Una scena di un vecchio film irlandese, “The Field”, si adatta alle due facce del nuovo miracolo economico nella Repubblica d’Irlanda: in un villaggio degli estranei vogliono acquistare un terreno che Richard Harris, “The Bull”, considera proprietà della sua famiglia ed un barman gli rimprovera di confondere vecchi e nuovi occupanti (“Gli inglesi se ne sono andati”). Harris ribatte, accigliato: “andati, perchè io li ho mandati via… andati, ma non dimenticati”.
Sostituendo le parole “stranieri” e “inglesi” con “austerità” e “diseguaglianza”, il barman ed il vecchio Harris discuterebbero proprio come chi in Irlanda festeggia il ritrovato status di economia UE con la crescita più rapida e chi ne subisce le asimmetrie.
Nello stesso modo, mentre i notiziari stanno ancora accogliendo la “A” restituita il 5 dicembre 2014 da S&P e le altre promozioni (la A- di Fitch) ed il calo della disoccupazione dal quattordici a poco più del dieci per cento in due anni e mezzo, gli effetti persistenti dello sconvolgimento economico acuiscono la consapevolezza che i costi pubblici irrecuperabili della crisi bancaria – calcolati da Patrick Honohan, governatore della banca centrale irlandese, in quaranta miliardi – sono risorse in meno per allieviare sacrifici aggiuntivi che la ripresa esige: aumenti fino al quaranta per cento dei prezzi degli immobili in varie zone di Dublino negli ultimi diciotto mesi, i tagli alla sanità ed un innalzato costo della vita.
L’affermazione che l’introduzione della bolletta dell’acqua da parte del governo di “Fine Gael” (Liberali) e “Labour” (Centrosinistra) abbia sortito l’effetto dell’ultima goccia non è solo un gioco di parole: il 9 febbraio è stato fermato dalla polizia Paul Murphy, deputato del “Socialist Party” assieme a tre consiglieri comunali della “Anti-Austerity Alliance”, poi interrogati sulle proteste del 15 novembre 2014 a Jobstown, dove la “Tánaiste” (vicepremier) Joan Burton restò intrappolata in auto dai manifestanti. Ci sono stati vari episodi di resistenza fisica all’installazione dei contatori dell’acqua: il 13 febbraio dei tecnici sono stati aggrediti alle “Liberties”, un quartiere popolare della capitale, le autorità hanno anche reso noto che lo stesso giorno circa cinquecento dimostranti si sono radunati intorno alla stazione di polizia della periferia cittadina di Tallaght, protestando contro venti arresti collegati alla vicenda di Jobstown sopra citata.

Ruth Coppinger (Socialist Party) ha dichiarato alla Tv pubblica RTE che la gente non comprenderà perchè gli speculatori che hanno danneggiato l’economia non siano stati prelevati alle sei di mattina (sempre il 9 febbraio è emerso che 350 irlandesi sono titolari, nella filiale svizzera della HSBC, di account per più di tre miliardi di euro sottratti al fisco). La decisione di rendere sostenibile il sistema idrico è più prosaicamente, per il movimento di massa “Right2Water”, l’avvio di una privatizzazione a tappe, così l’enorme ondata di malcontento per le bolle finanziarie si riversa contro l’esecutivo del Fine Gael e sommerge il Labour: partiti che alle politiche del 2011 avevano sloggiato dal governo il Fianna Fáil, ma che poi nelle europee del 2014 sono stati ridimensionati.
Le proteste in difesa dell’acqua pubblica stanno avvicinando tra loro i repubblicani dello “Sinn Féin” (la sinistra nazionalista) ed i trotzkisti (il “Socialist Party”, da sempre forte a Dublino), gli indipendenti civici (autori di un exploit alle europee) e gruppi quali il “People Before Profit” (cresciuto con i movimenti come “Occupy Wall Street”). Tutte queste opposizioni non si candideranno mai insieme, ciò non impedisce a molti attivisti di lasciare il Labour e scrivere fuori dalle proprie case “no way we won’t pay” (il registro dell’azienda pubblica “Irish Water” è rimasto mezzo vuoto, nonostante le insistenze perchè gli utenti si iscrivano) e lo Sinn Féin, schierato nella UE con la sinistra unita Gue-Ngl, già alle europee ha raddoppiato i consensi, raggiungendo FF e FG e superando il Labour. Sull’acqua il governo ha fatto varie marce indietro, dal dover assicurare che non ci sarà mai una privatizzazione al garantire un livellamento delle tariffe: quindi addio rientro certo di fondi per i bilanci correnti.
Due fenomeni di segno opposto stanno emergendo con forza, rendendo la società irlandese un terreno impervio per i partiti tradizionali: da una parte gli investimenti diretti dall’estero salgono e viene rinnovato l’accesso al credito, ma allo stesso tempo la contrazione della spesa pubblica morde più che mai, un rapporto Unicef ha registrato ad ottobre un aumento record nel tasso di povertà tra i minori (dal 18 al 28 per cento tra 2008 e 2012, una regressione di dieci anni, superata soltanto dal salto all’indietro di quattordici anni rilevato per lo stesso periodo in Grecia) e la diffidenza verso una ripresa secondo molti confinata ai monitor degli operatori di borsa è aggravata dalle 37,000 famiglie che non riescono a ripagare il loro mutuo. Secondo dati della “Irish Mortgage Holders Association”, le stime che registrano una diminuzione di quanti sono indietro di novanta giorni con le rate non tengono conto di coloro indietro di più di due anni, con media di 45,000 euro a mutuo, quasi due miliardi di debiti e 150,000 persone a rischio di finire per strada: se è vero, come ripete l’inchiesta in atto sulla crisi bancaria (ed emerso anche dalla audizione del 18 febbraio 2015 presso l’Oireachtas – il Parlamento irlandese – del Direttore Generale agli Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea Marco Buti e dell’ex vicedirettore del Fondo Monetario Internazionale Donal Donovan), che l’artificiale rigonfiamento dell’economia tra 2002 e 2007 distribuì benefici nella società irlandese, è indubbio anche che alcune parti di quest’ultima stanno ripagando quella “bolla” in modo particolarmente doloroso.
Non stupisce quindi che, dopo l’abbuffata della tigre celtica e la dieta dell’austerity, ci sia voglia di insalata greca: nelle ultime settimane si vedono spesso per strada a Dublino manifesti con Alexis Tsipras, piazzati dagli attivisti del Socialist Party, del People Before Profit, dall’Anti-austerity Alliance, dai sindacati e da comitati di quartiere, e se all’indomani del voto ellenico Gerry Adams (Sinn Féin) ha telefonato al nuovo premier greco a nome della sinistra repubblicana, uno dei più popolari senza partito, Shane Ross, ha twittato “Viva Syriza”, alimentando l’impressione che “austerity alla tedesca” e tasse sui servizi facciano tutt’uno nelle impressioni di parte della popolazione, spingendo ormai anche molti candidati civici vicino alle sinistre repubblicana e movimentista. Per quanto un’ampia alleanza di sinistra radicale in Irlanda non sia ancora una ipotesi consistente, è caldeggiata da cinque sindacati che rappresentano più di centomila lavoratori e che vogliono rendere inevitabile – in ogni possibile coalizione di Centrosinistra – impegni chiari su acqua pubblica, diritto all’abitazione e diritti dei lavoratori: i legami con la nuova sinistra eurocritica sono resi evidenti dal progetto di questi sindacati di organizzare una grande conferenza a maggio, evento cui sono stati già invitati rappresentanti del partito greco “Syriza” e di quello spagnolo “Podemos”.
Una scena di un vecchio film irlandese, “The Field”, si adatta alle due facce del nuovo miracolo economico nella Repubblica d’Irlanda: in un villaggio degli estranei vogliono acquistare un terreno che Richard Harris, “The Bull”, considera proprietà della sua famiglia ed un barman gli rimprovera di confondere vecchi e nuovi occupanti (“Gli inglesi se ne sono andati”). Harris ribatte, accigliato: “andati, perchè io li ho mandati via… andati, ma non dimenticati”.