
Questa è la storia di una scalata quasi impossibile, ma completata. È la storia di un piccolo manipolo di giornalisti ed esperti di social media che nell’epoca più nefasta per il giornalismo italiano ha provato a riportare un po’ di ordine laddove non c’era. Questa è la storia dei miei due anni come direttore responsabile di eastwest.eu, dato che domani non lo sarò più.
Quando mi contattarono per assumere la direzione editoriale, e poi responsabile di fronte alla legge, di eastwest.eu, la sfida era enorme. Gestire un giornale di geopolitica, in Italia, negli anni più neri del giornalismo, fra pubblicità mancanti, informazione sempre più dozzinale e tanta, troppa, approssimazione? Un folle, forse, avrebbe accettato. E dato che un minimo di follia nella vita bisogna averla, io ero quel folle. Che poi quale era la follia? Pensare che un giornale deve raccontare i fatti, e non solo le opinioni? Pensare che i lettori vengono prima dei click? Pensare che le analisi sono più significative delle notizie riciclate dalle agenzie di stampa? Pensare che è meglio riflettere di fronte a un attentato prima di pontificare sui mandanti di quella strage? Pensare che sui social media non vince chi urla di più ma chi ha contenuti di qualità migliore? No, questa non è follia. Questo si chiama giornalismo.
Io e quel manipolo di giornalisti abbiamo fatto qualcosa di grande in questi due anni. Il nostro compito era quello che spettava al Signor Wolf, alias Harvey Keitel, in quello spettacolare film di Quentin Tarantino chiamato Pulp Fiction. Dovevamo risolvere problemi. Dovevamo ricostruire una fiducia fra noi e i nostri lettori. E non avevamo lettori comuni. I nostri erano attenti, puntigliosi, mai caciaroni. Una sfida che abbiamo accolto con le maniche delle nostre camicie tirate su e con il cuore pieno di speranza di poter ricostruire qualcosa, la fiducia. Ci siamo rinnovati, da un punto di vista stilistico e grafico, e abbiamo sperimentato, osando, nuove tecniche giornalistiche. Articoli più lunghi – quelli che in molti definiscono inadeguati all’internet di questi anni -, analisi più approfondite, la decisione di non seguire il flusso quotidiano delle notizie in modo così perentorio – perché è meglio cercare di trovare la seconda faccia della medaglia, e pure la terza e la quarta, di una storia prima di pubblicarla. Quello che abbiamo fatto in questi anni è quanto mi e ci è stato insegnato in un decennio di professione.
Ma ora è arrivato il momento in cui eastwest.eu deve diventare più grande. Lo svezzamento e la progressiva crescita educativa sono terminate ed è ora che un’altra persona la conduca fuori dall’università. E sarà più semplice, ora che la connessione coi lettori, la fiducia con essi, si è ricostituita. Ricordiamo ancora oggi quella giornata incredibile e tragica che distrusse molte certezze. Stiamo parlando dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo. Decidemmo di pubblicare un’analisi volutamente dopo la marcia. Non perché siamo snob, o perché volevamo sembrare controcorrente. Perché siamo giornalisti, e volevamo che più o meno tutti i tasselli fossero al loro posto. Volevamo avere la certezza di quello che stavamo scrivendo. Volevamo che non ci fossero rettifiche da fare. Una scelta assurda, considerando la velocità con la quale si diffondono informazioni vere e false sul web? Secondo molti sì, secondo noi no. Proprio perché le notizie possiamo averle ovunque, e dovunque, il nostro ruolo doveva essere quello di dirimere più dubbi possibili al lettore. E così abbiamo sempre fatto in questi ultimi anni. Prima ragioniamo, poi scriviamo.
Il lettore, appunto. Lui era e resta al primo posto. Non ci è interessato quale fosse la sua estrazione sociale, o quante lauree avesse. Abbiamo sempre pensato che se veniva a informarsi da noi, doveva avere un contenuto editoriale tendente al meglio. E se questo richiedeva l’attesa di uno o due giorni prima dell’evento in sé, meglio per il lettore, capace di formarsi un’opinione più corretta e precisa. Un ragionamento contro-intuitivo, per molti, ma non per noi. Ecco perché ho scritto che condurre eastwest.eu è stato come scalare una montagna. Perché lo è stato. Fra fake news, velocità del flusso delle agenzie, scarsa fiducia fra giornalisti e lettori, razionalizzazione dei costi (e quindi della qualità complessiva), strumentalizzazioni politiche e tensioni geopolitiche in corso, è stato proprio così.
La nota più positiva è quel piccolo manipolo di giornalisti ed esperti di social media, in questi due anni, è riuscita ad arrivare in vetta. Insieme, e non era scontato, ai lettori. A volte li abbiamo dovuti sostenere noi, altre viceversa. L’importante, però, era il completamento di un percorso, insieme. Di questi tempi, eastwest.eu può contare non solo su una base di lettori fedeli e stimolanti, ma anche su una presenza importante nel panorama italiano. Sempre di questi tempi, è qualcosa di andarne fieri. Noi, tutti insieme, lo siamo. E speriamo che lo siano anche i lettori che continueranno a leggere eastwest.eu per comprendere al meglio cosa succede in questo mondo che pare non avere una bussola.
@FGoria
Questa è la storia di una scalata quasi impossibile, ma completata. È la storia di un piccolo manipolo di giornalisti ed esperti di social media che nell’epoca più nefasta per il giornalismo italiano ha provato a riportare un po’ di ordine laddove non c’era. Questa è la storia dei miei due anni come direttore responsabile di eastwest.eu, dato che domani non lo sarò più.