Alitalia è il simbolo delle ragioni della nostra incapacità di essere competitivi nello scacchiere globale: pastoie, indecisioni, mezze misure
La situazione del salvataggio di Alitalia diventa ogni giorno più ingarbugliata. Lufthansa, uscita formalmente dalle trattative un anno fa, si è rifatta viva con una lettera alle Fs. Nei giorni scorsi, Luciano Benetton, la cui holding di famiglia controlla Atlantia, che fa parte della cordata dei possibili investitori insieme al Mef e a Fs, ha lanciato la volata dichiarando che la compagnia tedesca “ha molta esperienza e anche il progetto Alitalia dovrebbe passare attraverso chi ha esperienza.”
Lufthansa, partner dell’alleanza Star Alliance, che in passato ha dichiarato di non voler investire con il Governo italiano, sarebbe pronta a entrare nel progetto con un accordo di tipo commerciale. Il loro ingresso taglierebbe fuori Delta (partner di Alitalia nell’alleanza SkyTeam). La compagnia americana, a differenza di Lufthansa, però, sarebbe disposta a intervenire finanziariamente, investendo una quota pari al 10%, con la possibilità di salire al 12%. Inoltre, l’uscita di Alitalia da SkyTeam avrebbe un costo che si stima intorno ai 300 milioni. La proposta tedesca, abbastanza fumosa nei contenuti (la lettera non contiene impegni vincolanti) sembra al momento più un’azione di disturbo che un vero e proprio impegno ed è difficile capire se e come Lufthansa possa davvero rientrare in gioco.
Intanto, l’obiettivo del Governo è evitare la sesta proroga del commissariamento e far partire l’offerta entro il 15 ottobre (ma già si parla di un rinvio). Un nodo da sciogliere rimane quello degli gli esuberi, valutati fra le 2.500 e 2.800 unità, su un totale di 10.200 persone.
È triste dover sottolineare ancora una volta come lo Stato imprenditore sia un autentico disastro: nel caso di Alitalia, abbiamo una lampante storia di scelte sbagliate: prima l’incapacità di sviluppare l’alleanza con KLM, vent’anni fa, che avrebbe consentito di creare quelle dimensioni tali da rendere la compagnia europea competitiva sul mercato globale. Poi, decidendo di tenere in vita due hub (Fiumicino e Malpensa), senza chiudere Linate, creando dunque disfunzioni insostenibili. E infine, la durata minima dei Governi che si sono succeduti non ha mai consentito di prendere una decisione che non fosse limitata a come sopravvivere alla durata stessa del governicchio di turno.
Insomma, un disastro che ci sta dissanguando, cosa della quale non avevamo proprio bisogno.
Cosa chiedere al Governo adesso? Una sola cosa: affidiamoci a manager capaci, che propongano un piano credibile, sosteniamolo come Governo con tutte le opzioni che saranno necessarie (e non prendiamocela con i dipendenti, che sono nella maggior parte dei casi dei gran professionisti) e poi basta con le black company a carico dei contribuenti.
Siamo tutti affezionati ad Alitalia, creiamo le condizioni per farla funzionare, ma poi lo Stato non intervenga più!
@GiuScognamiglio
Alitalia è il simbolo delle ragioni della nostra incapacità di essere competitivi nello scacchiere globale: pastoie, indecisioni, mezze misure