È – quasi – tutto pronto per la nascita del 29esimo stato della Repubblica Indiana. La coalizione di governo ieri ha dato finalmente il via libera per la creazione del Telangana, parte dell’attuale Andhra Pradesh. Decisione complessa e sofferta, che apre una serie di interrogativi.

Un po’ di storia e un po’ di opinioni, occhio a dividere l’una dalle altre.
Dopo l’Indipendenza del 1947, già segnata dalla dolorosissima Partition tra India “hindu” e Pakistan “musulmano”, la costruzione di un’identità indiana era impresa non semplice, aggravata dalla necessità di riorganizzare un territorio sterminato ed eterogeneo in nuove amministrazioni locali che andassero a sostituire il sistema coloniale inglese.
Il caso di Hyderabad, attuale capitale dell’Andhra Pradesh, è particolarmente interessante. Il Nizam di Hyderabad – termine di derivazione turca che indica l’amministratore del regno – non aveva alcuna intenzione di annettere i propri territori alla Repubblica, eventualità che infine si configurò in seguito all’intervento armato dell’esercito repubblicano indiano.
I domini del Nizam vennero spezzettati secondo criteri linguistici approssimativi, creando il Maharashtra (lingua marathi), l’Andhra Pradesh (lingua telugu) e il Karnataka (lingua kannada).
Era il 1956 e alla popolazione del Telangana l’iniziativa non piacque, principalmente per motivi economici: seppure i territori del Telangana fossero meno sviluppati economicamente rispetto alla sezione costiera dell’Andhra Pradesh – che aveva usufruito al massimo dell’influenza inglese in termini di educazione e standard di vita “moderni” – vantavano gran parte delle risorse naturali ed idriche. Il timore era che l’annessione portasse a uno sfruttamento dei fiumi per sostenere lo sviluppo dell’Andhra, lasciando il Telangana a bocca asciutta (cosa che effettivamente è poi accaduta).
L’unione dei due territori e delle rispettive popolazioni era stata un’operazione artificiale, non dissimile al resto della geografia politica indiana pre e post dominazione inglese. Un processo obbligatorio nella creazione di un India storicamente inedita prima del 1947, un conglomerato di tradizioni, lingue, e culture in cerca di un collante.
Quell’amalgama, alla prova della Storia, non è mai stata trovata, in virtù di una precisa scelta di preservazione linguistica e culturale che se da un lato ha cercato di mantenere intatte le peculiarità di una ricchissima biodiversità, dall’altro ha perpetrato l’esistenza di sentimenti autonomisti molto forti che ancora oggi si rispecchiano in un senso di non appartenenza molto vasto. Lontano dal campo di cricket o dal pericolo pakistano, un abitante di Calcutta non dirà mai di sentirsi indiano, ma bengalese; come un cittadino di Chennai si sentirà tamil, non indiano.
La spinta secessionista del Telangana ha vissuto diverse vampate negli anni, definendosi via via in un movimento anche violento che, secondo i pro Telangana, ha sacrificato per la causa oltre un migliaio di vite. Oggi, la soluzione arrivata dalla scelta unanime della coalizione di governo United Progressive Alliance di iniziare le procedure di separazione del Telangana dall’Andhra Pradesh – con l’opinabile previsione di una capitale temporanea condivisa dai due stati, Hyderabad – appare una mossa di opportunità politica, sciogliendo un nodo intatto da oltre quarant’anni. La speranza, per l’Indian National Congress (Inc), è presentarsi alle prossime elezioni del 2014 come i fautori del volere popolare, in opposizione ai precedenti governi che sulla questione hanno tergiversato (anche quelli della destra, che ora urla “era ora, vergogna!”, ma che agli inizi degli anni duemila respinse le richieste dei movimenti pro Telangana).
Ma la questione del Telangana segna un precedente pericolosissimo: lo stato centrale che si piega alle spinte secessioniste locali. Che in India, come avevamo già visto, sono presenti in abbondanza ed equamente distribuite su tutto il territorio.
Pensiamo a Gorkhaland nel Bengala occidentale (indipendentisti di etnia gorkha), al Kashmir o al Ladakh nel nord-ovest (Omar Abdullah, chief minister del Jammu Kashmir è stato infatti uno dei primi a contestare la decisione del suo stesso partito, l’Inc), Vidarbha in Maharashtra, Bodoland in Assam, Harit Pradesh in Uttar Pradesh…
Chi per questioni religiose, chi etniche, chi economiche, le forze centrifughe nella politica indiana sono una costante difficile da gestire alla quale il sistema partitico nazionale sta rispondendo con una sempre maggiore caratterizzazione dell’offerta politica nazionale: il declino dei grandi partito della tradizione indiana (Inc e Bjp) è parallelo alla crescita esponenziale di partiti locali sostanzialmente egemoni a livello statale (macroscopico l’esempio del Trinamool Party di Mamata Banerjee in Bengala Occidentale o la tradizione di partiti dalit in Tamil Nadu).
Insomma, la domanda delle domande di questi tempi in India è: spezzettare il territorio ed aumentare l’autonomia, ci rafforza o ci indebolisce come nazione?
Cruccio che in futuro l’India sarà costretta ad affrontare ancora.
È – quasi – tutto pronto per la nascita del 29esimo stato della Repubblica Indiana. La coalizione di governo ieri ha dato finalmente il via libera per la creazione del Telangana, parte dell’attuale Andhra Pradesh. Decisione complessa e sofferta, che apre una serie di interrogativi.