Razzista, violento, sessista, promette «armi per tutti» e chiama «vagabondi» coloro che si battono per i diritti umani. Chi è il candidato alla presidenza, che è secondo nelle intenzioni di voto in Brasile
Siamo sicuri che le guerre brasiliane nascano nelle favelas e non altrove? C’è un Brasile che si disinteressa del crimine, del disagio e della povertà. Ed è un Brasile che cresce nei sondaggi. Fra i componenti della Bancada da Bala – la lobby del Congresso brasiliano che si batte per gli interessi dei produttori di armi – c’è un personaggio che spicca per le sue posizioni di estrema destra. È Jair Bolsonaro, deputato federale e candidato alle prossime elezioni presidenziali del 2018.
Gli analisti più tenui l’hanno ribattezzato il «Trump brasiliano», mentre quelli più realisti preferiscono chiamarlo il «Rodrigo Duterte brasiliano». Bolsonaro, che i suoi sostenitori hanno ribattezzato «Bolsomito», è un militare in riserva e un politico piuttosto controverso, capace di far convivere nella stessa figura la vecchia classe dirigente (è al settimo mandato da deputato) con la nascente passione per la retorica antipolitica. Bolsonaro è tutto tranne che una novità. Agli occhi stanchi dell’elettorato brasiliano, però, appare come una luce in fondo al tunnel del caos istituzionale e pertanto si tratta di un fenomeno da seguire con serietà. Nel 2014, è stato il deputato più votato nello stato di Rio de Janeiro e il terzo più votato a livello nazionale con 464.565 preferenze. È affiliato al Partito Sociale Cristiano, ma è possibile che entro il 2018 scelga di correre come rappresentante di un’altra piattaforma. Secondo gli ultimi sondaggi Datafolha, Bolsonaro sarebbe il secondo candidato più votato del Brasile con il 17% dei voti. Lo precede solamente Lula del Pt con il 35% delle intenzioni di voto. Se lo scenario fosse confermato, Bolsonaro andrebbe al secondo turno potendo contare con il sostegno della destra e di una parte del centro. Nella testa di tanti brasiliani, però, Bolsonaro non va oltre il grottesco. Un personaggio talmente polemico da non poter sembrare credibile. È violento sia nelle dichiarazioni che nelle azioni ed è per questo motivo che una sua elezione sarebbe considerata una regressione per le conquiste dei meno abbienti. Al Duterte brasiliano poco interessa delle minoranze. Ecco perché ha già annunciato che ha intenzione di difendere solo le minoranze che considera «decenti»: le persone con disabilità fisiche, le persone con autismo e le persone con disabilità mentali. Negli ultimi anni ha subito una serie di denunce per le sue esternazioni di questo tenore.
- «Non ti stupro perché non te lo meriti», disse nel 2014 alla collega deputata Maria do Rosário, colpevole, secondo Bolsonaro, di aver criticato la dittatura militare. È accusato di apologia allo stupro dalla Corte Suprema.
- «È il giorno internazionale dei vagabondi», ha detto riferendosi alla giornata internazionale dei diritti umani. Secondo Bolsonaro, «i diritti umani sono difesi solo da criminali, stupratori, poco di buono e corrotti»
- «I gay non sono dei semi-dei. La maggior parte è frutto delle droghe».
- «I bambini adottati dalle coppie gay saranno violentati da queste coppie omosessuali». Bolsonaro è già stato condannato al risarcimento dei danni morali per le sue dichiarazioni omofobiche.
- «Che il suo mandato finisca oggi: con un infarto o di cancro», riferendosi alla fine politica dell’ex Presidente Dilma Rousseff.
- «Non esiste questo rischio perché i miei figli sono stati ben educati», rispondendo a una domanda su cosa farebbe se uno dei suoi figli si fidanzasse con una persona di colore.
Bolsonaro è già stato condannato o imputato per apologia al reato di tortura, per le sue dichiarazioni razziste, omofobiche e sessiste. È un candidato alla presidenza che promette «armi per tutti» e promuove un progetto di legge per abbassare l’età penale, in modo da poter “consegnare” alla giustizia i tanti minori coinvolti in attività illecite. Nonostante le posizioni fasciste, discriminatorie, violente e contro i diritti umani, Bolsonaro potrebbe disputare il Planalto fino al secondo turno. Le guerre delle favelas, ancor prima di essere fisiche, sono sociali. C’è una consistente parte della politica brasiliana che da anni vive alle spalle dei meno abbienti. Li taglia fuori dalla società, li umilia e li condanna pubblicamente. È una politica che non vuole un progresso diffuso, che considera superfluo il benessere delle fasce più povere. Che gli ultimi rimangano ultimi, che le guerre continuino fra i poveri e che non escano mai dalle favelas. Questo è ciò che desiderano alcune élite, che osservano il Brasile dall’alto in basso. Ma come cantavano Toquinho e Vinicius de Moraes in «Testamento», a guardar bene «Il buco è più in basso…che fossa, eh, amico mio, che fossa». («Pois é, amigo, como se dizia antigamente, o buraco é mais embaixo. … Que fossa, hein, meu chapa, que fossa»).
Questo articolo è la quarta puntata di un’inchiesta in quattro parti di Alfredo Spalla dedicata alle guerre che si combattono nelle favelas brasiliane. Per leggere la terza parte clicca qui.
@AlfredoSpalla
https://www.youtube.com/watch?v=AHRl3MGAZhY
https://www.youtube.com/watch?v=SBTXYav7eHg
Razzista, violento, sessista, promette «armi per tutti» e chiama «vagabondi» coloro che si battono per i diritti umani. Chi è il candidato alla presidenza, che è secondo nelle intenzioni di voto in Brasile