«L’Occidente non dovrebbe mai dimenticare che il suo successo è molto recente – in realtà, su basi più diffuse, solo dal 1945 – e ha trovato fondamento in un equilibrio armonioso tra l’apertura, che apporta nuove idee e progresso scientifico, e l’uguaglianza, che mantiene la coesione sociale facendo in modo che ogni cittadino adulto sia consapevole di partecipare a pieno titolo al progresso generale e avere voce nei processi decisionali e nelle assunzioni di responsabilità».
Apertura e uguaglianza, questi gli elementi costitutivi dell’idea di Occidente e di società aperta, analizzata dal giornalista britannico ed ex direttore dell’Economist Bill Emmott nel suo nuovo libro, The Fate of the West (Profile Books Ltd), pubblicato in vari Paesi – Regno Unito, Stati Uniti e Giappone – e uscito in Italia per la Marsilio Editori con il titolo Il destino dell’Occidente e la traduzione di Elena Cantoni e Rachele Salerno.
Bill Emmott, potrebbe parlarci delle distorsioni della democrazia, ovvero la dittatura della maggioranza da una parte e la tirannia della minoranza (lobby di banchieri, sindacati, ecc…) dall’altra?
La democrazia esprime sé stessa attraverso la competizione tra diverse idee politiche e gruppi di interesse presenti nella società. Proprio come nelle dinamiche di mercato le aziende competono e tentano di acquisire una posizione dominante, così in democrazia gruppi differenti contendono naturalmente tra loro per ottenere una maggiore rappresentanza politica, appropriarsi di una spropositata quota di risorse e/o deviare le politiche pubbliche a loro proprio vantaggio. Questo naturale processo deve essere controbilanciato dagli altri gruppi e dai principi costituzionali. A volte, tuttavia, esso può raggiungere un livello così avanzato da danneggiare seriamente un intero Paese. Ciò è quanto accadde in Gran Bretagna, quando negli anni ’60 e ’70 i sindacati divennero politicamente decisivi, e negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia e Germania attorno al 2000, quando il settore finanziario divenne così incisivo da condurre alla crisi finanziaria globale del 2008.
Con la nuova deregulation finanziaria appoggiata dall’amministrazione Trump, potrebbe verificarsi nuovamente uno shock finanziario pari a quello avvenuto nel 2008? Secondo lei, Trump smantellerà la riforma finanziaria Dodd-Frank voluta da Barack Obama?
Credo che sia improbabile che l’amministrazione Trump smantelli in maniera sostanziale la Dodd-Frank. Se ciò, tuttavia, dovesse verificarsi, allora con ogni evidenza aumenterebbe il rischio di un’altra crisi finanziaria in futuro.
Potrebbero le attuali sanzioni europee comminate a Google minarne la posizione di monopolio?
La Commissione Europea ha ragione nel sanzionare Google. Tuttavia, a meno che anche il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti faccia lo stesso e che la Commissione Europea possa procedere più rapidamente nel sanzionare le future disposizioni che Google adotterà, è improbabile che il predominio di Google abbia termine.
Pensa che la difesa dei diritti acquisiti possa inficiare il progresso economico delle società aperte?
Ritengo che la difesa dei diritti acquisiti – la maggior parte erogazioni riguardanti pensioni, sussidi o altri tipi di benefit, ma anche alcuni diritti legali – danneggi il progresso economico quando và a preservare accordi che avevano ragion d’essere nel momento in cui vennero stipulati ma non più ai giorni nostri. Un buon esempio è costituito dal diritto alla pensione pubblica in caso di prepensionamento, ovvero a 55 o 60 anni: ciò aveva senso quando le aspettative di vita erano più basse e le persone di quell’età erano rese inidonee dopo una vita di lavori manuali, ma non lo ha più oggi che la durata di percepimento della pensione si aggira intorno ai 25-35 anni e la gente, in riferimento alla stessa età, gode di migliore salute. Questo avviene perché l’Italia investe il 16 % del PIL in pensioni pubbliche – in misura doppia rispetto alla media OCSE –, cosa che distoglie risorse da altri servizi pubblici, quali l’educazione o la salute.
L’automazione del lavoro potrebbe essere una risorsa o produrrà maggiore disuguaglianza e disoccupazione?
L’automazione del lavoro non è mai stata causa di disoccupazione ma potrebbe portare ad un incremento della disuguaglianza, attraverso la riduzione del valore di talune competenze all’interno del mercato del lavoro. Tale automazione è essenziale se vogliamo mantenere costante il livello di progresso e continuare ad essere efficienti, ma i governi hanno bisogno di dedicare risorse alla formazione e alla riqualificazione dei lavoratori le cui competenze sono andate a tal misura svalutandosi.
Perché, secondo lei, manca in Italia una ripresa economica di ampio respiro?
Gli ostacoli alla crescita economica italiana sono prima di tutto una regolamentazione rigida ed eccessiva; in secondo luogo, la corruzione che si annida ad ogni livello nel governo, nella politica e nell’amministrazione della giustizia e scoraggia gli investimenti delle imprese; infine, le disfunzioni del sistema giudiziario, che a loro volta disincentivano gli investimenti.
Quali saranno le conseguenze a lungo termine della Brexit per l’Inghilterra e il resto d’Europa?
Se la Brexit andrà avanti, la Gran Bretagna soffrirà in termini economici – anche se quanto dipenderà dalle politiche adottate da qualunque governo la Gran Bretagna eleggerà durante il periodo di instabilità successiva alla Brexit – e diventerà politicamente isolata. Per il resto dell’Europa, la Brexit sarà ininfluente.
Quanto l’assenza di una posizione europea unitaria conta in relazione alle crisi attuali, prima fra tutte quella umanitaria?
La migrazione e le crisi dei rifugiati necessitano che gli Stati europei siano concordi nel devolvere una significativa quantità di risorse per, ad un tempo, stabilizzare l’Africa Subsahariana che è fonte dei flussi migratori, mettere in sicurezza i confini europei e avanzare miglioramenti che rendano più efficiente l’espletazione delle richieste dei migranti. La decisione di devolvere una grande quantità di risorse richiede unità. Sono le divisioni a condurre a soluzioni incerte, sottofinanziate e insufficienti.
Cosa ne pensa delle implicazioni strategiche del progetto cinese chiamato One Belt, One Road?
Se la Cina finanzierà infrastrutture in Asia centrale che attraversino l’Europa, ciò avrà una grande valenza economica. Le implicazioni strategiche sono meno chiare, ma probabilmente pertengono la diffusione di una maggiore influenza cinese in quelle regioni.
In che modo la Russia cerca di minare la solidarietà e le alleanze occidentali?
La Russia si serve di disinformazione, propaganda, guerra informatica e finanziamenti diretti per cercare di ridurre il sostegno alla NATO e all’Unione Europea. Il suo più grande successo è stato l’aver aiutato Donald Trump a diventare presidente degli Stati Uniti, cosa che più di ogni altra ha contribuito a minare la solidarietà e le alleanze occidentali.
«L’Occidente non dovrebbe mai dimenticare che il suo successo è molto recente – in realtà, su basi più diffuse, solo dal 1945 – e ha trovato fondamento in un equilibrio armonioso tra l’apertura, che apporta nuove idee e progresso scientifico, e l’uguaglianza, che mantiene la coesione sociale facendo in modo che ogni cittadino adulto sia consapevole di partecipare a pieno titolo al progresso generale e avere voce nei processi decisionali e nelle assunzioni di responsabilità».