Una domanda ricorre spesso nel dibattito sullo sviluppo urbano europeo: una grande città può essere sostenibile? È sufficiente dare uno sguardo ai numeri per capire l’importanza della questione: circa il 20% della popolazione dell’Unione europea risiede in conurbazioni di oltre 250mila abitanti, mentre un altro 20% abita in città di medie dimensioni. Una buona fetta del futuro economico, sociale e ambientale dell’Europa si gioca quindi nelle sue aree urbane medio-grandi.

Amburgo è una di queste. Con i suoi 1,7 milioni di residenti la metropoli tedesca è il secondo comune più popoloso della Germania e l’ottavo dell’intera UE. È qui che bisogna guardare per rispondere all’interrogativo: questa grande città a vocazione industriale e portuale è riuscita a diventare in poco più di vent’anni un esempio di sostenibilità riconosciuto a livello mondiale e premiato dalla Commissione europea con l’European Green Capital Award 2011.
Una cosa bisogna dirla: Amburgo non è un paradiso ecologico. C’è un porto mercantile che dal 1990, in seguito alla riunificazione tedesca, è tornato progressivamente competitivo fino a diventare il terzo d’Europa per numero di tonnellate movimentate. Ci sono numerosi e importanti cantieri navali come quelli di Blohm + Voss e un’industria pesante che da due secoli rifornisce di acciaio e alluminio mezzo continente. C’è un distretto all’avanguardia nell’industria aerospaziale civile che impiega oltre 20mila persone. E poi c’è una regione metropolitana più grande dell’intero Veneto (19.000 km²) abitata da cinque milioni di persone.
All’inizio degli anni ’90, il tessuto urbano e la qualità ambientale erano quelli tipici di un grande centro industriale. La sfida più impegnativa era rappresentata dal rapido sviluppo del porto, che cominciava in quel periodo a far registrare un costante aumento delle merci in transito – tra il 2000 e il 2008 il numero dei container è addirittura raddoppiato. È proprio nella gestione dell’area portuale che si possono trovare i princìpi strategici della municipalità amburghese. Nonostante la sua importanza crescente nel sistema economico della città (ben 160mila persone lavorano attualmente nel settore), l’amministrazione pubblica ha deciso di non aumentarne l’estensione geografica, bensì di puntare sull’efficenza energetica e la riqualificazione dell’esistente.
Questa scelta coraggiosa mette in luce una riflessione sul futuro urbano incentrata non soltanto sulle potenzialità produttive ma anche sui limiti del territorio. L’obiettivo principale era – ed è – quello di ridurre in modo consistente le emissioni di CO2. In questa prospettiva, gli interventi più rilevanti hanno riguardato proprio il porto. Alcuni esempi: il sistema Container Taxi (una flotta di chiatte fluviali ognuna delle quali rimpiazza 60 autocarri); il programma Green Shipping, che riduce le tasse portuali per le navi eco-friendly; ma soprattutto la realizzazione dell’HafenCity, il più grande progetto di rigenerazione urbana d’Europa (157 ettari).
Nella stessa direzione eco-sostenibile vanno i progetti di miglioramento del trasporto pubblico (259 milioni di euro investiti negli ultimi anni per modernizzare il sistema di autobus). Questi investimenti, insieme al potenziamento del servizio di bike sharing (per il prossimo febbraio è prevista l’installazione di 40 nuove postazioni per un totale di ulteriori 500 biciclette), hanno come obiettivo la graduale diminuzione dell’utilizzo di mezzi privati per gli spostamenti nella regione metropolitana. Una regione sempre più green (4700 ettari di spazi naturali, più di 100 anni fa) che consente all’89% degli amburghesi di vivere ad un raggio di 300 metri da un’area verde. Quasi il 17% del territorio municipale è infatti composto di foreste, spazi ricreativi e aree verdi: un dato davvero straordinario per una grande città industriale.
Amburgo è dunque la prova che crescita economica e protezione ambientale possono andare di pari passo. Lo testimoniano i risultati ottenuti: le emissioni di CO2 hanno subìto una riduzione del 15% rispetto al 1990. E lo attestano alcune tra le più importanti indagini sulla qualità della vita (Mercer, Monocle), che la inseriscono costantemente tra le prime venti città più vivibili del mondo. Tutti questi elementi hanno fatto della metropoli tedesca un modello di sviluppo urbano da seguire con attenzione e aiutano forse a fugare ogni dubbio sulla possibilità per una metropoli di essere realmente sostenibile.
@RobSassi
Una domanda ricorre spesso nel dibattito sullo sviluppo urbano europeo: una grande città può essere sostenibile? È sufficiente dare uno sguardo ai numeri per capire l’importanza della questione: circa il 20% della popolazione dell’Unione europea risiede in conurbazioni di oltre 250mila abitanti, mentre un altro 20% abita in città di medie dimensioni. Una buona fetta del futuro economico, sociale e ambientale dell’Europa si gioca quindi nelle sue aree urbane medio-grandi.