Dopo aver seminato morte e terrore nei mesi scorsi a Bamako e a Ouagadougou, i qaedisti africani ieri sono tornati a colpire a Grand Bassam, 25 miglia a est di Abidjan, la capitale economica della Costa D’Avorio.
L’attacco è avvenuto nel fine settimana, quando la località turistica si riempie di gente e dalle prime testimonianze sembra che la sparatoria sia durata un’ora e mezza, forse un paio d’ore, nel corso delle quali sotto i colpi dei fanatici islamisti sono caduti 14 civili, quattro dei quali europei (tra cui un francese e un tedesco), due agenti delle forze speciali ivoriane e i sei terroristi che hanno operato l’attacco.
Un ufficiale militare ha raccontato a Le Monde, che i jihadisti erano tutti giovani sulla trentina ed esigevano che le loro vittime urlassero Allah Akbar (Dio è grande), prima di sparargli, mentre loro stessi continuavano ad invocare il nome di Allah.
La dinamica dell’attentato ricorda da vicino quella della carneficina consumata nel giugno scorso nei pressi di Sousse, nel golfo di Hammamet in Tunisia. Infatti, anche questa volta i terroristi armati di Kalashnikov sono arrivati dalla spiaggia e hanno cominciato a sparare all’impazzata davanti all’arenile di due alberghi, l’Etoile du Sud e la Paillote.
La rivendicazione pubblicata sul sito mauritano Al Akhbar è arrivata da al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI) e contrasta con la dichiarazione ufficiale del governo ivoriano che conferma l’uccisione di “sei terroristi”, mentre AQIM afferma che solo “tre eroici cavalieri di al Qaeda nel Maghreb islamico” sono stati coinvolti nell’aggressione.
Nel breve testo con cui il gruppo jihadista si attribuisce la responsabilità dell’attentato viene esplicitamente spiegato che ad operare l’attacco sono stati la Katiba al Morabitoun e i mujaheddin dell’Emirato del Sahara.
I due gruppi,che sembrano ormai essere diventati le forze speciali del jihadismo in Africa, sono guidati dal super ricercato terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar, che ha fondato al Mourabitoun nell’agosto 2014, e da Yahya Abu Hamman, anch’egli algerino e ritenuto dall’intelligence americana una figura di spicco tra le formazioni jihadiste operative nel Sahel e in Africa nord-occidentale.
Le due emanazioni di AQIM sono state responsabili di altri attacchi simili nella regione. Nel mese di gennaio i miliziani di al Murabitoun avevano colpito a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, prendendo d’assalto il bar-ristorante ‘Le Cappuccino’ e gli hotel ‘Splendid’ e ‘Yibi’. Negli attacchi persero la vita 29 persone, di 18 diverse nazionalità, tra le quali anche un bambino italiano di nove anni.
Nello scorso novembre, i mujaheddin dell’Emirato del Sahara e al Murabitoun avevano anche attaccato nella capitale del Mali Bamako. E pure in quest’occasione i jihadisti hanno preso di mira un albergo, il ‘Radisson Blu’, dove hanno ucciso 22 civili e preso170 persone in ostaggio, prima di essere uccisi in un raid condotto dalle forze speciali maliane.
Peraltro, già nell’agosto e nel marzo dello scorso anno, al Morabito un aveva agito in Mali assaltando nell’ordine il ristorante ‘La Terrasse’ di Bamako, dove avevano perso la vita cinque persone, tra cui un francese e un belga, e l’hotel ‘Byblos’ nella città di Sevare, dove rimasero uccise 17 persone.
Tra tutti questi attacchi, quello dello scorso novembre a Bamako ha segnato l’integrazione ufficiale di al Mourabitoun in AQIM, che il 4 dicembre ha confermato la fusione del gruppo nei suoi ranghi tramite un messaggio audio del leader Abdelmalek Droukdel.
Una prima analisi dei fatti conferma quanto spiegato dal ricercatore dell’ISPI Andrea de Giorgio, secondo cui tutte queste sigle del neo-jiahdismo saheliano, diretta emanazione delle organizzazioni islamiste che hanno operato nella guerra nel nord del Mali, non puntano più al controllo di grandi territori e agglomerati urbani, ma ad azioni circoscritte in cui piccoli commando di 3-4 kamikaze portano a termine attentati terroristici altamente destabilizzanti.
L’ennesima strage del terrorismo islamista in Africa occidentale è foriera di altri segnali, primo tra i quali che gli occidentali sono il bersaglio, insieme ai locali, dei qaedisti africani, che con i loro attacchi ravvicinati dimostrano di essere in aperta competizione con lo Stato Islamico, marcando il territorio con gli stessi metodi.
Una sfida aperta che ha visto Daesh mettere in discussione il monopolio di al Qaeda nella regione e proclamare variewilayat (province) in diverse zone dell’Africa, sebbene il gruppo di al-Baghadadi sembra averattenuato la sua forza di spinta verso il Grande Maghreb, incagliato nel pantano libico.
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