Slogan e accuse contro gli Stati Uniti a Pyongyang in occasione del 73esimo anniversario della guerra di Corea. Mentre Seul si avvicina a Washington, la Corea del Nord accusa gli Usa di volere una guerra nucleare
“Gli Stati Uniti stanno compiendo sforzi disperati per scatenare una guerra nucleare”. A lanciare l’accusa, forte e sopra i consueti toni anche per il suo mittente, è la Corea del Nord. È un momento particolarmente delicato a Pyongyang, denso di significati politici e retorici. Domenica 25 giugno si è infatti celebrato il 73esimo anniversario dell’avvio della guerra di Corea, che fu combattuta per poco più di tre anni fino al 27 luglio 1953 e che non produsse mai una vera pace, ma un semplice armistizio. Tecnicamente, Corea del Nord e Corea del Sud sono ancora in conflitto. Anche se fortunatamente congelato. Per la ricorrenza, Pyongyang ha organizzato grandi manifestazioni di massa. Ai raduni organizzati dal Partito dei Lavoratori e dal regime di Kim Jong-un hanno partecipato circa 120 mila persone, molti studenti. Tra gli slogan più quotati la promessa di una “guerra di vendetta” per distruggere gli Stati Uniti.
Le foto diffuse dai media statali hanno mostrato uno stadio affollato di persone che reggevano cartelli con la scritta: “L’intera terraferma statunitense è nel nostro raggio di tiro”. O ancora: “Gli Stati Uniti imperialisti sono i distruttori della pace”. A metà tra esaltazione del proprio arsenale nucleare e denuncia delle azioni di Washington che metterebbero a rischio la stabilità della penisola coreana.
L’agenzia di stampa statale della Corea del Nord ha rincarato l’avvertimento, sostenendo che il paese ha ora a disposizione “la più forte arma assoluta per punire gli imperialisti statunitensi” e i “vendicatori su questa terra ardono con l’indomabile volontà di vendicare il nemico”.
A margine degli eventi, il ministero degli Esteri ha rilasciato un report dove accusa appunto gli Stati Uniti di volere una guerra nucleare. “Le azioni belligeranti degli Stati Uniti hanno spinto le tensioni militari nella penisola coreana e nel nord-est asiatico, che sono già precipitate in una situazione estremamente instabile vicino all’orlo della guerra nucleare”. Nello stesso report, si sostiene che le tensioni militari nell’area sono paragonabili a quelle della vigilia dell’inizio della guerra del 1950-53. Stati Uniti e Corea del Sud sono accusati di “delirante confronto militare anticomunista” e “minacce retoriche”. E l’eventuale conflitto, sostiene Pyongyang, “si intensificherà rapidamente in una guerra mondiale e termonucleare, senza precedenti per il mondo” e porterà alle “conseguenze più catastrofiche e irreversibili” per la pace e la stabilità nella regione e per tutti gli altri.
Frasi altamente retoriche che vanno però appunto anche contestualizzate in una giornata di ricorrenza storica fondamentale per la narrativa del regime.
Nuove partnership militari
Ma è innegabile che le tensioni nella penisola coreana e nell’Asia orientale siano molto cresciute negli ultimi tempi, in particolare dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Il timore di un crescente allineamento tra Cina e Russia ha portato diversi paesi dell’area a rafforzare la partnership militare con gli Stati Uniti. In particolare la Corea del Sud, dopo la vittoria alle elezioni dello scorso anno del conservatore Yoon Suk-yeol. Il presidente di Seul ha riavviato i rapporti col Giappone, operando un allineamento a livello trilaterale degli scambi in materia di sicurezza con il vicino (tradizionalmente odiato) e Washington. Ad aprile, Yoon è stato alla Casa Bianca in visita di Stato, ottenendo l’estensione dell’ombrello nucleare. Non solo. Nelle scorse settimane ha ospitato a Busan un sottomarino americano a propulsione nucleare, ha aumentato esponenzialmente le esercitazioni congiunte e si prepara al pieno dispiegamento del Terminal High Altitude Area Defense (Thaad), il sistema di radar antimissile americano il cui primo acquisto nel 2016 causò una durissima battaglia diplomatica tra Corea del Sud e Cina.
Pyongyang e Mosca
Da parte sua, nel corso del 2022 Pyongyang ha effettuato più lanci balistici dei cinque anni precedenti messi insieme. E ha testato anche il suo più grande missile balistico intercontinentale, che ha sorvolato anche una porzione di territorio giapponese causando l’entrata in funzione dei sistemi di allarme. Dopo la prima prova fallita, si ritiene che presto Kim possa anche provare a effettuare un altro lancio del suo primo satellite spia militare per aumentare il monitoraggio delle attività militari statunitensi. La tensione cresce anche perché, mentre Seul si avvicina a Washington, Pyongyang si è avvicinata a Mosca. Dopo la ribellione del Gruppo Wagner, la Corea del Nord ha ribadito il proprio “forte sostegno” al Cremlino. Negli scorsi mesi, più volte si è detto che il regime ha inviato munizioni a Mosca. Mentre dall’altra parte vacilla la storica posizione di Seul di non inviare direttamente armi a un paese in guerra, visto che Nato e Usa sono in pressing su Yoon per aiutare anche militarmente l’Ucraina.
La posizione del Vietnam
Le tensioni regionali si allargano anche al Vietnam. Domenica è arrivata a Da Nang la portaerei a propulsione nucleare americana Ronald Reagan. Si fermerà fino al 30 giugno. Non è certo usuale che questo avvenga, ma negli ultimi mesi anche Hanoi ha compiuto qualche passo in direzione degli Usa. Le ragioni? Primo: la difficoltà della Russia di continuare a mandare armi al Vietnam come ha sempre fatto in passato, col paese del Sud-Est asiatico che ha dunque bisogno di alternative. Secondo: il timore dell’appiattimento di Mosca sulle posizioni di Pechino, con cui Hanoi ha floridi rapporti commerciali e politici, ma anche dispute territoriali aperte e irrisolte. Non è un caso che la portaerei americana abbia attraccato in una città che si trova esattamente di fronte alle isole Paracelso, contese tra Vietnam e Cina. E intorno alle quali negli ultimi mesi Pechino ha alzato i giri delle manovre, proprio mentre Hanoi pensa all’acquisto di armi americane e il segretario generale del Partito comunista Trong potrebbe viaggiare per la prima volta a Washington.
Il fronte di guerra è tra Ucraina e Russia, ma in Asia orientale la situazione è in costante evoluzione.