Trasformò il Vesuvio in un’icona pop, al pari di Marilyn o Mao. E nel 1980 partecipò con i suoi lavori alla tragedia del terremoto in Irpinia. Ora la “Pop revolution” di Andy Warhol va in mostra al Marte di Cava de’ Tirreni
Vi è una sola bellezza naturale che è stata immortalata nelle tele di Andy Warhol al pari di star planetarie come Marilyn Monroe o Jacqueline Kennedy: il Vesuvio. Colto nell’atto di eruttare, l’artista americano trasforma “a muntagna” in un’icona pop, riuscendo a farne il simbolo dell’inevitabile processo di creazione e distruzione, artistica come naturale.
Il rapporto del padre della pop art con Napoli e la sua regione è stato fin da subito intenso e profondo, e numerose sono state le esposizioni che hanno rinsaldato questo felice sodalizio, come fa la mostra “Andy Warhol Pop Revolution“, ospitata da Marte Mediateca Arte Eventi di Cava de’ Tirreni.
Con un corpus di oltre 46 pezzi, la mediateca presenta serigrafie, acetati orginali e le copertine di dischi di questo artista che non si è stancato di raccontare la sua epoca e di anticiparne le tendenze. Accanto alle opere più celebri, come le classiche Marilyn e i ritratti di altri personaggi famosi, i Flowers e le zuppe Campbell, sono presentate anche delle inedite sperimentazioni digitali, create più di trent’anni fa con il primo personal computer dell’epoca, il Commodore Amiga 1000.
Warhol venne chiamato per farne da testimonial in un’esposizione al Lincoln Center di New York nel 1985, insieme a Deborah Harry, la cantante dei Blondie. Grazie a una videocamera, l’immagine della donna veniva inviata al computer da dove l’artista poteva procedere con i suoi interventi cromatici. Warhol, incuriosito da questa nuova possibilità tecnologica, continuò a creare altre opere digitali. Ma gli obsoleti floppy disk dell’epoca, dimenticati da molti, sono stati rimessi in evidenza solo recentemente dalla Fondazione a lui dedicata.
Fu, invece, grazie alla mediazione dell’abile gallerista Lucio Amelio che Warhol giunse a Napoli e partecipò con la sua arte a uno dei momenti più drammatici vissuti dalla regione, il terremoto dell’Irpinia del novembre 1980.
Su invito del gallerista, che era venuto a trovarlo nella Factory newyorchese, Warhol approda nella città partenopea per la prima volta nel 1975. L’artista non mancherà di notare le affinità tra Napoli e New York, città accomunate non solo dalla stessa latitudine, ma anche da uno spirito che immortalerà passeggiando per la città con la sua polaroid, attratto in particolare dai “femminielli” e dalla spazzatura per strada.
Dopo che vip e collezionisti locali avranno avuto anche loro la dovuta fetta di celebrità in forma di ritratto pop, Amelio riuscirà a mettere in contatto l’artista americano con un altro grande protagonista dell’epoca, il tedesco Joseph Beuys, simbolo di un’arte europea impegnata e concettuale.
La mostra di queste grandi personalità del momento, all’apparenza così antitetiche, nella galleria di piazza dei Martiri nel 1980, sarà un incredibile successo e il segno di una Napoli ancora in grado di dialogare con le tendenze e le voci culturali più all’avanguardia di quell’epoca. Il terremoto dell’Irpinia segnerà un triste risveglio.
È di nuovo Amelio a chiamare a raccolta i grandi nomi dell’arte, dando a Warhol l’occasione di creare una delle sue opere più toccanti. Il trittico “Fate Presto” riproduce su larga scala la prima pagina del Mattino pubblicata tre giorni dopo la tragedia, su cui campeggia il titolo del giornalista Roberto Ciuni che invitava a intervenire per salvare superstiti e feriti. Insieme alle altre opere che compongono la collezione intitola “Terrae Motus” è tutt’ora esposta alla Reggia di Caserta, a cui il gallerista l’ha donata. L’ultimo omaggio di Warhol alle bellezze campane saranno infine le opere dedicate al Vesuvio, create nel 1985.
Nonostante la morte prematura, nel febbraio ’87, l’arte di Warhol non ha smesso di influenzare le più giovani generazioni di creativi, che si ritrovano nel suo spirito e nell’estetica. È il caso di artisti rinomati come Marco Lodola e Takashi Murakami, ma anche di molti noti esponenti della street art come Mr. Brainwash, Felipe Cardeña, Tomoko Nagao, Mr. Savethewall, anch’essi presenti alla mostra di Cava de’ Tirreni, che sottolinea così, l’impatto e fertile e duraturo della “muntagna” della pop art con il nostro presente.
@boblombardi
Trasformò il Vesuvio in un’icona pop, al pari di Marilyn o Mao. E nel 1980 partecipò con i suoi lavori alla tragedia del terremoto in Irpinia. Ora la “Pop revolution” di Andy Warhol va in mostra al Marte di Cava de’ Tirreni