Gruppi di sterminio e scioperi. Fotografia della crisi economica e morale della polizia brasiliana
La polizia militare di Espírito Santo ha deciso di protestare per chiedere un adeguamento del salario, ma nello Stato è scoppiato il caos. Coprifuoco, corsa al cibo e soprattutto violenza: 147 morti in 10 giorni. E il grave sospetto che questi omicidi non siano dettati dal caso.

La polizia militare di Espírito Santo ha deciso di protestare per chiedere un adeguamento del salario, ma nello Stato è scoppiato il caos. Coprifuoco, corsa al cibo e soprattutto violenza: 147 morti in 10 giorni. E il grave sospetto che questi omicidi non siano dettati dal caso.
Adesso che la situazione nello Stato di Espírito Santo, sud-est del Brasile, sta tornando alla normalità, è possibile fare un bilancio dello sciopero indetto dalla polizia militare statale. La protesta, iniziata il 3 febbraio, ha lasciato segni pesanti dal punto di vista sociale: 147 morti violente in 10 giorni, 703 poliziotti sono stati messi sott’inchiesta per “ribellione”, mentre per 161 di loro è già stato chiesto il licenziamento. Intanto, il punto su cui urge fare chiarezza è chi sia stato a commettere questi omicidi. La Radio CBN, appartenente al gruppo Globo, sostiene, grazie a fonti federali, che i crimini siano da ricondurre a “gruppi di sterminio” formati da membri delle stesse forze dell’ordine. Lo scenario sarebbe ideale per dei regolamenti di conti. La polizia è in sciopero, il contingente è inadeguato e il caos prevale in gran parte dei centri abitati. Mancano i mezzi pubblici, i coprifuoco sono annunciati su whah’s app e le persone non si recano sul posto di lavoro spaventate per la loro incolumità. André Garcia, segretario della Sicurezza pubblica di Espírito Santo, aveva già affrontato la delicata questione: «Esiste un dipartimento che sta investigando i casi degli ultimi giorni. Se dovesse essere riscontrata la partecipazione di poliziotti, questi smetteranno subito di esserlo per divenire dei criminali. E saranno trattati come tali», ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa.
La crisi della polizia è grave da qualsiasi punto la si voglia analizzare. È economica, è morale ed è strutturale. Lo sciopero è iniziato con una semplice rivendicazione: adeguamento degli stipendi. L’associazione degli ufficiali militari sostiene che il salario di un poliziotto di Espirito Santo sia di 2.646,12 reais (800 euro), mentre la media nazionale è di 3.980 reais (1204 euro). Le forze dell’ordine chiedono inoltre che vengano riconosciute le indennità di rischio, l’adeguamento dello stipendio all’inflazione e altri benefit finora ignorati. «Abbiamo il peggior salario del Brasile», dicono i manifestanti. Il governo, invece, nega i dati, sostenendo che con il 15% riconosciuto per i turni speciali, la polizia sia al decimo posto nella classifica delle retribuzioni nazionali. Il contingente dello Stato è di 10.000 unità, ma negli ultimi giorni solamente 2000 pattugliano, a turni, il territorio. Il governo federale ha cercato di arginare la situazione inviando l’esercito, ma si tratta di una soluzione temporanea.
La crisi è morale, poiché il sospetto che pende sulle forze dell’ordine è di natura gravissima. I gruppi di sterminio, formati da poliziotti, non sono una novità nella contorta struttura sociale brasiliana, ma che questi si giovino di uno sciopero dei colleghi per agire è al limite del paradossale. La crisi è infine strutturale ancor prima che politica. Nel 2010, la spesa pubblica per la sicurezza era del 9%, mentre nel 2016 è salita al 14%. L’anno scorso Espírito Santo è stata l’unica regione brasiliana in cui non si sono verificati omicidi in carcere, mentre negli ultimi 5 anni le unità di Polizia Civile sono cresciute del 50%, essendo la maggior parte di queste impiegate in casi di omicidi. Lo Stato, per quanto possibile, ha investito nella sicurezza locale, ma senza migliorare le condizioni di lavoro della polizia militare.
Gli analisti si chiedono ora se non sia il caso di procedere con la demilitarizzazione della polizia brasiliana. Il grosso del lavoro spetta alle forze militari, non a quelle civili. Secondo alcuni è proprio l’eredità militare a rendere le forze dell’ordine così violente e inadeguate, mentre secondo altri è il rigore militare a proteggerli nelle situazioni più pericolose. La polizia militare, in teoria, non potrebbe scioperare, per questo l’escamotage in Espirito Santo è stato quello di porre i familiari come “blocco” per impedirne l’uscita dai quartieri generali. Una recita poco credibile. Il problema è poi il codice disciplinare autonomo della polizia militare: in molti passaggi risale all’epoca della dittatura. Si viene puniti per “non aver fatto la barba” o per “non aver omaggiato un superiore cedendogli il posto sull’autobus”. La discussione è complessa, perché si tende a far coincidere il concetto di militarizzazione con quello di una struttura dittatoriale. Il punto, però, è ben più alto: la polizia militare brasiliana, spesso, non agisce correttamente. Questo è un problema economico, morale, politico o strutturale? In Espirito Santo, e in tante altre realtà del Paese, si cerca una risposta rapida ed efficace.
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