppe di terra in Afghanistan, a Dover Air Force Base, in Dover, Delaware, Usa, 21 novembre 2019. REUTERS/Jonathan Ernst
Stando a quanto riportato da Reuters, gli Stati Uniti potrebbero ridurre la propria presenza militare in Afghanistan a 8600 unità per l’inizio di giugno, in anticipo rispetto a quanto previsto dall’accordo di pace con i Talebani raggiunto lo scorso febbraio, quando nel Paese erano schierati 13mila soldati americani.
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