
La nazionale di calcio cinese subisce un’altra onta. In una partita per le qualificazioni mondiali (a Russia 2018) la Cina è stata sconfitta, in casa a Xian, uno a zero dalla nazionale siriana. L’ira dei tifosi si è sfogata sul web: «disgustosi». E ai vertici «politici» del calcio nazionale si chiedono le dimissioni.
Mahmoud Al-Mawas è il nome del calciatore siriano che segnando a Xian, ha regalato alla nazionale siriana un insperato successo contro la Cina. Una vittoria simbolica di una nazionale che rappresenta uno stato in disfacimento, al centro di una guerra che pare infinita e senza possibilità di soluzione, almeno nel breve e medio periodo.
Una squadra considerata 114° nel ranking mondiale. Non che la Cina sia piazzata meglio: è 78°. E secondo i media sportivi che hanno fornito la cronaca dell’incontro la nazionale siriana, che solitamente gioca i propri match casalinghi in Oman, avrebbe potuto anche raddoppiare, fallendo una facile occasione. A nulla è servito il possesso palla prolungato dei cinesi, sterile e inoffensivo.
Xi Jinping, il presidente cinese, è un grande appassionato di calcio. Ripreso più volte a calciare un pallone o a farsi fotografare con Aguero, stella del Manchester City, la squadra per cui Xi tifa, ha più volte espresso il sogno di vedere un Mondiale organizzato in Cina, con una nazionale cinese competitiva e pronta a gareggiare almeno per il podio.
Un obiettivo che appare proprio un sogno, visto l’andazzo. Negli anni scorsi la nazionale cinese aveva fatto parlare di sé solo per gli scandali: venne fuori che i calciatori pagavano per essere convocati. Complici una schiera di allenatori, cinese e stranieri, molti provenienti dalla ex Jugosvlavia. Poi la svolta con Camacho, tecnico spagnolo di grande fama, ma che ha prodotto solo un altro fallimento.
La domanda è sempre la stessa: come può un paese di un miliardo e 400 milioni di persone non produrre undici calciatori almeno modesti e non disastrosi come quelli della nazionale di calcio?
La risposta è complessa e affonda nella cultura cinese, sia quella sportiva sia quella attuale, troppo attenta al successo e all’individualismo, rispetto a uno sport che vede tra i suoi traini, almeno riguardo la possibilità di far nascere talenti, la passione, il gioco di squadra, la costanza, il sudore, la fatica.
In Cina manca una cultura e un’urbanistica capace di portare innanzitutto i bambini a giocare a calcio anche per strada. Le città cinesi sono degli inferni per i bambini, sempre più spinti a stare a casa o a essere impegnati in mille attività che non permettono la frequentazione assidua a scuole di calcio.
I risultati sono questi: un campionato da vecchie glorie o campioni del momento, strapagati e più considerati per quante magliette fanno vendere che per le prestazioni calcistiche. Un campionato mediocre quando non è ridicolo, che forse non corrisponde neanche a uno di Lega-pro italiano. Una competizione nazionale che ha avuto scandali clamorosi, giri di scommesse, partite vendute, arbitri comprati, corrotti. Un disastro su tutta la linea.
E ora questa ennesima sconfitta che oltre a ridicolizzare la nazionale di calcio, mette anche in cantiere la possibilità di candidarsi a qualificarsi ai mondiali in Russia. Xi Jinping dovrà fare a meno ancora una volta dei suoi undici sudditi in maglietta rossa.
@simopieranni
La nazionale di calcio cinese subisce un’altra onta. In una partita per le qualificazioni mondiali (a Russia 2018) la Cina è stata sconfitta, in casa a Xian, uno a zero dalla nazionale siriana. L’ira dei tifosi si è sfogata sul web: «disgustosi». E ai vertici «politici» del calcio nazionale si chiedono le dimissioni.