MAFIA BRASILIANA – È guerra aperta fra il PCC di San Paolo e il CV di Rio de Janeiro: in gioco il controllo delle carceri, del traffico di cocaina e di armi. Metodi sempre più sofisticati e uso della violenza, ecco come prende forma la nuova mafia brasiliana.
È domenica pomeriggio. I detenuti del penitenziario “Agrícola de Monte Cristo”, Boa Vista, sono impegnati nell’orario delle visite dei parenti. Un gruppo invade l’ala 12 del carcere, causando la morte di 10 persone: 7 vengono arse vive e 3 decapitate. Ci sono feriti e ostaggi fra i parenti. È l’inizio della guerra fra le più grandi organizzazioni criminali del Brasile: il PCC (Primeiro Comando da Capital), originario di San Paolo, e il CV (Comando Vermelho) di Rio de Janeiro. Poche ore dopo le prime 10 morti, se ne verificano altre 8 nel carcere di Porto Velho. Questa volta i detenuti muoiono per asfissia dopo una ribellione interna orchestrata per ammazzarli tramite le esalazioni tossiche dei materassi bruciati. Boa Vista è la capitale dello stato di Roraima, mentre Porto Velho si trova in Rondônia. In mezzo ci sono 1600 km di distanza e la fine di un’alleanza storica. Gli episodi, seguiti da altre tre sommosse, vengono subiti collegati dalle autorità. Le morti avvengono lontano da Rio e San Paolo, ma i motivi sono chiari. Il PCC (traducibile in italiano con Primo Commando della Capitale) ha fatto partire un messaggio dalla Penitenciária II di Presidente Venceslau, il carcere di massima sicurezza dov’è reclusa la cupola dell’organizzazione: il Comando Vermelho (Commando Rosso, ndr) si è alleato con i nemici del PCC, e dunque la pace è finita. L’ordine – scritto a mano e trasmesso via WhatsApp nei penitenziari dove esiste segnale di telefonia mobile – è inequivocabile. Il Pm Lincoln Gakiya, segretario del Gaeco (gruppo speciale per la lotta al crimine organizzato) di Presidente Prudente e autore della più grande denuncia mai presentata contro il PCC, spiega in esclusiva a East On Line questa nuova guerra fra organizzazioni criminali: «Il conflitto non si limita alle tensioni carcerarie, ma a una lotta territoriale per il controllo del traffico di droga negli Stati in cui la guerra si è intensificata». Il PCC, nato nel 1993 dopo il massacro del Carandiru come un’associazione che si batteva per i diritti dei detenuti, è oggi la più grande organizzazione criminale del Brasile, con ramificazioni internazionali. Conta 7285 membri in 27 stati nazionali e trasporta oltre 40 tonnellate di cocaina all’anno, guadagnando oltre 240 milioni di reais (70 milioni di euro), secondo le stime della rivista Época. Il Comando Vermelho, invece, è un’associazione più “tradizionale” che controlla la maggior parte delle favelas cariocas, e il leader è Fernandinho Beira Mar, vicino alle Farc colombiane e condannato a una pena di 370 anni. «Il PCC – spiega Gakiya – ha diffuso questo messaggio informando che la guerra è cominciata poiché il CV si è alleato con fazioni nemiche dell’organizzazione paulista come la FDN (Familia do Norte) presente in Amazzonia, il PGC (Primeiro Grupo Catarinense) di Santa Catarina, il Sindicato do Crime della regione del Maranhão e il Bonde dos Quarenta, radicato nel Rio Grande do Norte. La tendenza è che i conflitti si sviluppino negli stati del Nord e Nordest e anche nello stato di Santa Catarina». Le piccole fazioni del Nord e Nordest del Brasile si sono alleate al Comando Vermelho per evitare di soccombere finanziariamente al PCC. Ciò che preoccupa le autorità, però, è l’ascesa del Primeiro Comando da Capital come organizzazione mafiosa. Gakiya, massimo specialista in materia, la definisce come una “organizzazione criminale in stadio pre-mafioso”. L’unica differenza con la ‘Ndrangheta, ad esempio, è che questa fazione non riesce a riciclare il denaro proveniente dal traffico di armi e droga». In tutti gli altri campi, invece, il PCC «possiede caratteristiche tipiche di un’organizzazione mafiosa: struttura gerarchica piramidale, gestione redditizia di attività illegali, struttura imprenditoriale, previsione degli utili, uso di metodi violenti, codice di condotta e punizioni severe per le violazioni, corruzione di agenti pubblici, prossimità con le comunità e ripartizione dei compiti», spiega il segretario esecutivo del Gaeco di Presidente Prudente, comune di San Paolo vicino al confine con Paranà e Mato Grosso do Sul da cui parte la lotta all’organizzazione criminale paulista. Secondo le indagini del Pubblico Ministero, il PCC è attualmente presente in Paraguay, Bolivia, Argentina, Perù, Venezuela, Colombia e Guyana Francese. Nel 2006, durante una grave crisi di sicurezza pubblica, causò 564 morti. Gli strumenti giuridici, però, non sembrano essere all’altezza dell’evoluzione del crimine brasiliano. «Oggi, per esempio, i banditi si comunicano tramite WhatsApp. Praticamente non riusciamo a usare l’infiltrazione nelle carceri. In casi estremi, dovremmo pensare a un’alterazione legislativa basandoci sul carcere duro, come si fa in Italia, permettendo l’isolamento dei grandi leader con il mondo esterno e spezzando la catena di comunicazione», conclude Gakiya. Il Brasile è un paese chiave nello scacchiere del narcotraffico internazionale di cocaina e di armi. Conquistarlo integralmente sarebbe il grande colpo di una mafia in ascesa.
MAFIA BRASILIANA – È guerra aperta fra il PCC di San Paolo e il CV di Rio de Janeiro: in gioco il controllo delle carceri, del traffico di cocaina e di armi. Metodi sempre più sofisticati e uso della violenza, ecco come prende forma la nuova mafia brasiliana.