La campagna anti corruzione di Xi Jinping gli stava per costare un colpo di Stato, rivela una testata di Hong Kong. Notizia da prendere con le molle. Di certo le epurazioni inquietano i vertici del’Esercito, che non si rassegnano alla nuova era
Lo scorso settembre su eastwest.eu avevamo ricordato le tante nomine che Xi Jinping stava effettuando al vertice delle forze armate, per compensare i generali fatti fuori dalla campagna anti corruzione. La situazione nord coreana, si diceva, imponeva uno scarto dell’esercito, complici anche alcuni militari caduti in disgrazia. Avevamo anche accennato alla possibilità che il potente Fang Fenghui fosse stato messo sotto indagine.
Il 9 gennaio il generale – 66enne e potentissimo, perché ex capo dello Stato maggiore congiunto cinese e membro della Commissione militare centrale – è stato ufficialmente posto agli arresti e formalmente incriminato per corruzione.
Feng di recente aveva avuto molta notorietà, perché comparso nelle foto dell’incontro di Xi Jinping con Trump in Florida e perché aveva incontrato a Pechino il più alto ufficiale delle Forze armate Usa, il capo dello Stato maggiore congiunto Joseph Dunford; al termine del loro incontro si era anche concluso un accordo per la consulenza reciproca nell’eventualità di crisi navali nella penisola coreana. Nella veste di capo dello Stato maggiore congiunto cinese, Fang era considerato il responsabile della pianificazione militare, delle operazioni di combattimento e dell’intelligence militare. Tanto che si parlava, per lui, di una promozione.
Invece è arrivata l’incriminazione ufficiale. Non solo, perché mentre a novembre dello scorso anno si era suicidato il generale 66enne Zang Yang Zhang, pochi giorni fa è cominciata a girare la voce che anche Fan Changlong, 70 anni, vice presidente in carica della Commissione militare centrale, sarebbe sotto inchiesta fin dalla fine di dicembre. Ancora più rilevante il fatto, se consideriamo che Fan è stato parte del Politburo del partito dal quale si è ritirato solo lo scorso ottobre in occasione del diciannovesimo congresso del Partito.
I media di Hong Kong si sono scatenati, perché queste epurazioni dipendono da altre appena effettuate e perché scardinano ancora una volta quel complesso sistema di alleanze e fazioni che caratterizza la politica cinese. I generali colpiti dalla scure di Xi – infatti – avevano proseguito con la gestione delle carriere nell’ambito militare attraverso mazzette e tangenti come accadeva in passato, ma avrebbero anche “lavorato” contro lo stesso presidente Xi Jinping.
Secondo il quotidiano dell’ex colonia britannica Ming Pao (che come tanti altri media di Hong Kong oscilla tra clamorosi scoop e tremebonde bufale) “durante una cena con la famiglia dell’ex vice presidente della Commissione militare centrale Guo Boxiong al Minzu Hotel di Pechino, il generale Fang Fenghui avrebbe proclamato: “Ucciderò con un solo colpo chiunque osi rimuovere la vecchia classe dirigente”.
Tra l’altro Guo Boxiong e Xu Caihou sono stati i primi due “papaveri” dell’esercito (soprannominati Leone del Nordovest il primo e Tigre del Nordest il secondo) a finire tra le grinfie di Xi. Sul primo avevamo dato conto della sua condanna all’ergastolo su eastwest.euastwest.eu, il secondo invece era stato indagato nonostante una malattia lo stesse uccidendo; la morte poi sarebbe arrivata nel marzo 2015.
Ebbene, secondo le indagini partite da questi due potenti militari, si era addirittura arrivati a scoprire un tariffario che permetteva l’avanzamento o meno delle carriere da parte dei militari: quella al grado di maggiore generale, ad esempio, costava tra i 5 e i 10 milioni di yuan (tra 778 mila e 1,55 milioni di dollari). La promozione al rango di tenente generale, invece, costava tra i 10 e i 30 milioni.
Fang Fenghui e Zhang Yang – ad esempio – per ottenere le proprie promozioni avrebbero pagato oltre 30 milioni di yuan (circa 4,6 milioni di dollari). Era stato un altro generale, Liu Yuan, a denunciare queste pratiche nel 2015, dopo aver personalmente rassegnato le dimissioni, nel pieno della campagna contro la corruzione lanciata da Xi Jinping. E proprio le rivelazioni di Liu erano costate l’ergastolo per Guo e l’indagine per Xu poi morto di cancro in carcere.
Tornando a Fang Fenghui, arrestato il 9 gennaio: la sua traiettoria politica lo inserisce dapprima nella corrente di Jiang Zemin, poi in quella di Hu Jintao, a testimoniare la volatilità di certe “alleanze”. A scatenare le supposizioni su un “piano” di colpo di Stato contro Xi – ipotesi tutt’ora senza alcun riscontro reale – sarebbe stato proprio Fang; per il quotidiano di Hong Kong Sing Tao Daily, Fang Fenghui, arrestato per primo, avrebbe fornito alle autorità cinesi i nomi degli altri ufficiali coinvolti nella presunta congiura, a partire da quello del suo superiore diretto, Fan Changlong.
Quest’ultimo non è stato ancora indagato ufficialmente, ma a Xi non mancherebbero i motivi per procedere, complice anche un importante incontro organizzato con i vertici militari lo scorso 3 gennaio. Come si sa e come si sta scoprendo eventualmente solo ora, è proprio nell’Esercito di liberazione che si concentrerebbe la principale opposizione a Xi Jinping, complice la grande riforma che Xi sta attuando all’intero esercito cinese, spingendo sui corpi speciali e la marina. Di fatto – tra l’altro – da quando il ruolo di capo dello Stato maggiore congiunto è stato revocato a Fang Fenghui sarebbe stato assegnato a un alleato di Xi, Li Zuocheng. Ma Li non sarebbe assolutamente preso in considerazione.
Per l’esercito cinese è dunque un momento fondamentale, tanto più dopo la sua prima esercitazione globale multiforze, che ha coinvolto Esercito, Marina, Aviazione e Forze strategiche in 40 mila differenti località del Paese . Attenzione dunque ad alcuni particolari: l’esercitazione si sarebbe svolta il 3, il giorno prima Xi aveva convocato una riunione allargata della Commissione centrale. Una settimana dopo sono arrivati l’arresto di Fang e la probabile incriminazione di Fan Changlong.
@simopieranni
La campagna anti corruzione di Xi Jinping gli stava per costare un colpo di Stato, rivela una testata di Hong Kong. Notizia da prendere con le molle. Di certo le epurazioni inquietano i vertici del’Esercito, che non si rassegnano alla nuova era