Secondo le indiscrezioni della stampa turca, e riportate soprattutto dalla stampa italiana, per molte ore si è ritenuto che l’attentatore di Istanbul e ancora in fuga fosse un cinese appartenente all’etnia degli uiguri, la minoranza musulmana che abita la regione nord occidentale del paese.
In mattinata sarebbe stata ufficializzata la nazionalità dell’attentatore, che sarebbe kirghizo. Al di là del fatto di Istanbul in sé, è bene precisare alcuni elementi circa la regione cinese nord occidentale dello Xinjiang, di cui nelle ultime ore si è molto discusso.
Da parecchio tempo la Cina denuncia il pericolo “terrorismo” nella regione, ricordando le azioni violente di estremisti uiguri appartenenti all’ala più radicale del movimento auotonomista. In Xinjiang opererebbe il gruppo noto come Tip, “Turkestan Islamic Party“, considerato una sorta di superamento dell’Etim, il gruppo precedente.
Secondo gli analisti il Tip sarebbe affiliato ad al Nusra e sarebbe dunque da considerarsi all’interno dell’orbita qaedista. Il problema è che nella zona centrale dell’Asia i gruppi che sono nati e che hanno cambiato collocazione sono tanti, mentre non c’è un numero preciso di quanti sarebbero, di fatto, gli uomini coinvolti in Cina.
La galassia jihadista è varia e composita e non è semplice decifrarla. L’appartenenza alla galassia qaedista o quella del Califfo non è chiara, così come i numeri. In più di recente tra attentati sul territorio cinese e altri paesi, pare che – eventualmente – il radicalismo uiguro si sia diviso in più formazioni.
Ancora di recente un attacco a un edificio del Pcc in Xinjiang è stato definito da Pechino come “terrorismo” senza però spiegare la natura dell’attacco e degli assalitori, uccisi nel raid della polizia.
In precedenza Pechino aveva attribuito al terrorismo uiguro anche un attentato nella capitale e una nella città di Kunming. Quest’estate poi, in Kirghizistan, un attacco era stato effettuato contro l’ambasciata cinese. Secondo fonti del luogo uno degli attentatori, il responsabile dell’ordigno, sarebbe rifugiato in Turchia. E sarebbe stato di etnia uigura.
Pechino utilizza la minaccia terroristica in ambito internazionale: chiede sostanzialmente il suo riconoscimento perché poi la Cina possa appoggiare altre operazioni internazionali. Ad ora, benché molte ricerche delle intelligence suggeriscano l’esistenza di un problema tanto nel centro Asia, quanto nel Xinjiang, Pechino è oggettivamente sola a contrastare la minaccia.
E reagisce ai pericoli come di consueto: reprimendo da un lato, provando a sviluppare economicamente la zona dall’altro. A quest’ultimo obiettivo si deve la campagna “Go West” in atto da tempo, nel tentativo di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali, ma finendo per mutarne per sempre autonomia culturali e linguistiche, nonché religiose. Il nodo dunque è di difficile soluzione.
Anche perché la popolazione uigura, non solo nella regione xinjianese, vive un’esistenza di pregiudizi e difficoltà. Con la fama negativa sancita dalla narrazione “han” (gli uiguri sono considerati ladri, spacciatori, persone inaffidabili) per gli uiguri la vita in Cina non è semplice. Difficoltà a trovare lavoro, casa e una situazione nella regione spesso blindata e militarizzata. Quindi non è corretto sostenere che gli uiguri non siano repressi, così come va sottolineato il doppio binario cinese: controllo militare del territorio e tentativo di migliorare le condizioni di vita degli abitanti della regione. Questo è un mix che Pechino solitamente sa gestire al meglio: c’è da capire se la minaccia jihadista complicherà i piani del Pcc o meno.
@simopieranni
Secondo le indiscrezioni della stampa turca, e riportate soprattutto dalla stampa italiana, per molte ore si è ritenuto che l’attentatore di Istanbul e ancora in fuga fosse un cinese appartenente all’etnia degli uiguri, la minoranza musulmana che abita la regione nord occidentale del paese.