La campagna anti corruzione di Xi Jinping non ha tregua: due alti ufficiali dell’Esercito di Liberazione Popolare (Pla) cinese sono stati arrestati e sono accusati di corruzione. E a finire agli arresti, è toccato anche al funzionario incaricato di gestire il sistema delle petizioni.
Secondo il South China Morning Post, i due militari sarebbero collegati alle indagini in corso da tempo nel Sichuan e che puntano direttamente su Zhou Yongkang, l’ ex-zar della sicurezza caduto in disgrazia. I due generali – ha scritto l’Ansa, riportando il quotidiano di Hong Kong – «sono Ye Wanyong, ex-capo della regione militare del Sichuan e Wei Jin, vicecommissario della vicina regione militare del Tibet. Le indagini sulla corruzione nell’ esercito hanno portato in marzo all’ arresto di Xu Caihou, ex-vicepresidente della potente Commissione militare centrale (Cmc, che controlla l’ esercito), un alleato di Zhou».
Dalla sua nomina a numero uno del Partito, un anno e mezzo fa, l’attuale segretario del Partito Comunista e presidente della Repubblica Xi Jinping ha lanciato un’offensiva terribile contro la corruzione in seguito alla quale sono finiti in prigione decine di funzionari, anche di alto livello. I critici del presidente affermano che ad essere colpiti sono esclusivamente i suoi avversari politici; un’analisi che non è distante dalla realtà, perché Xi Jinpgin sembra colpire soprattutto sfere di potere relative ad altri funzionari.
L’obiettivo è fare tabula rasa, non a caso Xi è considerato uno dei leader nella recente storia cinese, in grado di accumulare più potere. La sua decisione, di alcuni giorni fa, di sganciare la propria famiglia da investimenti e patrimoni, deve essere letta proprio in questa direzione: la campagna anti corruzione non è ancora terminata.
La novità di giornata riguarda il funzionario dedito al complicato e rischioso sistema di petizioni. L’inchiesta avrebbe accertato che Xu jie ha abusato della sua posizione, «chiedendo e ricevendo una grande quantità di tangenti». Una delle accuse, ormai un classico in questi casi, sarebbe anche di «adulterio». Xu – si legge in un comunicato – «sarà consegnato alle autorità giudiziarie e di essere trattato in conformità con la legge».

Il sistema delle petizioni ha radici profonde in Cina e risale al periodo imperiale. Si tratta di una delle tante tradizioni cinesi che la contemporaneità non ha scalfito. È l’attuale mezzo per i cittadini di portare rimostranze all’attenzione dei funzionari pubblici. «Nonostante le critiche internazionali, ha scritto oggi il South China Morning Post, i firmatari che arrivano fino a Pechino per esporre il loro caso sono spesso arrestati dalla polizia e costretti a tornare alle loro città di origine. O peggio ancora, possono essere detenuti nelle black jail, luoghi segreti di detenzione illegali dove i detenuti possono essere sottoposti a percosse, sonno e privazione di cibo e abusi psicologico».
La campagna anti corruzione di Xi Jinping non ha tregua: due alti ufficiali dell’Esercito di Liberazione Popolare (Pla) cinese sono stati arrestati e sono accusati di corruzione. E a finire agli arresti, è toccato anche al funzionario incaricato di gestire il sistema delle petizioni.
Secondo il South China Morning Post, i due militari sarebbero collegati alle indagini in corso da tempo nel Sichuan e che puntano direttamente su Zhou Yongkang, l’ ex-zar della sicurezza caduto in disgrazia. I due generali – ha scritto l’Ansa, riportando il quotidiano di Hong Kong – «sono Ye Wanyong, ex-capo della regione militare del Sichuan e Wei Jin, vicecommissario della vicina regione militare del Tibet. Le indagini sulla corruzione nell’ esercito hanno portato in marzo all’ arresto di Xu Caihou, ex-vicepresidente della potente Commissione militare centrale (Cmc, che controlla l’ esercito), un alleato di Zhou».