Per far fronte alla crescente minaccia terroristica e alle tante attività criminali che infestano il continente, l’Africa sta per mettere a punto un nuovo organo di sicurezza. L’Afripol, questo il suo nome, dovrebbe garantire una maggiore efficacia sul piano operativo attraverso la cooperazione tra le forze dell’ordine dei vari paesi, che agiranno nel quadro di un reciproco scambio di informazioni e aiuti.
L’idea di uno strumento intergovernativo volto al controllo di attività illecite è nata nel settembre del 2013, durante la 22ima conferenza africana dell’Interpol tenutasi ad Oran. In quell’occasione i quarantuno capi della polizia presenti al vertice si sono mostrati favorevoli alla proposta, che è stata presentata dall’Algeria. A quell’incontro ne sono seguiti altri che nel corso dei mesi sono serviti a delineare i principi guida dell’organizzazione.
Per finalizzare il progetto, il cui debutto è previsto per l’ottobre di quest’anno, il 27 e il 28 aprile si è tenuto ad Algeri un incontro a porte chiuse a cui hanno partecipato alcuni esponenti dell’Unione Africana (UA), i capi della polizia di quasi tutti i paesi del continente e i rappresentanti dell’Interpol, dell’Europol e dell’Aseanapol. Oltre ad analizzare e dibattere i testi giuridici che dovranno regolamentare il funzionamento di questo nuovo meccanismo securitario, l’incontro è stata un’occasione per pianificare il graduale processo che da qui a pochi mesi renderà la missione esecutiva. L’Afripol opererà sotto l’egida dell’UA per combattere crimini come il traffico di droga, il commercio di armi e le tratte di esseri umani.
La sua struttura si dovrebbe basare su tre punti fondamentali, concepiti per migliorare il funzionamento e la trasmissione di dati sensibili tra i vari organi di sicurezza. Il primo riguarda l’aspetto decisionale. I capi delle polizie nazionali saranno in continuo contatto con il Comitato per la difesa dell’UA e si dovranno consultare con esso prima di prendere un qualsiasi tipo di iniziativa. Il secondo punto prevede la formazione di unità regionali gestite dal Dipartimento per la pace dell’UA. Il terzo punto, infine, concerne la dimensione operativa, con la creazione di una segreteria permanente capace di coordinare tutte le attività nel continente africano.
L’obiettivo è quello di concepire un approccio globale, che rinforzi le capacità organizzative, tecniche e funzionali attraverso uno scambio di informazioni e competenze. Grazie ad un sistema strutturato su diversi livelli, quei paesi che oggi non hanno le risorse e i mezzi necessari per combattere l’illegalità all’interno dei loro confini potranno contare sull’appoggio di tutti gli stati aderenti all’iniziativa. L’Afripol prevede inoltre un programma di formazione per gli agenti adattato ai differenti contesti nazionali. I poliziotti verranno inquadrati con corsi specifici di investigazione scientifica, cyberterrorismo e analisi criminale.
La realizzazione di questo nuovo strumento riflette il bisogno delle istituzioni africane di far fronte a nuovi pericoli, che richiedono uno sforzo congiunto da parte di tutti i governi. La facilità con cui i gruppi terroristici agiscono attraversando indisturbati le frontiere ha portato le forze dell’ordine a studiare nuovi metodi di indagine, che devono però agire in sintonia tra di loro per essere veramente efficaci.
Un ruolo chiave per la realizzazione di questo dispositivo lo sta svolgendo l’Algeria, paese mediatore di tutti gli incontri tenutisi fino ad oggi e per il momento unico finanziatore del programma, visto che l’UA non sbloccherà i fondi fino a quando l’agenzia di coordinamento non diventerà ufficialmente operativa.
Non a caso l’Afripol avrà il suo quartier generale proprio a Ben Aknoun, piccolo comune situato a pochi chilometri dalla capitale, in una struttura dotata di 28 uffici e due sale riunioni, la cui realizzazione è costata 4 milioni di euro.
L’esperienza maturata in questi ultimi venti anni nella lotta al terrorismo e nelle mediazioni diplomatiche ha reso Algeri un attore imprescindibile nelle strategie di difesa regionale. Il governo di Bouteflika è riuscito ad arginare il pericolo rappresentato dal gruppo di Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), respingendo i suoi miliziani verso la zona sud-est del paese, al confine con la Libia e il Mali.
Secondo i dati pubblicati dal Centro internazionale per lo studio della radicalizzazione e di violenza politica del King’s College di Londra, sarebbero 200 gli algerini che nel 2015 sono partiti per unirsi all’ISIS. Una cifra modesta se si paragona ai 1500 marocchini e ai 3000 tunisini che hanno lasciato il loro paese per combattere la jihad nel medio oriente. A questo si aggiunge inoltre una notevole diminuzione del traffico di armi e di droga che fino a poco tempo fa transitava in grandi quantità per il paese.
L’Algeria rappresenta quindi uno dei paesi più stabili della regione dal punto di vista della sicurezza interna, l’ideale per assumere la leadership dell’Afripol. Il vicino Marocco, anche lui potenzialmente adatto a ricoprire questo ruolo, non ha aderito al progetto, lasciando così campo libero al suo storico rivale.
Anche se ancora restano alcuni punti da definire, l’Africa sembra ormai pronta a mettere in atto un piano di sicurezza interna che potrebbe cambiare gli equilibri politici di alcune regioni. La creazione di un corpo continentale darebbe alla comunità africana una maggiore autonomia in termini di controllo interno, migliorando la stabilità di molte aree diventate negli ultimi tempi teatro di attività illegali e terroristiche. Agendo in collaborazione con le forze occidentali, l’Afripol diverrebbe uno degli attori principali nell’ambito della giustizia internazionale, assumendo un ruolo predominante su scala internazionale.
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Per far fronte alla crescente minaccia terroristica e alle tante attività criminali che infestano il continente, l’Africa sta per mettere a punto un nuovo organo di sicurezza. L’Afripol, questo il suo nome, dovrebbe garantire una maggiore efficacia sul piano operativo attraverso la cooperazione tra le forze dell’ordine dei vari paesi, che agiranno nel quadro di un reciproco scambio di informazioni e aiuti.