Non so se per assuefazione o per una scena internazionale oggettivamente sempre più complicata, ma temo sia in parte sfuggito quello che è successo in Turchia in questi giorni.
Si è ‘semplicemente’ dato vita a un nuovo ordine costituito, l’ennesima fase della ‘nuova Turchia’, fatto di un uomo solo al comando, ma quello c’è già da un po’, immunità parlamentari sospese e nuovi investimenti su determinati settori produttivi che non lasciano ben sperare sul futuro della regione.
Tutto è iniziato con il siluramento del premier Ahmet Davutoglu, all’inizio di maggio. L’ex primo ministro è stato sostanzialmente accompagnato alla porta dopo aver fatto capire al presidente Recep Tayyip Erdogan che non poteva più dettargli la sua linea, anche perché impedito dalla legge. L’ex ministro degli Esteri forse pensava di poter fare veramente il capo del governo, il problema è che non era quello il ruolo che Erdogan aveva realmente pensato per lui.
Quindi, quando Davutoglu si è rifiutato di fare il semplice prestanome e ha iniziato a far capire che aveva visioni diverse sui rapporti con l’Europa e soprattutto sulla gestione della situazione di estrema tensione con i curdi, è stato nemmeno troppo gentilmente accompagnato alla porta.
Il presidente Erdogan prima gli ha ricordato che tutto quello che aveva lo doveva a lui e l’Akp, dove Davutoglu non aveva una sua corrente di riferimento, non vedeva l’ora di farne carne da macello.
Al suo posto, domenica 22 maggio, è stato eletto Binali Yildirim, per anni ministro dei trasporti, sufficientemente fedele e innocuo da non impensierire il Capo dello Stato, che in questo momento ha altre priorità, due soprattutto. La prima è la riforma costituzionale in senso presidenziale, che gli accorderà, anche per legge, poteri pressoché illimitati. La seconda è una vera e propria nuova agenda economica, che avrà l’industria di difesa a ricoprire un ruolo cardine. Segno che la Turchia che vorrebbe essere uno degli attori principali della politica mediterranea è pronta a perseguire questo obiettivo in forme diverse.
Intanto nel Paese si cerca di togliere di mezzo chiunque possa opporsi a questo disegno. Va collocata in questo senso la sospensione temporanea dell’immunità parlamentare per 138 deputati, soprattutto curdi e repubblicani, con il leader curdo, Demirtas, che potrebbe essere coinvolto in 77 procedimenti giudiziari diversi.
Molte località del sud-est sono state rase al suolo dalla guerra fra l’esercito e il Pkk, sempre meno intenzionato a risolvere politicamente i problemi della minoranza.
Un’escalation che da tempo non ha più alcun freno, dove ormai è diventato persino difficile pensare a cosa possa succedere ancora.
Non so se per assuefazione o per una scena internazionale oggettivamente sempre più complicata, ma temo sia in parte sfuggito quello che è successo in Turchia in questi giorni.
Si è ‘semplicemente’ dato vita a un nuovo ordine costituito, l’ennesima fase della ‘nuova Turchia’, fatto di un uomo solo al comando, ma quello c’è già da un po’, immunità parlamentari sospese e nuovi investimenti su determinati settori produttivi che non lasciano ben sperare sul futuro della regione.