Nel 2022 la presidenza di turno dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico toccherà a Phnom Penh. Washington teme uno spostamento verso Pechino della regione, che avrà anche l’Indonesia alla guida del G20
Da una parte Washington, dall’altra Pechino. Il Sud-est asiatico è abituato a essere al centro delle trame geopolitiche delle due principali potenze. Ma da periferia sta diventando centro, da corollario tangenziale a campo di gioco principale. Lo testimonia il doppio pressing diplomatico portato avanti nelle scorse settimane sia dagli Stati Uniti sia dalla Cina. Antony Blinken e Wang Yi, rispettivamente segretario di Stato Usa e Ministro degli Esteri cinese, sono particolarmente attivi sulla regione con visite, incontri, summit e dialoghi bilaterali e a livello di blocco. Proprio nei giorni scorsi il capo della diplomazia a stelle e strisce ha concluso il suo viaggio tra Malesia e Singapore, con la tappa thailandese cancellata a causa degli effetti di Omicron.
Blinken ha manifestato la volontà di elevare i rapporti tra Stati Uniti e Asean a “livelli senza precedenti” nei settori della sicurezza e dell’economia, promettendo importanti investimenti nel commercio, nel digitale e nelle infrastrutture. E nelle acque del Mar Cinese meridionale e del Pacifico appaiono sempre più navi appartenenti a flotte internazionali. Non solo Stati Uniti ma anche Francia, Regno Unito, Australia, Germania e persino Paesi Bassi.
Da quando alla Casa Bianca siede Joe Biden, Washington ha chiarito all’Asean che il periodo di Donald Trump è archiviato. Se l’ex Presidente marcava visita da lungo tempo ai summit del blocco regionale del Sud-est asiatico, Biden ha deciso di collegarsi alla prima occasione utile. I rapporti con Indonesia (tra l’altro Presidente di turno del G20 fino al 30 novembre 2022) e Filippine, che con modi e gradi diversi sembravano essere in avvicinamento a Pechino negli anni precedenti, sono stati riavviati. Pur in attesa delle elezioni presidenziali a Manila del prossimo maggio, che potrebbero rimescolare le carte dopo che Rodrigo Duterte è tornato sui suoi passi e ha rinnovato il Visiting Forces Agreement che aveva più volte minacciato di stracciare.
La presidenza della Cambogia
C’è però un’ombra nella strategia americana. Ed è rappresentata dalla figura della Cambogia. Sì, perché il 1° gennaio 2022 Phnom Penh assumerà ufficialmente la presidenza di turno dell’Asean. Non è un mistero che la Cambogia abbia ottimi rapporti con Pechino e Washington teme che la sua presidenza di turno possa favorire il rivale. Una postura filo-cinese dai connotati storici, che è stata rivendicata dal governo nazionale anche nel 2019, quando il Primo Ministro Hun Sen ha definito la Cambogia un “amico di ferro” della Cina. Proprio Hun Sen è stato il primo e unico leader straniero a visitare Xi Jinping a Pechino durante le prime fasi di quella che allora era ancora descritta come un’epidemia con epicentro a Wuhan.
La Cina intravede mosse favorevoli, a partire dalla questione del Mar Cinese meridionale. La Cambogia non appare interessata a internazionalizzare il dossier come vorrebbero invece altri attori. Se con la presidenza di turno del Vietnam del 2020 si era ottenuto un documento unitario sull’argomento, appare più complicato questo possa succedere durante l’anno cambogiano. Gli Usa accusano tra l’altro da tempo Phnom Penh di dare accoglienza a mezzi militari cinesi, in particolare nella base navale di Ream. Sospetti acuiti dal mancato accesso completo fornito alla vicesegretaria di Stato Wendy Sherman durante una visita della scorsa estate. In tale ottica si può leggere il recente embargoalla vendita di armi istituito da Washington nei confronti della Cambogia.
Anche sulla vicenda Myanmar ci si aspettano contrasti sia nei rapporti con Washington sia all’interno della stessa Asean. Dopo aver ribadito con forza il principio di non interferenza rivendicato dall’Associazione come caposaldo del suo paradigma di valori, Phnom Penh sembra intenzionata a riavviare il dialogo con la giunta militare dopo che la stessa era stata esclusa dagli ultimi vertici regionali. Tra le altre cose, Hun Sen ha subito annunciato una visita in Myanmar durante la quale incontrerà il generale Min Aung Hlaing. Il 2022 presenta un menù interessante, e piccante, sulla direttrice del Sud-est.
Da una parte Washington, dall’altra Pechino. Il Sud-est asiatico è abituato a essere al centro delle trame geopolitiche delle due principali potenze. Ma da periferia sta diventando centro, da corollario tangenziale a campo di gioco principale. Lo testimonia il doppio pressing diplomatico portato avanti nelle scorse settimane sia dagli Stati Uniti sia dalla Cina. Antony Blinken e Wang Yi, rispettivamente segretario di Stato Usa e Ministro degli Esteri cinese, sono particolarmente attivi sulla regione con visite, incontri, summit e dialoghi bilaterali e a livello di blocco. Proprio nei giorni scorsi il capo della diplomazia a stelle e strisce ha concluso il suo viaggio tra Malesia e Singapore, con la tappa thailandese cancellata a causa degli effetti di Omicron.
Blinken ha manifestato la volontà di elevare i rapporti tra Stati Uniti e Asean a “livelli senza precedenti” nei settori della sicurezza e dell’economia, promettendo importanti investimenti nel commercio, nel digitale e nelle infrastrutture. E nelle acque del Mar Cinese meridionale e del Pacifico appaiono sempre più navi appartenenti a flotte internazionali. Non solo Stati Uniti ma anche Francia, Regno Unito, Australia, Germania e persino Paesi Bassi.