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Bibi vince, ma poi?


Con l'aiuto dello stallo palestinese e della crescita economica ha vinto ancora l'uomo forte, che però ora non riuscirà a governare, forse...

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu siede al plenum della Knesset, il Parlamento israeliano, Gerusalemme, 30 maggio 2019. REUTERS/Ronen Zvulun

Con l’aiuto dello stallo palestinese e della crescita economica ha vinto ancora l’uomo forte, che però ora non riuscirà a governare, forse…

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio/giugno di eastwest.

Quello che, più di una elezione politica, sembrava un referendum sull’uomo che per quattro mandati, tre consecutivi, ha guidato Israele, è terminato con il risultato probabilmente meno certo: la vittoria netta di Benjamin Netanyahu. Già perché il risultato elettorale dello scorso 9 aprile che ha consegnato Israele di nuovo a Bibi per il quarto mandato consecutivo (solo David Ben-Gurion ha fatto meglio di lui, guidando il Paese dalla sua nascita per cinque mandati consecutivi come premier), non sembrava così sicuro, per una serie di fattori. In primo luogo gli scandali e le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto lui e sua moglie Sara, per poi passare alle sue posizioni intransigenti nei confronti della Palestina e dei vicini (basti pensare al riconoscimento dell’annessione del Golan, i raid in Siria e le promesse di nuove annessioni), il suo strizzare l’occhio agli estremisti di destra, soprattutto religiosi, il suo ricevere pesanti endorsment da Trump, Putin e Bolsonaro.

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