Per la prima volta dal suo arrivo al potere i sondaggi rispecchiano una valutazione negativa dell’operato del governo. Anche il FMI rivede al ribasso le previsioni economiche nonostante il forte appoggio di Washignton.
La tradizionale ‘luna di miele’ sperimentata dai presidenti argentini nei primi tre mesi di mandato sembra giungere al termine in anticipo per il governo di Javier Milei. Le stravolgenti decisioni economiche adottate nel corso dei primi 50 giorni di governo hanno eroso il consenso precedentemente consolidato dopo il ballottaggio del 19 novembre in cui l’economista autoproclamato “anarco-capitalista” si è imposto col 55% dei voti contro il candidato peronista, Sergio Massa.
Nel mese di dicembre, l’Argentina ha assistito all’aumento mensile dell’inflazione più significativo degli ultimi 30 anni, con una crescita superiore al 25% mensile. La variazione dei prezzi dei prodotti di prima necessità, come carne, latte e riso, è diventata una costante giornaliera sugli scaffali dei supermercati. A gennaio, l’aumento dei prezzi è giunto anche ai carburanti, con un incremento del 27% all’inizio dell’anno e un ulteriore 16% entro la fine del mese. È atteso a breve anche un aggiornamento delle rette scolastiche e universitarie, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno accademico.
Nel frattempo, il governo sta compiendo sforzi per impedire l’incremento dei salari, parallelamente alla liberalizzazione del mercato. Tali politiche hanno condotto al collasso dei livelli di consumo, con una diminuzione del 15% nei prodotti di prima necessità nel primo mese dell’anno e oltre il 50% nei beni di consumo duraturi. Insomma, il costo del ‘piano motosega’ implementato dal governo Milei per il risanamento dei conti argentini sta gravando sulle classi medio-basse e non sulla ‘casta’ come promesso.
Questo è sicuramente il principale motivo che spiega il calo di consensi nei confronti del governo registrato nei sondaggi per la prima volta dall’inizio dell’esperimento libertario. Attualmente, il 54,4% degli argentini ritiene che il governo stia seguendo una direzione errata, mentre il 52% “disapprova completamente” l’operato del nuovo presidente. Solo un mese fa, l’esecutivo vantava un tasso di gradimento superiore al 56%.
Questo cambiamento drastico è stato alimentato fondamentalmente dal dibattito intorno ai due principali provvedimenti governativi: il Decreto d’Urgenza del 20 dicembre e la “Legge sulle basi e punti di partenza per la libertà degli argentini”, con cui Milei ha proposto di rifondare le basi istituzionali del paese. Entrambe le proposte, attualmente in fase di esame parlamentare, mirano all’abrogazione di centinaia di leggi vigenti da decenni e all’introduzione di riforme profonde nel sistema istituzionale argentino, molte delle quali sono state respinte sin dall’inizio. La Corte Costituzionale ha infatti sospeso diversi articoli del Decreto d’Urgenza, tra cui la riforma del lavoro e la derogazione della legge sulla proprietà della terra, oltre a respingere il capitolo che avrebbe permesso l’ingresso di capitali internazionali nelle società sportive.
Un altro fronte su cui Milei ha dovuto fare un passo indietro è quello parlamentare. La sua “Legge sulle basi e punti di partenza per la libertà degli argentini”, comunemente nota come Legge Omnibus e considerata dall’esecutivo fondamentale per attuare il proprio programma, è giunta in parlamento con numerose modifiche, frutto di caotiche negoziazioni con le diverse espressioni della destra. Gli articoli sono stati ridotti da 524 a 385, e il governo è stato costretto a rinunciare al pacchetto fiscale e alla riforma elettorale inizialmente previsti.
Se approvata, la legge conferirà comunque al presidente facoltà legislative speciali per un anno, e consentirà la privatizzazione delle principali aziende statali argentine, due prerogative fondamentali per l’esecutivo. Una battaglia a parte poi è quella aperta dal presidente con la maggioranza dei governatori delle 23 province argentine, sul piede di guerra per i tagli alle partite fiscali che l’amministrazione federale cede agli enti locali.
In un mese e mezzo di governo Milei ha già dovuto chiedere le dimissioni del ministro dell’infrastruttura, Guillermo Ferraro, proprio per abbassare i toni dello scontro coi governatori che hanno un forte peso dentro al parlamento.
Anche le piazze hanno manifestato il loro dissenso nei confronti del progetto di Milei. La scorsa settimana, circa 1,5 milioni di persone hanno preso parte a proteste nelle principali città del paese contro il decreto e la Legge Omnibus, nel contesto del primo sciopero generale indetto dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT) il 24 gennaio scorso.
Anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nutre una certa cautela riguardo al successo delle politiche di Milei. Dopo aver approvato il rilascio di un nuovo pacchetto di aiuti da 4,7 miliardi di dollari per il pagamento del debito contratto nel 2018, il FMI ha rivisto al ribasso le prospettive di crescita dell’Argentina. È prevista una contrazione del 2,8% del PIL nel 2024, con la ripresa attesa per quest’anno slittata al 2025.
Il sostegno di Washington nei confronti dell’ultraliberista Milei invece non sembra scemare. L’Ambasciatore Usa a Buenos Aires, Marc Stanley, ha recentemente sostenuto che la relazione tra i due paesi non è mai stata così forte: “è il miglior momento in 202 anni di relazioni bilaterali”.
Il piano internazionale è forse quello in cui si esprime in modo più esplicito il progetto libertario
argentino. Dopo il celebre discorso di Davos, elogiato vivamente da Elon Musk e Donald Trump, e dopo aver raffreddato la relazione con Pechino, Milei ha addirittura definito “un comunista assassino” il presidente della Colombia Gustavo Petro, aprendo l’ennesima crisi diplomatica con un paese della regione e mettendo in evidenza la propria posizione ideologica.
Ma le critiche ricevute all’estero non sembrano scalfire l’esecutivo argentino, concentrato invece in queste ore a comporre un blocco di appoggio tra parlamento, giustizia e governatori. Un compito non semplice, e da cui dipende buona parte del futuro dell’esperimento Milei in Argentina.
Per la prima volta dal suo arrivo al potere i sondaggi rispecchiano una valutazione negativa dell’operato del governo. Anche il FMI rivede al ribasso le previsioni economiche nonostante il forte appoggio di Washignton.
Nel mese di dicembre, l’Argentina ha assistito all’aumento mensile dell’inflazione più significativo degli ultimi 30 anni, con una crescita superiore al 25% mensile. La variazione dei prezzi dei prodotti di prima necessità, come carne, latte e riso, è diventata una costante giornaliera sugli scaffali dei supermercati. A gennaio, l’aumento dei prezzi è giunto anche ai carburanti, con un incremento del 27% all’inizio dell’anno e un ulteriore 16% entro la fine del mese. È atteso a breve anche un aggiornamento delle rette scolastiche e universitarie, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno accademico.