Ani DiFranco, nella sua vita, ha cambiato faccia e pelle diverse volte. Manifestando contemporaneamente una coerenza granitica, invidiabile. In oltre vent’anni di attività, come cantautrice, attivista, imprenditrice, ha incarnato perfettamente la filosofia del “do it yourself”, aprendo la strada a molte altre cantanti e autrici. Insegnando a tanti, indipendentemente dalle questioni di genere, come autoprodursi e gestire un’etichetta indipendente per difendere la propria integrità artistica.

Ani DiFranco, nella sua vita, ha cambiato faccia e pelle diverse volte. Manifestando contemporaneamente una coerenza granitica, invidiabile. In oltre vent’anni di attività, come cantautrice, attivista, imprenditrice, ha incarnato perfettamente la filosofia del “do it yourself”, aprendo la strada a molte altre cantanti e autrici. Insegnando a tanti, indipendentemente dalle questioni di genere, come autoprodursi e gestire un’etichetta indipendente per difendere la propria integrità artistica.
Nei testi delle sue canzoni è stata arrabbiata, aggressiva. Ha parlato di femminismo e di politica con parole dure e dirette, per poi, qualche anno dopo, affrontare gli stessi temi con un approccio molto più lieve, poetico, anche sorridente. Ma altrettanto intenso. Ha scritto, anche, molte canzoni d’amore. Ma il suo nuovo disco, che uscirà il 14 ottobre, è, come dice lei stessa, «il mio disco più introspettivo, fatto di canzoni che guardano dentro di me, dentro la mia casa, dentro la mia famiglia. Invece di guardare fuori, come ho sempre fatto».
Parlare con Ani DiFranco è sempre un piacere, perché la sua attenzione per l’interlocutore, la sua voglia di raccontare e spiegare, è una dote rara. E così, anche se capita di scivolare su un argomento che non conosce, come la campagna virale che qualche settimana fa ha riempito i social network, americani e non solo, di ragazze che esponevano cartelli affermando di non aver più bisogno del femminismo, lei sente comunque il bisogno di articolare il proprio pensiero.
«Avrei tante cose da dire a queste ragazze. Vorrei prenderle per mano e accompagnarle attraverso la storia delle persone che hanno lottato e sofferto, nemmeno tanto tempo fa, per permettere loro di pensare che il femminismo sia insignificante. I nostri diritti non sono calati dal cielo, si deve lottare anche per mantenerli. E quel che sta succedendo oggi nel mio paese, con i race riots a Jackson, nel Missouri, dopo l’uccisione di Michael Brown, dimostra che anche se un afroamericano può diventare Presidente, la questione razziale è ancora estremamente attuale.»
“Allergic to water” però, non parla di questi argomenti. Come detto, è un disco intimo e introverso, nonostante esca in un momento politico pieno di tensioni, dentro e fuori gli Stati Uniti. Ma Ani non teme la reazione dei propri fan storici.
«Non bisogna pensare troppo a quello che la gente si aspetta da te, a quello che dirà del tuo lavoro, altrimenti si rischia di soffocare per la pressione. Pur conoscendo certe aspettative, penso di dover parlare del posto in cui mi trovo oggi: questi ultimi due anni per me sono stati fatti di famiglia, di relazioni e di sentimenti. Sono comunque temi con cui tutti noi abbiamo a che fare, con cui a volte lottiamo. E se mi fa una certa impressione avere davanti a me molti concerti, anche in Italia, e avere queste nuove canzoni così intime da suonare, mentre nel mondo ci sono crisi così profonde…so anche che nella mia vita ho fatto già venti dischi pieni di canzoni politicamente impegnate. Forse è anche un po’ triste dover dire che testi che ho scritto dieci o vent’anni fa siano ancora molto appropriati.»
Questo approccio intimo alle canzoni è stato ispirato dalla nascita del suo secondo figlio, concepito insieme a Mike Napolitano, marito e anche produttore della cantautrice di Buffalo (ma oggi residente a New Orleans). “Allergic to water” è stato contemporaneamente il primo disco da molti anni a questa parte che Ani ha prodotto da sola, senza l’aiuto del suo compagno di lavoro e di vita.
«La scelta è venuta solo dalla necessità di dare a nostro figlio le attenzioni che gli servono. Devo dire che è un bambino molto esigente, le poche volte in cui io e Mike abbiamo provato a lavorare insieme all’album lui ha fatto presente con i suoi pianti che aveva bisogno di più attenzione, visto che il nostro studio di registrazione è in casa, o meglio, la nostra casa è uno studio di registrazione con una cucina e un letto! Questa volta ho dovuto rinunciare al lusso di poter lavorare al disco insieme a mio marito, e all’inizio è stato un pensiero terrificante. Da giovane mi piaceva fare finta di poter di fare tutto da sola, oggi che sono un po’ invecchiata conosco molto meglio i miei limiti, mi viene più difficile immedesimarmi nel personaggio di colei che non ha bisogno dell’aiuto di nessuno. Ma mi sono fatta forza, lavorando soltanto mentre mio figlio dormiva, al buio, sempre indossando le cuffie, per non fare nessun rumore. E’ stata una bella soddisfazione riuscire a farcela di nuovo da sola, come tutti pensano che io sappia fare.»
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Ani DiFranco, nella sua vita, ha cambiato faccia e pelle diverse volte. Manifestando contemporaneamente una coerenza granitica, invidiabile. In oltre vent’anni di attività, come cantautrice, attivista, imprenditrice, ha incarnato perfettamente la filosofia del “do it yourself”, aprendo la strada a molte altre cantanti e autrici. Insegnando a tanti, indipendentemente dalle questioni di genere, come autoprodursi e gestire un’etichetta indipendente per difendere la propria integrità artistica.