Fino al 10 luglio il tempio dell’arte contemporanea tedesca, l’Hamburger Bahnhof di Berlino, ospiterà una mostra personale dedicata all’artista Julian Rosefeldt, orgoglio nazionale nel campo della fotografia e della videoarte. Si tratta della seconda esposizione monografica di Manifesto, presentata ufficialmente dall’Australian Centre for the Moving Image di Melbourne all’inizio dell’anno, complice il protagonismo assoluto e meritato della talentuosa attrice australiana Cate Blanchett, musa dell’ultima fatica di Rosefeldt.
L’artista, nato a Monaco nel 1965, ha in curriculum un passato da architetto prima di riconoscersi – ed essere riconosciuto – nell’utilizzo di due linguaggi creativi in corsa su binari paralleli, una corsa che ha visto l’evoluzione e la produzione di opere sempre più intense dal punto di vista visivo e concettuale. Di certo Rosefeldt è diventato famoso soprattutto per i suoi filmati su pellicola, marcatamente cinematografici e molto elaborati, per lo più concentrati sulla contraddittorietà dei rapporti umani. Un esempio chiave è costituito dai tre dei suoi lavori più famosi, Stunned Man, The Soundmake e The Perfectionist, che insieme danno vita alla Trilogia del fallimento, realizzata tra il 2004 e il 2006, nella quale l’artista ha voluto mettere in discussione il quotidiano dell’uomo del nostro tempo, sottolineandone l’eccesso, la mancanza di limite e di senso del ridicolo.
Nel caso di Manifesto, ci troviamo di fronte ad una nuova opera estremamente articolata, forse la più complessa mai realizzata da Rosefeldt. Un omaggio reverenziale ma anche evidentemente critico nei confronti del Novecento, secolo caratterizzato da vette altissime e da baratri, disseminato – soprattutto in ambito artistico – da manifesti redatti dagli artisti per esprimere i propri intenti o fornire le linee guida del movimento cui appartenevano. Quei manifesti sono oggi la chiave di volta della nuova riflessione di Rosefeldt, condensata in una semplice domanda.
A chi si rivolgono oggi gli artisti contemporanei?
Cate Blanchett interpreta magistralmente un diverso personaggio per ognuno dei tredici video girati dall’artista in altrettante location berlinesi. Ogni scena evoca i capisaldi di movimenti artistici, letterari, filosofici attraverso un monologo appassionato, ma le parole, isolate con cura, sono state ricollocate da Rosefeldt in situazioni moderne, attuali. Dal Futurismo a Fluxus, dalla poetica di André Breton a quella di Elaine Sturtevant e Sol LeWitt, le parole raccontano l’energia della storia, del cambiamento, sprigionano la teatralità della fede e della giovinezza, ma al tempo stesso Rosefeldt ha fatto sì che venissero pronunciate da figure che stridono, che impongono uno stop visivo e mentale: un insegnante, un burattinaio, un broker, un oratore funebre, un barbone.
Una seconda domanda può prendere forma. Chi ascolta oggi gli artisti contemporanei?
“La sola parola libertà è tutto ciò che ancora mi esalta. La credo atta ad alimentare, indefinitamente, l’antico fanatismo umano. Risponde senza dubbio alla mia sola aspirazione legittima. Tra le tante disgrazie di cui siamo eredi, bisogna riconoscere che ci è lasciata la massima libertà dello spirito. Sta a noi non farne cattivo uso” (A. Breton, 1924).
Julian Rosefeldt. Manifesto
10 febbraio – 10 luglio 2016
Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart , Berlino
http://www.smb.museum/en/museums-institutions/hamburger-bahnhof/exhibitions/detail/julian-rosefeldt-manifesto.html
Fino al 10 luglio il tempio dell’arte contemporanea tedesca, l’Hamburger Bahnhof di Berlino, ospiterà una mostra personale dedicata all’artista Julian Rosefeldt, orgoglio nazionale nel campo della fotografia e della videoarte. Si tratta della seconda esposizione monografica di Manifesto, presentata ufficialmente dall’Australian Centre for the Moving Image di Melbourne all’inizio dell’anno, complice il protagonismo assoluto e meritato della talentuosa attrice australiana Cate Blanchett, musa dell’ultima fatica di Rosefeldt.
L’artista, nato a Monaco nel 1965, ha in curriculum un passato da architetto prima di riconoscersi – ed essere riconosciuto – nell’utilizzo di due linguaggi creativi in corsa su binari paralleli, una corsa che ha visto l’evoluzione e la produzione di opere sempre più intense dal punto di vista visivo e concettuale. Di certo Rosefeldt è diventato famoso soprattutto per i suoi filmati su pellicola, marcatamente cinematografici e molto elaborati, per lo più concentrati sulla contraddittorietà dei rapporti umani. Un esempio chiave è costituito dai tre dei suoi lavori più famosi, Stunned Man, The Soundmake e The Perfectionist, che insieme danno vita alla Trilogia del fallimento, realizzata tra il 2004 e il 2006, nella quale l’artista ha voluto mettere in discussione il quotidiano dell’uomo del nostro tempo, sottolineandone l’eccesso, la mancanza di limite e di senso del ridicolo.