Gli estremisti di al-Shabaab hanno cominciato il nuovo anno con due attentati a Mogadiscio, l’ultimo dei quali è avvenuto mercoledì scorso in un compound delle Nazioni Unite nei pressi della capitale somala, dove sono stati feriti quattro uomini della DUGUF, una società di sicurezza privata che nel Paese africano tutela la sicurezza del personale della Nazioni Unite e di varie ambasciate.
L’attacco è stato rivendicato dal gruppo jihadista, che due giorni prima aveva sferrato un altro attentato, attribuendosi la paternità con un comunicato diffuso dall’emittente radiofonica privata Mustaqbal. Per portare a termine l’azione terroristica, il gruppo jihadista ha utilizzato due kamikaze, che hanno provocato la morte di sette persone e il ferimento di altre ventuno.
Gli islamisti somali hanno usato due veicoli bomba,il primo destinato a procurare il panico distruggendo un checkpoint nei pressi di Medina Gate, uno degli ingressi principali dell’aeroporto internazionale della capitale somala, che ospita il quartier generale dell’AMISOM, la missione di peacekeeping dell’Unione africana.
Il secondo veicolo suicida, un camion bomba, ha attraversato indisturbato il posto di blocco sventrato dall’autobomba ed è esploso all’esterno del Peace Hotel, situato di fronte all’aeroporto e spesso frequentato da stranieri e funzionari di organismi internazionali.
Gli alberghi frequentati da stranieri bersaglio degli estremisti
Non è la prima volta che un albergo di Mogadiscio frequentato da occidentali finisce nel mirino degli estremisti somali. Nel marzo 2015, nell’assalto al Maka al-Mukarama Hotel, persero la vita venti persone, tra cui l’ambasciatore somalo presso la Federazione Elvetica ele Nazioni Unite a Ginevra, Yussuf Mohammed Ismail Bari-Bari.
L’incursione terroristica cominciò con un’autobomba fatta esplodere da un attentatore suicida all’entrata dell’hotel, mentre terroristi armati fecero irruzione all’interno della struttura per sparare ai clienti.
Analoga la dinamica messa in attodagli islamisti somali, la mattina del primo novembre 2015, quando attaccarono l’hotel Sahafi uccidendo 15 persone.
Poi, il 26 febbraio dello scorso anno sono tornati a colpire un altro albergo di Mogadiscio, l’hotel della Lega dei Giovani Somali (SYL), situato nel centro della città, dove hanno perso la vita 14 persone.
Lo scorso primo giugno, è stato preso d’assalto l’Ambassador, altra struttura alberghiera della capitale somala molto frequentata dagli stranieri, in particolare dal personale diplomatico. Nell’attacco sono rimaste uccise 24 persone e i feriti sono stati oltre sessanta.
Soltanto venticinque giorni più tardi, i jihadisti somali legati ad al-Qaeda attaccano l’hotel Nasa Hablod di Mogadiscio, dove perdono la vita 15 persone e altre 25 rimangono ferite. Anche in questo caso, i terroristi si sono asserragliati all’interno dell’edificio prendendo in ostaggio diverse persone tra clienti e personale di servizio, proprio come era accaduto poco più di tre settimane prima all’hotel Ambassador.
Al-Shabaab ancora pericolosa e radicata nel territorio somalo
La potenza e la dinamica dell’attacco di lunedì scorso evidenziano quanto al-Shabaab sia ancora pericolosa e radicata nel territorio somalo. Negli ultimi mesi, l’organizzazione terroristica ha dimostrato la sua capacità di recupero da una serie di significative sconfitte e insuccessi registrati dal 2011 fino alla prima metà del 2015, che includevano l’eliminazione di membri di spicco e la perdita di roccaforti in alcune zone del centro-sud della Somalia.
Poi, dalla seconda metà del 2015, al-Shabaab ha provato di essere in grado di rilanciare la propria offensiva in maniera efficace e di mantenere il controllo di numerose aree periferiche nel sud e nel centro della Somalia, oltre a conservare inalterata la capacità di portare a termine attacchi letali su larga scala.
Secondo l’ultimo report del Gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite sull’Eritrea e la Somalia, il controllo di ampie zone nel centro-sud del Paese permette alla rete jihadista di esercitare pressione sul resto del territorio. Mentre i numerosi attacchi degli ultimi diciotto mesi alle basi AMISOM e l’indebolimento dell’esercito somalo avrebbero come scopo l’allontanamento delle forze della missione di peacekeeping dalle aree politicamente e militarmente strategiche.
La capacità di tenuta del gruppo estremista è evidenziata anche dalla riconquista di una consistente fascia di territorio costiero a sud di Mogadiscio, indispensabile per avviare e gestire traffici di varia natura e poter esercitare qualche forma di controllo sulla distribuzione degli aiuti umanitari.
Inoltre, la riconquista di alcune importanti roccaforti costiere e dei loro porti costituisce un significativo capovolgimento di fronte, nel corso dell’ormai decennale lotta al movimento radicale islamico.
Date simili premesse, appare evidente che almeno nel medio termine al-Shabaab continuerà a costituire una seria e persistente minaccia per la Somalia, per le truppe dell’AMISOM e per la sicurezza di altri Paesi dell’area, in particolare Kenya e Uganda.
@afrofocus
L’attacco è stato rivendicato dal gruppo jihadista, che due giorni prima aveva sferrato un altro attentato, attribuendosi la paternità con un comunicato diffuso dall’emittente radiofonica privata Mustaqbal. Per portare a termine l’azione terroristica, il gruppo jihadista ha utilizzato due kamikaze, che hanno provocato la morte di sette persone e il ferimento di altre ventuno.