
L’isola più grande del mondo ha sempre esercitato un forte fascino. I paesaggi groenlandesi sono mozzafiato, ma non è certo per le sue bellezze che oggi la Groenlandia attira l’interesse globale. A contare sono le sue risorse naturali, potenzialmente enormi.
Secondo stime dello US Geological Survey, la Groenlandia nordorientale potrebbe custodire circa 31,4 miliardi di barili di idrocarburi; un altro studio stimerebbe pari a 7,3 miliardi di barili i giacimenti di petrolio tra Canada orientale e Groenlandia nordoccidentale. A parere di Bruxelles l’isola avrebbe “un forte potenziale in 6 dei 14 materiali critici” per la UE, come niobio e tantalio.
“Si pensa che la Groenlandia abbia una vasta gamma di risorse minerarie, quali ferro, oro, piombo, zinco, terre rare, rubini. La risorsa energetica di maggior interesse è probabilmente il petrolio. – spiega Tim Boersma, a capo dell’iniziativa sulla sicurezza energetica della Brookings Institution – Le attività estrattive sono però difficili, sia a causa delle aspre condizioni ambientali sia perché alcune delle strutture fondamentali non sono state realizzate”.
Oltre a idrocarburi e minerali, “la Groenlandia vanta abbondanti riserve di acqua, sotto forma di un’immensa calotta glaciale”, ricorda Stephen Perry, dell’Università belga di Namur. In effetti, l’isola è ricoperta di ghiaccio per l’80% della sua superficie. Se la calotta glaciale dovesse sciogliersi a causa del riscaldamento climatico, sarebbero guai.
Lo conferma Laurence M. Smith, professore di geografia all’UCLA, e autore del saggio 2050 – Il futuro del nuovo Nord. “Nella calotta di ghiaccio della Groenlandia c’è tanta acqua da innalzare di 7 metri il livello globale dei mari. La fusione e/o lo scivolamento anche solo di una piccola parte di questo ghiaccio avrebbe grande impatto sulle coste mondiali”.
Il riscaldamento climatico avrebbe anche conseguenze meno tragiche per l’isola stessa. Già oggi lì si coltivano le patate, e il ristorante Roklubben di Kangerlussuaq può servire, con gli hamburger di bue muschiato e la renna in casseruola, peperoni e pomodori di serra. Ma se nei prossimi anni la temperatura dovesse ancora aumentare, non migliorerebbero solo i menù delle trattorie. L’isola inospitale che nel Medio Evo mise in ginocchio i colonizzatori vichinghi, potrebbe trasformarsi in parte, in quello che il suo nome davvero significa: terra verde.
La posta in gioco è alta, specie considerando che la Groenlandia si estende per 2,1 milioni di chilometri quadri. Il disgelo semplificherebbe il lavoro alle società minerarie e a colossi dell’energia come BP, Shell, Statoil e Chevron, già presenti sull’isola. Il sogno dei groenlandesi è diventare un Eldorado artico, come la Norvegia.
Al momento però l’economia locale è debole; regge grazie alla pesca, e ai sussidi di Copenaghen, un aspetto che non sempre piace ai groenlandesi: in molti vorrebbero l’indipendenza dell’isola, che pur essendo autonoma e con un proprio governo, fa ancora parte del Regno di Danimarca. “Una Groenlandia indipendente è il nostro futuro naturale – ha detto nell’aprile 2013 l’allora premier, Aleqa Hammond – ma se vogliamo più autonomia dalla Danimarca, dobbiamo finanziarci da soli. Trovando nuove fonti di reddito”. Per la Hammond bisogna puntare sulle miniere.
Mica facile. Alla fine del 2014 ha dichiarato bancarotta la London Mining, che in Groenlandia doveva aprire (anche grazie a investimenti cinesi) un’enorme miniera di ferro. “Le prospettive economiche sono terribili. – spiega il giornalista danese Martin Breum – La spesa pubblica supera gli introiti della pesca. La popolazione invecchia e troppi giovani se ne vanno. Le promesse del settore energetico e minerario si sono dimostrate molto elusive, e non si vedono soluzioni miracolose”.
Per Tine Pars, rettrice dell’Università della Groenlandia: “I politici devono essere pazienti riguardo all’indipendenza. Sotto molti aspetti la Groenlandia è un’utopia, dato che siamo così pochi (56mila individui in tutto!). Penso però che sia necessario aspirare a più autodeterminazione”. Le debolezze economiche e demografiche della Groenlandia preoccupano Copenaghen. Esperti danesi temono che l’isola, una volta indipendente, si trasformi in una “colonia” americana.
I groenlandesi non sono della stessa opinione. “Non siamo una repubblica delle banane, non conta quante volte la stampa danese abbia scritto il contrario. La Groenlandia è un paese moderno e una giovane democrazia”, dichiara Mads Nordlund, direttore del Greenland Today. Per Smith, “di questi tempi la Cina è molto più interessata alla Groenlandia degli USA, che in generale non si curano granché dell’Artico”.
Secondo Mia Bennett, dottoranda alla UCLA e curatrice del blog Cryopolitics, “Gli USA hanno già significativi interessi militari in Groenlandia [la base militare di Thule] ma pochi a livello economico o politico”. Il governo groenlandese intanto assicura che la Groenlandia non ha alcuna intenzione di svendersi; vuole anzi rafforzare la sua posizione all’estero, e magari esplorare nuove possibilità di collaborazione con Bruxelles nella cornice PTOM (Paesi e territori d’oltremare). Si vedrà.
L’isola più grande del mondo ha sempre esercitato un forte fascino. I paesaggi groenlandesi sono mozzafiato, ma non è certo per le sue bellezze che oggi la Groenlandia attira l’interesse globale. A contare sono le sue risorse naturali, potenzialmente enormi.