CORTI – «Un’enorme responsabilità ma anche una grande vittoria, arrivata dopo quarant’anni, da condividere con chi ha combattuto, con chi è imprigionato e con ognuno dei nostri militanti». È questo il commento a caldo che Jean-Guy Talamoni, ex attivista vicino ai gruppi armati còrsi passato al di là della «barricata», ci rilascia di getto. Siamo a Corti, dove si è appena concluso il dibattito che sigilla la 35esima edizione delle «Ghjurnate Internazionale», kermesse nazionalista che negli anni ha cambiato pelle. Ma è solo questione di superfice, di strategia e non di finalità.
«L’obiettivo è sempre lo stesso», ci ripeterà più volte il leader di «Corsica Libera», che in passato è stato arrestato dalle autorità francesi con l’accusa di terrorismo. Nel 2004 le teste di cuoio lo prelevano con un blitz, durante la notte, e lo portano subito a Parigi. L’isola divampa in una barricata che chiede la sua liberazione. I nazionalisti scendono in strada, scontri e molotov accendono la Corsica per quattro giorni, fino al suo rientro in patria. Un anno più tardi, verrà definitivamente prosciolto dalle accuse.
«Terra, lingua e libertà», sono le parole d’ordine che il carismatico Jean-Guy Talamoni, chiamato dalla sua gente semplicemente Ghjuvan Guidu, evoca più volte dal palco allestito a Corti, città simbolo dell’indipendenza isolana, dove i murales identitari, in ogni via, sono lì a ricordare la lotta. In alto, sulla rocca rocciosa, sventola orgogliosa la Bandera Tèsta Mora che il «babbu du a patria» Pasquale Paoli ha voluto, nei pochi anni di libertà, a simbolo della sua Repubblica. Quell’epopea dimenticata diede all’isola una costituzione, nata dalla collaborazione con il filosofo francese Jean-Jaques Rousseau, nella quale venne codificato per la prima volta il «diritto alla libertà». Una conquista ancora incisa nel cuore dei «patrioti» che, oggi come ieri, si confrontano con problemi vecchi e nuovi uniti dal fil rouge della granitica rigidità parigina.
Il dialogo è difficile. Lo sa bene Talamoni che s’impone nel ruolo di protagonista di primo piano del nuovo corso dell’indipendentismo còrso, sedendo sullo scranno più alto dell’Assemblea di Corsica. Da lassù cerca di negoziare «amnistia per i prigionieri politici e ricercati», «l’ufficialità della lingua» e «lo statuto dei residenti per proteggere le nostre case e le nostre terre». Argomenti delicati. Soprattutto ora che Parigi, uscita con le ossa rotte dalla lunga scia di attentati terroristici, si prepara alle elezioni presidenziali del prossimo 23 aprile inaugurando una linea ancor più dura. «Perché – come spiega il leader indipendentista – i responsabili parigini hanno paura di perdere voti». Eppure, dopo la svolta del 25 giugno 2014, giorno in cui il Fronte di Liberazione Nazionale Corso (FLNC) annuncia la smilitarizzazione, qualcuno si era illuso che potesse aprirsi la stagione nuova, quella dei negoziati.
Ma i nazionalisti non si perdono d’animo. E insistono sulla via istituzionale tenendo lo sguardo fisso sull’obiettivo e controllando i problemi «domestici». Come le spinte centrifughe che rischiano di metter in discussione il programma di governo di «Pé a Corsica» e il confronto con Parigi. Così, nei giorni in cui anche nell’isola il dialogo con l’Islam è ridotto ai minimi termini, in cui gli episodi di intolleranza si espandono a macchia d’olio da nord a sud e il «Fronte 22 ottobre», la corrente oltranzista del FLNC, minaccia gli «islamisti radicali della Corsica» di una durissima rappresaglia, Talamoni invita alla calma richiamando la posizione matura licenziata dall’Assemblea. «Non bisogna far confusione tra i musulmani che sono qui, vivono con noi e si adoperano per costruire la Corsica di domani, e gli estremisti». «Per questi ultimi – incalza il leader – chiediamo l’espulsione immediata».
Non bisogna perdere la testa. Ci dice tra le righe mentre con la mente ripercorre una ad una le tappe che verranno. «Abbiamo un accordo di 5 anni con gli autonomisti, in questo periodo ci concentreremo sullo sviluppo economico e, se assicurati da un punto di vista materiale, i còrsi si pronunceranno sull’indipendenza». Questo è il piano quinquennale da cui rilanciare il vecchio sogno nazionalista. «Ne siamo certi – aggiunge il leader, chiarendo agli scettici una linea che non si è affatto ammorbidita – se lavoreremo sullo sviluppo poi arriverà il risultato sperato».
I modelli da cui trarre ispirazione in giro per l’Europa non mancano. Talamoni guarda alla Scozia dove, dopo gli sviluppi della Brexit, è in cantiere per il prossimo anno il progetto di una nuova consultazione referendaria, e alla Catalogna che, sfidando Madrid, ha approvato una risoluzione per il referendum sull’autodeterminazione previsto per il prossimo settembre. Anche noi, ci tiene a ribadire, «non siamo una circoscrizione amministrativa, non siamo un pezzo della Francia. Siamo un Paese, una società e abbiamo la nostra storia».
A Corti arriva la sera, ma la fiaccola resta accesa. «Siamo per l’indipendenza e continueremo ad esserlo. Saranno i còrsi a darci ragione. Il momento dell’autodeterminazione – così come il giorno che incalza la notte – giungerà», conclude il numero uno dei nazionalisti.
@elenabarlozzari
CORTI – «Un’enorme responsabilità ma anche una grande vittoria, arrivata dopo quarant’anni, da condividere con chi ha combattuto, con chi è imprigionato e con ognuno dei nostri militanti». È questo il commento a caldo che Jean-Guy Talamoni, ex attivista vicino ai gruppi armati còrsi passato al di là della «barricata», ci rilascia di getto. Siamo a Corti, dove si è appena concluso il dibattito che sigilla la 35esima edizione delle «Ghjurnate Internazionale», kermesse nazionalista che negli anni ha cambiato pelle. Ma è solo questione di superfice, di strategia e non di finalità.