Come previsto in un paio di giorni il video satirico It’s your fault ha sfondato ampiamente il muro del milione di visualizzazioni su Youtube, diventando tema di approfondimento giornalistico sulla tv indiana. Visto il dibattito corrente sulle posizioni espresse dalla presidente Boldrini, ci sono ancora un paio di spunti che vorrei buttare lì.

Sul canale d’informazione in lingua inglese forse più autorevole in India, Ndtv, le due protagoniste del video satirico – Kalki Koechlin, attrice di Bollywood, e Juhi Pande, VJ di Channel V – sono state intervistate dalla giornalista Barkha Dutt, in India una specie di paladina della sinistra moderata.
Nell’intervista Dutt dice una cosa molto importante che val la pena di sottolineare: il video in sé non è solo un attacco alla violenza fisica di genere, ma in modo molto più sottile va a minare una serie di regole non scritte che impongono alla donna un ruolo da eterna subordinata.
Nell’intervista il concetto viene spiegato egregiamente da Koechlin quando racconta il disagio che ha vissuto e continua a vivere discutendo di società patriarcale e stereotipi anche con persone del suo stesso strato sociale; gente che si dice progressista, vanta un’istruzione molto elevata e un’apertura mentale notevole in altri contesti – la povertà, il razzismo, il “castismo” – ma che non si esime dal consigliarle di “vestirsi più indiana delle indiane”, per compensare la sua pelle chiara considerata comunemente come indice di amoralità e costumi disinibiti.
In parole povere, il fatto che una donna debba coprirsi per mantenere intatto il suo “onore” è stato talmente introiettato dalla società indiana da diventare normalità, buon senso, e far traballare questa sicurezza è visto come una battaglia provocatoria delle solite femministe. Nel video ci sono altri accenni a supposte verità naturali della società indiana, come la donna che parla molto e quindi è utente prediletta del telefono cellulare, o la donna che sta in cucina, ricalcate dalle pubblicità di smartphone o padelle che, in India, rinsaldano perfettamente questi stereotipi.
Il secondo livello comunicativo del video satirico è proprio questo: unire la violenza sessuale e la mancata emancipazione femminile, legare i due fenomeni in un rapporto di consequenzialità, cioè sostenere ancora una volta che lo stupro sia figlio di una mentalità profondamente sessista che, col passare delle generazioni, è diventata la norma.
E veniamo a Boldrini, attaccata da più parti per aver criticato lo stereotipo televisivo della donna che serve a tavola, un gesto considerato normale e naturale nella società italiana. Anche qui ci vedo un attacco alla “norma”, a usi fondamentalmente sessisti – attenzione, una donna che serve a tavola non è schiava della società patriarcale, ma una società che si aspetta la donna serva a tavola è maschilista – che una volta scardinati potrebbero aiutare a farci vedere le cose da una prospettiva meno pigra.
Il trattamento riservato a Boldrini anche dai cosiddetti “progressisti” mi pare somigli molto agli amici di Koechlin che le consigliavano di mettersi in sari per non dare nell’occhio, per non uscire dalla normalità. Il che fa traballare un’altra verità naturale della quale ero convinto fermamente, iniziando ogni parallelo tra India e Italia col dislaimer “con le debite proporzioni”. Ecco, a volte le proporzioni sono molto meno debite di quello che pensiamo.