Il postcolonialismo è finito, ma la Francia non resiste al richiamo perenne dell’Africa.
Sono decenni che la Francia non era impegnata in due interventi militari contemporanei in Africa. Con l’operazione Serval in Mali, iniziata nel gennaio 2013, e quella battezzata Sangaris nella Repubblica Centrafricana, lanciata all’inizio di dicembre, Parigi ha spettacolarmente riaffermato la sua presenza sul continente.
A un anno dall’intervento sono ancora impegnati nel Mali circa 2.500 soldati. Altri 1.600 sono stati mandati a Bangui, la capitale centrafricana. Il Presidente socialista, François Hollande, ha tuttavia insistito che le operazioni costituirebbero una rottura netta rispetto alle politiche del passato. Hollande cercava di respingere lo spettro della cosiddetta “Françafrique”, cioè la politica postcoloniale con cui Parigi manteneva una forma di tutela sui suoi ex possedimenti africani tramite il sostegno ai potentati locali, spesso antidemocratici.
Nel corso della sua conferenza stampa d’inizio anno all’Eliseo, il Presidente è stato esplicito: “Voglio porre fine alla politica francese nell’Africa centrale, dove la Francia ha fatto e disfatto i presidenti di quei paesi. Tutto questo è finito! Ciò che voglio è proteggere le popolazioni”.
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Il postcolonialismo è finito, ma la Francia non resiste al richiamo perenne dell’Africa.
Sono decenni che la Francia non era impegnata in due interventi militari contemporanei in Africa. Con l’operazione Serval in Mali, iniziata nel gennaio 2013, e quella battezzata Sangaris nella Repubblica Centrafricana, lanciata all’inizio di dicembre, Parigi ha spettacolarmente riaffermato la sua presenza sul continente.