Da venticinque anni il mondo ha perso l’opportunità di ammirare nuove espressioni dell’estro cinetico di Jean Tinguely, grande scultore svizzero, ma questo non vuol dire che le sue macchine ed il suo ingegno non vengano celebrati nei grandi musei del mondo. In questo caso, è un museo olandese a dedicare una così ampia retrospettiva al lavoro di un artista che per tutta la vita fu affascinato dall’effimero e dal movimento.
Praticamente nato e cresciuto a Basilea, di questa piccola città votata all’arte Tinguely amò molto gli spazi verdi che la circondano, facendovi le prime prove pratiche come artigiano – lavorando il legno e studiando il movimento indotto dall’acqua dei torrenti – e affiancandovi corsi professionali di pittura e disegno, che lo formarono nell’età giovanile.
Trasferitosi quindi a Parigi, gli avvenimenti storici e politici lo spinsero ad interessarsi agli artisti dell’avanguardia e al Bauhaus, ma furono le prime sculture composte da parti metalliche, legno e carta di Duchamp ad avvicinarlo alla corrente del Nouveau Réalisme. Come altri colleghi e ferventi sostenitori, Tinguely condivideva la buona norma e regola dell’utilizzo in arte di oggetti di uso quotidiano, ai quali veniva attribuita una nuova funzione estetica. Seguendo questa concezione e allontanandosi dall’idea di scultura come espressione celebrativa ma statica, monumento ad un momento ormai passato, Tinguely finirà per conferire un’aura vibrante e man mano inconfondibile ai suoi lavori, consolidando la sua fama nei primi anni Sessanta.
La sua creatività – unita al suo fascino ed al carisma – fece irruzione nello spazio sia a livello dimensionale che materico, arrivando a coinvolgere sempre più elementi, di sempre maggiori dimensioni, e lasciandosi contaminare da suggestioni sempre nuove: teatro, cinema, danza, musica… D’altra parte, il fulcro del lavoro di Tinguely è proprio il movimento, dunque le collaborazioni sempre nuove e sempre attive, con artisti come Daniel Spoerri, Niki de Saint Phalle (che fu anche sua moglie), Yves Klein, così come con direttori di musei come Pontus Hulten, Willem Sandberg, e Paul Wember, altro non furono se non ottimo carburante per alimentare la sua crescente e variegata ispirazione.
Il museo Stedelijk di Amsterdam celebra oggi la potenza di questa forma d’arte, proponendo alcune opere mai viste nei Paesi Bassi, come Mengele-Totentanz (1986), un’installazione che Tinguely realizzò dopo aver assistito all’incendio che devastò la società agricola Mengele. Egli raccolse i resti bruciati di molti oggetti e scheletri di animali, tracce inequivocabili della tragedia compiutasi, e quindi li compose pensando ad un’illuminazione ed un sottofondo sonoro specifici, i quali contribuirono a rendere l’opera inquietante ed evocativa rispetto alla memoria di scenari di guerra, personalmente vissuti. Tinguely fu capace di inserire all’interno di molti suoi lavori l’idea di degrado, di distruzione, di perdita fisica, in una sorta di consapevolezza autodistruttiva di cui si conservano le testimonianze documentarie come video, fotografie, disegni e altro materiale d’archivio.
Ma la vera magia delle opere di Tinguely sta nel fatto che molte prevedono uno scambio ardito in ambito artistico, perché richiedono l’intervento diretto del pubblico per completare – innescando un meccanismo, oppure mettendo in gioco la propria manualità – l’opera d’arte. Ad esempio, le Meta-matic che progettò nel 1959 sono macchine realizzate per dipingere, ed i visitatori sono invitati a disegnare impostando il braccio mobile di una penna a feltro e inserendo un foglio di carta nella macchina.
Coinvolgendo gli spettatori nelle sue opere cinetiche, Tinguely permette a chiunque – ieri come oggi – di immaginarsi artista, accorciando le distanze tra i due estremi di pubblico e genio creativo, così come fece togliendo le sculture dal loro piedistallo e lasciandole libere di muoversi.
@benedettabodo
Jean Tinguely – Machine Spectacle
Stedelijk Museum, Amsterdam
1 Ottobre 2016 – 5 Marzo 2017
http://www.stedelijk.nl/en/exhibitions/jean-tinguely-machine-spectacle#sthash.g0kwi5IY.dpuf
Da venticinque anni il mondo ha perso l’opportunità di ammirare nuove espressioni dell’estro cinetico di Jean Tinguely, grande scultore svizzero, ma questo non vuol dire che le sue macchine ed il suo ingegno non vengano celebrati nei grandi musei del mondo. In questo caso, è un museo olandese a dedicare una così ampia retrospettiva al lavoro di un artista che per tutta la vita fu affascinato dall’effimero e dal movimento.
Praticamente nato e cresciuto a Basilea, di questa piccola città votata all’arte Tinguely amò molto gli spazi verdi che la circondano, facendovi le prime prove pratiche come artigiano – lavorando il legno e studiando il movimento indotto dall’acqua dei torrenti – e affiancandovi corsi professionali di pittura e disegno, che lo formarono nell’età giovanile.