L’abbandono degli Stati Uniti spinge le potenze regionali a un riassetto negli equilibri esistenti. Il Pakistan ipotizza una nuova organizzazione regionale con Cina e Russia
L’effetto domino scatenato dalla presa del potere dei Talebani in Afghanistan spinge le forze regionali a un riassetto negli equilibri esistenti, tanto da ipotizzare nuove forme di cooperazione — e addirittura organizzative — tra player del calibro di Cina, Russia, Iran e Pakistan. I quattro Paesi sono direttamente coinvolti dagli stravolgimenti in atto nell’Emirato Islamico, desiderosi di sfruttare al massimo la disfatta statunitense e la ritirata degli eserciti occidentali.
Una situazione in divenire
Se è ancora poco chiaro chi sarà il vero vincitore della partita afghana, da Islamabad giungono messaggi di varia natura, tra l’arrivo dei servizi segreti a Kabul, con il capo dell’Isi Faiz Hameed immortalato nei giorni scorsi al Serena Hotel della capitale afghana, e le dichiarazioni del Ministro degli Interni pakistano Sheikh Rashid Ahmad che paventa la possibilità di un blocco regionale per la stabilità dell’area.
Tuttavia, la stoica resistenza nel Panjshir guidata da Ahmad Massoud rischia di diventare motivo di scontro nell’asse Teheran-Islamabad. Voci non confermate parlano di un supporto pakistano ai Talebani per la conquista della provincia contraria al nuovo corso dell’Emirato Islamico, mentre il Governo Raisi, tramite il Portavoce del Ministero degli Esteri Saeed Khatibzadeh, ha dichiarato che è “inaccettabile, secondo il diritto internazionale, l’assedio nel Panjshir”. Khatibzadeh ha ribadito la posizione iraniana: la soluzione politica è l’unica che può funzionare.
Dialogo inter-etnico e regionale
Nelle ultime ore la situazione si è fatta ancora più critica per l’Alleanza del Nord, che ha subìto importanti perdite di peso quali il Generale Abdul Wudod Zara, nipote di Massoud, e Fahim Dashti, giornalista e portavoce del National Resistance Front of Afghanistan. I Talebani hanno comunicato che le loro forze avrebbero completato la conquista dell’ultima provincia ancora combattente.
Eppure, su richiesta del consiglio degli anziani e dei religiosi del Panjshir, la National Resistance Force aveva affermato la propria disponibilità a trattare con i Talebani per la formazione del nuovo Governo, intenzione ribadita dallo stesso Massoud con un post pubblicato su Facebook. Ciononostante, le forze dell’Emirato Islamico avrebbero negato l’ipotesi del dialogo, portando il leader della resistenza a un appello alla nazione per rivoltarsi contro il potere talebano.
Un nuovo accordo regionale?
Una nuova organizzazione per la sicurezza della regione con Afghanistan, Pakistan, Iran, Russia e Cina si formerebbe solo dopo la stabilizzazione del Paese e l’unità di intenti delle nazioni sul nuovo esecutivo a Kabul. L’idea del Ministro pakistano Ahmad parte dall’importanza del ruolo che le potenze regionali svolgeranno all’indomani dell’abbandono delle forze straniere. “La nostra regione è libera dalla pressione delle potenze extra-regionali, presto sarà formato un nuovo e importante blocco per garantire all’area una pace duratura”.
La profondità strategica del Pakistan ha bisogno di un Afghanistan compiacente alle sue politiche, utile anche alla Cina, che, insieme al ‘Paese dei puri’, vede nell’India, sempre più vicina agli Stati Uniti, un rivale sistemico. Insieme alla Russia, che con Pechino dialoga anche in ambito militare, e all’Iran oppresso dalle sanzioni economiche, il nuovo volto della regione potrebbe assistere all’unione delle forze di realtà decisive per la stabilità, non solo dell’area ma anche del quadro geopolitica globale.
Se è ancora poco chiaro chi sarà il vero vincitore della partita afghana, da Islamabad giungono messaggi di varia natura, tra l’arrivo dei servizi segreti a Kabul, con il capo dell’Isi Faiz Hameed immortalato nei giorni scorsi al Serena Hotel della capitale afghana, e le dichiarazioni del Ministro degli Interni pakistano Sheikh Rashid Ahmad che paventa la possibilità di un blocco regionale per la stabilità dell’area.