Lo chiamano Austerlitz. E a 10 anni dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, tiene vivi i ricordi della guerra nella città spaccata in due. A sud dell’Ibar gli albanesi vorrebbero aprirlo al traffico. A nord i serbi si oppongono. La posta in gioco è simbolica, ma può determinare la sovranità su Mitrovica
Mitrovica – Dieci anni dopo la dichiarazione di indipendenza del parlamento del Kosovo, Mitrovica resta una città divisa dal fiume Ibar: i serbi vivono sulla sponda nord, gli albanesi su quella sud. In mezzo, sospeso sul fiume, il Ponte Nuovo.
«Un ponte è sempre e comunque un simbolo di unione. Ma a Mitrovica rappresenta la divisione tra le due comunità etniche del Kosovo» dice Miodrag Miličević, direttore di Aktiv, ong impegnata nel campo della partecipazione democratica dei serbi del Kosovo.
Il ponte è solo pedonale. Non ci passano auto, anche se dovrebbero in quanto previsto dagli Accordi di Bruxelles per la normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado. Firmati nel 2013, prevedono un graduale guadagno di sovranità dello Stato kosovaro sui comuni a maggioranza serba del nord del Paese, un fazzoletto di terra dove istituzioni, ospedali e università continuano a dipendere da Belgrado. Ed è proprio il fiume Ibar a spezzare in due la sovranità del Kosovo.
A Mitrovica, città divisa in un Paese diviso, i serbi il ponte lo vogliono chiuso alle auto come opposizione all’integrazione nel sistema kosovaro.
Tale intransigenza non è solo il frutto di nazionalismo, ma pure una preoccupazione legittima. «Anche se il nord del Paese sta lentamente ricadendo sotto l’autorità delle istituzioni kosovare, ci si chiede quanto queste siano realmente efficienti nel garantire sicurezza ai cittadini”, dice Miličević. A questo si aggiunge il fatto che l’Associazione dei Comuni Serbi prevista dagli Accordi di Bruxelles, che garantirebbe una forma di autonomia, è rimasta lettera morta, rendendo ancor più indefinito lo status dei comuni del nord.
Costruito nel 2001, il ponte ricevette il soprannome “Austerlitz”, in richiamo al ponte parigino che commemora la vittoria francese nell’omonima battaglia. E anche a Mitrovica, su entrambe le sponde dell’Ibar, il ponte tiene vivo il ricordo di una guerra, quella tra serbi e albanesi del 1998-1999.
L’eventuale apertura al traffico al ponte ha un valore esclusivamente simbolico ma gioca un ruolo forte nel determinare la sovranità su Mitrovica.
«A sud, l’apertura del ponte simboleggia l’estensione della sovranità delle istituzioni kosovare al nord del Paese ed è per questo che la comunità albanese lo vorrebbe aperto; mentre per la comunità serba la chiusura del ponte è una garanzia a tutela della sovranità che la Serbia esercita sui comuni del nord» afferma Lazar Rakić del Mediation Center, una ong multietnica che ha condotto la ricerca Beyond the Bridge, sulla percezione che gli abitanti di Mitrovica hanno del ponte.
Per i serbi la chiusura del ponte principale è quindi una questione di principio. Come dimostra la presenza di altri due ponti, che sono invece aperti al traffico. Tuttavia, chi li attraversa da sud a nord rimuove la targa kosovara per precauzione. Anche questa è un’immagine simbolo dell’opposizione dei comuni serbi, che disconoscono qualunque istituzione kosovara, inclusa la motorizzazione.
E per gli albanesi di Mitrovica Sud, qual è la percezione della sicurezza? Il giornalista albanese e direttore della Radio Tv di Mitrovica, Nexhmedin Spahiu, afferma che i cittadini di Mitrovica sud non sono liberi di muoversi nella parte nord senza l’accompagnamento dei soldati della Kfor. «Se volessi recarmi a nord dovrei chiamare qualche mio amico serbo, o farmi scortare dalla polizia. Non sono libero di muovermi senza un certo livello di protezione», sostiene Spahiu.
A garantire sicurezza ai pedoni che si recano dall’una all’altra sponda, sono sempre presenti i mezzi dei Carabinieri della missione Kfor. «Questo ponte simboleggia le opposte ideologie delle due etnie e oggi è difficile superare questa simbologia ed è per questo che ci sono due città in una» afferma il colonnello Marco Di Stefano, comandante della missione.
E chi sono i pedoni che attraversano il ponte? Un dato interessante della ricerca Beyond the Bridge», riguarda infatti il 22% degli intervistati che dichiara di attraversare regolarmente il ponte. I motivi, stando a più fonti, sono per lo più relativi alla sfera lavorativa e amministrativa. Per esempio, l’ufficio della agenzia delle entrate si trova solo a sud.
Ma le ragioni che portano a visitare “l’altra parte” sembrano essere anche di natura sociale. Una di queste è la miglior condizione dell’ospedale nella zona nord, rispetto a quello a sud, da cui molti si recano per ricevere le cure necessarie. Viceversa, le vie pedonali della parte albanese sono ricche di negozi e di punti vendita di grandi marchi internazionali ed è risaputo che ci si reca da nord per fare shopping nella parte sud, se non addirittura per mangiare un hamburger nell’unico fast food internazionale della città.
Infine, ad andare da una sponda all’altra dell’Ibar ci sono gli studenti dell’International Business College di Mitrovica, che ha un campus in entrambe le parti della città. E’ un’università in inglese e serbi e albanesi frequentano i corsi insieme.
Sono una minoranza, ma forse anche questo è un simbolo, ovvero che qui a Mitrovica, l’unico vero ponte è quello dell’educazione.
Prima parte del reportage a puntate “Diario da Mitrovica”, di Giorgio Fruscione e Matteo Tacconi, realizzato in occasione dei dieci anni dell’indipendenza del Kosovo. Qui le altre puntate
@Gio_Fruscione
Lo chiamano Austerlitz. E a 10 anni dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, tiene vivi i ricordi della guerra nella città spaccata in due. A sud dell’Ibar gli albanesi vorrebbero aprirlo al traffico. A nord i serbi si oppongono. La posta in gioco è simbolica, ma può determinare la sovranità su Mitrovica