Dopo lo stato di fermo di mercoledì scorso e l’apertura di un’inchiesta per « apologia di terrorismo » in seguito alla pubblicazione su facebook, all’indomani della strage, della frase « Mi sento Charlie Coulibaly » (l’udienza davanti al tribunale di Parigi è prevista per il 4 Febbraio prossimo) il controverso umorista di origini camerunensi Dieudonné è stato condannato dal Tribunale di Parigi a pagare una multa di 6.000 euro per aver lanciato in rete nel 2013 una raccolta di fondi per pagare multe ricevute in seguito ad altri processi in cui il comico era stato condannato.

La legge francese in effetti punisce il fatto di aprire sottoscrizioni che abbiano come oggetto una raccolta di fondi per il pagamento di multe ottenute in seguito a condanne giudiziarie. Dieudonné era stato recentemente condannato a pagare 28.000 euro dalla Corte d’Appello di Parigi, dopo un processo per diffamazione, ingiuria e incitamento all’odio e alla discriminazione razziale, in merito alla parodia di una canzone in chiave antisemita. Ma quest’ultima condanna di Dieudonné, subito dopo la strage, ha fatto colare molto inchiostro.
Intanto Dieudonné, va detto, ama provocare e già diversi suoi spettacoli sono stati bloccati per incitamento all’odio razziale e antisemitismo. Ora però la questione Dieudonné fa discutere.
Perché i suoi propositi vengono bloccati e quelli di Charlie Hebdo no? La libertà di stampa e di espressione in Francia ha dei limiti ? E quali sono ? Il problema è nella legislazione francese che non riconosce il delitto di blasfemia ma che punisce l’antisemitismo, il razzismo e l’odio etnico o religioso. All’interno della legge sulla libertà di stampa del 1881 esistono alcune restrizioni concernenti la protezione della persona (vita privata, onore, presunzione d’innocenza), altre riguardano il divieto di insultare e diffamare una persona per le sue origini, religione, orientamento sessuale o perché portatrice di un handicap. E’ ugualmente vietato contestare fatti storici riconosciuti come la Shoah.
La questione di Charlie Hebdo è invece diversa e l’ha spiegata il primo ministro Valls. Davanti alla reazione veemente delle autorità musulmane in seguito alla pubblicazione delle caricature su Maometto, considerate blasfeme, Valls ha ricordato che il delitto di blasfemia non è contemplato nel diritto francese « e non lo sarà mai ». Del resto Charlie Hebdo era stato trascinato in tribunale già all’indomani della pubblicazione delle prima caricature nel 2006 per « ingiuria verso un gruppo di persone in ragione della loro religione » ma verrà assolto. C’è poi un’altra questione, spinosa, a rendere il profilo di Dieudonné ancora più sensibile. Il comico non si limita all’umorismo ma ha appena fondato un partito con il ‘nazional socialista alla francese’ Alain Soral, personaggio dell’estrema destra francese, già condannato più volte per incitamento all’odio e alla discriminazione razziale. Nell’entourage di quest’ultimo si segnala pure l’accademico negazionista Robert Faurisson, condannato più volte per aver contestato crimini contro l’umanità e per aver negato l’esistenza delle camere a gas. Dieudonné è dunque un personaggio pubblico e le sue affermazioni vengono lette attraverso questa duplice ottica (giuridica e politica). Ma se il discorso è più o meno chiaro dal punto di vista teorico, dal punto di vista pratico, ovvero della convivenza e delle reazioni, è tutto molto più difficile perché la Francia ha una forte comunità musulmana che all’indomani della strage ha condannato sì gli attacchi ma si è discostata nettamente dalla linea editoriale del giornale satirico. « Je ne suis pas Charlie » hanno scandito molti di loro che hanno rifiutato l’amalgama tra Islam e terrorismo e ugualmente la violenza visiva delle caricature di Charlie Hebdo. La legge di un paese che fa del laicismo la sua vera fede non contempla infatti un quadro giuridico che tenga conto della sensibilità religiosa dell’Islam di Francia.
@marco_cesario
Dopo lo stato di fermo di mercoledì scorso e l’apertura di un’inchiesta per « apologia di terrorismo » in seguito alla pubblicazione su facebook, all’indomani della strage, della frase « Mi sento Charlie Coulibaly » (l’udienza davanti al tribunale di Parigi è prevista per il 4 Febbraio prossimo) il controverso umorista di origini camerunensi Dieudonné è stato condannato dal Tribunale di Parigi a pagare una multa di 6.000 euro per aver lanciato in rete nel 2013 una raccolta di fondi per pagare multe ricevute in seguito ad altri processi in cui il comico era stato condannato.