La storia delle Mamme di Maggio, i cui figli sono stati uccisi nei Crimini di Maggio del 2006 nello stato di San Paolo: 564 vittime delle ritorsioni fra polizia e organizzazioni criminali. Oltre 500 civili giustiziati con colpi alla testa; solo il 6% aveva precedenti. La Giustizia brasiliana non chiarisce, ma le Mamme di Maggio confidano nella Corte Interamericana dei diritti umani.
«È il Brasile che ha prodotto Mamme di Maggio, non abbiamo partorito i nostri figli perché fossero uccisi dallo Stato», accusa Débora Maria da Silva, fondatrice e anima del movimento “Mães de Maio”. È una delle “Madri di Maggio”, mentre suo figlio Rogério fa parte delle 564 persone uccise nel maggio 2006 nello stato di San Paolo, sud-est del Brasile. Molti civili furono giustiziati in uno degli episodio più cruenti (e dimenticati) della storia recente del Paese. Dieci anni dopo, il movimento delle «Mamme di Maggio» continua a cercare una risposta dalle autorità.
Per capire le rivendicazioni, però, bisogna ricostruire le tappe di quel periodo di terrore. Tra il 12 maggio e il 21 maggio del 2006 furono uccise 564 persone (505 civili e 59 agenti pubblici), mentre altre 110 furono ferite. Fu un’onda di violenza instaurata fra il PCC (Primeiro Comando da Capital, organizzazione criminale) e alcune fazioni della polizia brasiliana, che per ritorsione giustiziarono civili totalmente estranei ai fatti.
Tutto comincia il 12 maggio 2006, quando nelle carceri brasiliane si registrano varie sommosse nella settimana della Festa della Mamma. È il PCC che si ribella contro la decisione di trasferire 765 detenuti in un carcere di massima sicurezza di Presidente Venceslau. Fra questi c’è “Marcola”, il boss dell’organizzazione ormai definita “pre-mafiosa”. L’amministrazione penitenziaria dispone il trasferimento dopo aver constatato che i detenuti erano in contatto, tramite cellulare, con il Mondo esterno. La protesta si estende a 74 case di detenzione di tutto il Brasile, dove il PCC fa il brutto e il cattivo tempo. Inoltre, “Marcola” ha un conto in sospeso con una milizia della polizia, che avrebbe sequestrato il figlio nel 2005. Alcune frange delle forze dell’ordine e gruppi di sterminio trasferiscono il campo di battaglia nelle periferie delle città. Viene dichiarato il coprifuoco: è meglio non camminare, non prendere l’autobus, andare al supermercato o all’università. I negozi chiudono, mentre le strade restano deserte in attese di una sospensione dei diritti umani che dura quasi 10 giorni. Nei primi due giorni, il regolamento di conti registra la morte di 33 agenti e 51 civili. Ma la risposta della polizia arriva nei giorni seguenti: 454 civili e altri 26 agenti vengono assassinati. Uno studio della «Commissione speciale del consiglio della Difesa dei diritti umani» rivela che nel 60% dei casi le vittime sono state uccise con spari in testa. Il consiglio di medicina dello Stato di San Paolo (Cremesp) informa che l’87,42% degli spari è stato effettuato da una lunga distanza. Il 96% delle vittime è di sesso maschile, l’80% non aveva oltre i 35 anni, mentre più della metà era di colore. Il dato, a suo modo più triste, è che solo il 6% delle vittime aveva precedenti criminali. Il governo statale si riunisce con la cupola del PCC e – in una riunione negata fino a oggi – chiede ed ottiene la fine delle ostilità.
Dieci anni dopo, le «Mamme di Maggio» lanciano un libro per raccontare la propria tragedia. All’incontro nell’università di Giurisprudenza di San Paolo, sono presenti anche le mamme di altre vittime delle forze dell’ordine. «Renatinho aveva 21 anni, una moglie, un figlio e nessun precedente. È stato fermato da una macchina della polizia e percosso solo perché, in un primo momento, non ricordava il nome dei nonni. Era sotto stress. È uscito di casa alle 15.30, alle 18.04 l’hanno portato in ospedale e alle 18.21 hanno fatto la denuncia», racconta la signora Marcia, sua madre, mentre mostra a Eastonline un video in cui il figlio grida disperatamente. Nelle forti immagini, già fra gli atti del processo, i poliziotti lo schiacciano contro il marciapiede e lo pestano con violenza. Per i “crimini di maggio” sono stati condannati solo 2 persone: Alexandre André Pereira da Silva a 36 anni per 3 omicidi e Ronivaldo dos Santos Ribeiro, condannato a 6 anni dopo aver confessato di aver ucciso il civile Alex Trindade Secco. Sono entrambi poliziotti militari ed entrambi attendono la fine del processo in libertà. Le mamme di Maggio hanno portato il caso alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH http://www.corteidh.or.cr ) e all’OSA (Organizzazione degli Stati Americani, http://www.oas.org/fr/), sperando che – una volta varcati i confini brasiliani – sia riconosciuta la responsabilità dello Stato brasiliano negli omicidi del maggio 2006.
La storia delle Mamme di Maggio, i cui figli sono stati uccisi nei Crimini di Maggio del 2006 nello stato di San Paolo: 564 vittime delle ritorsioni fra polizia e organizzazioni criminali. Oltre 500 civili giustiziati con colpi alla testa; solo il 6% aveva precedenti. La Giustizia brasiliana non chiarisce, ma le Mamme di Maggio confidano nella Corte Interamericana dei diritti umani.