Il 31 luglio dovrebbe arrivare la firma dei membri della World Trade Organization (Wto) per un trattato globale sul rilassamento delle regole commerciali: alleggerire la burocrazia e rinunciare a misure protezionistiche per, dicono dal Wto, guadagnarci tutti. Una manciata di giorni fa l’India ha fatto marcia indietro, minacciando di far saltare un accordo storico da un trilione di miliardi.

La decisione ha colto di sorpresa gran parte degli osservatori, che non si aspettavano una presa di posizione così rigida e ricattatoria da parte indiana, specie con l’attuale governo Modi lodato per le politiche liberiste – per ora solo a parole – che tanto piacciono in Occidente.
Venerdì scorso invece, durante un meeting del Wto a Ginevra, il delegato indiano ha chiarito la non negoziabilità della posizione di Delhi: o ci mettiamo d’accordo anche per un rilassamento delle regole – e rispettive sanzioni – circa i sussidi nazionali e l’accumulazione di riserve di cibo, oppure noi facciamo saltare tutto.
In palio c’è un mega accordo attorno al quale si era costruito un consenso ampio al meeting di Bali del dicembre 2013 e che, secondo le proiezioni, sarebbe dovuto diventare operativo entro l’estate del 2015, generando una spinta negli scambi globali da 1 trilione di dollari e creando 21 milioni di posti di lavoro.
L’India, in continuità con le politiche di welfare tipiche dell’amministrazione del Congress, vuole svincolarsi dall’obbligo di non interventismo dello stato negli affari commerciali, contingenza che impedirebbe una calmierazione dei prezzi di alimenti primari sui quali si poggia il sistema di distribuzione del cibo alle classi disagiate. Il paese, ha spiegato il delegato Anjali Prasad, ha delle peculiarità uniche che devono essere prese in considerazione. Non si può lasciar fare tutto al Mercato, in sostanza, sennò a casa nostra non ce la facciamo.
La stampa indiana ha sottolineato come questo sbattere i pugni sul tavolo delle trattative risponda, a livello nazionale, al mantenimento delle promesse elettorali fatte da Narendra Modi ai contadini indiani, ai quali aveva garantito – sotto il governo del Bjp – un margine di profitto delle colture al 50 per cento. Aspetto che va ad aggiungersi probabilmente alla presa di coscienza della realtà: il mercato indiano, le infrastrutture e tutto il sistema agricolo non sono pronti ad affrontare la concorrenza mondiali deregolamentata senza la “protezione” e l’aiuto dello stato. Accumulare cibo – grano e riso, in particolare – aiuta Delhi a controllare i prezzi sul mercato interno, ricorrendo alle riserve in tempi di magra (come si prospetta ad esempio il futuro prossimo, con un monsone molto meno piovoso delle aspettative, che inevitabilmente influenzerà negativamente il raccolto): rinunciare a questo cuscinetto per assecondare gli altri membri del Wto, per l’India, significherebbe il suicidio.
In reazione allo stop delle trattative da parte indiana, 20 delegati del Wto hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui sono espressi i timori circa l’esito del ricatto indiano: se l’Organizzazione non sarà in grado di chiudere questo accordo, ci rimetterà non solo il mercato globale ma, soprattutto, la reputazione del Wto, rischiando di diventare un organismo incapace di regolare gli scambi e di fungere da mediatore tra le varie parti (paesi sviluppati vs paesi in via di sviluppo).
Mutatis mutandis, si ripropongono le stesse dinamiche che hanno portato alla creazione della banca dei Brics in contrapposizione alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale. L’India, dando voce ad alcuni paesi in via di sviluppo (sbagliato, lo spiego meglio qui) (secondo il Wall Street Journal la decisione indiana è stata accolta con favore da Bolivia, Venezuela e Cuba, tra gli altri) intende imporre la volontà degli “ultimi arrivati” sui colossi già consolidati nel mercato, una misura estrema per non farsi sbranare.
Il termine ultimo per la decisione è il 31 luglio e dalle parti del Wto l’aria si fa sempre più pesante.
Il 31 luglio dovrebbe arrivare la firma dei membri della World Trade Organization (Wto) per un trattato globale sul rilassamento delle regole commerciali: alleggerire la burocrazia e rinunciare a misure protezionistiche per, dicono dal Wto, guadagnarci tutti. Una manciata di giorni fa l’India ha fatto marcia indietro, minacciando di far saltare un accordo storico da un trilione di miliardi.