Nei giorni scorsi alcuni quotidiani avevano già diffuso la notizia, senza che ci fossero conferme ufficiali. E oggi le autorità cinesi hanno confermato: il vice capo dell’intelligence cinese, Ma Jian, potentissimo, è sotto indagine per «gravi violazioni delle leggi e della disciplina di partito». Una formula classica usata da Pechino per indicare l’accusa di «corruzione». Ma il suo arresto coinvolge altri big, rendendo il quadro ancora più confuso.

Proviamo a partire da un punto preciso. Il Financial Times, il 12 gennaio ha scritto: «La scorsa settimana, Founder Securities, società quotata controllata dal Founder Group di Shanghai, ha presentato una dichiarazione alla borsa locale, nella quale annuncia che il suo presidente, amministratore delegato e vice-presidente erano stati tutti arrestati dalle autorità, per condurre un’indagine».
La Founder Group è un’azienda di servizi finanziari gestita dall’università di Pechino. Ma Jian, era il vice ministro del Ministero della Sicurezza statale (Mss). Secondo quanto trapelato dai media, nell’ovvio rigore che circonda le informazioni di un uomo dell’intelligence, Ma Jian avrebbe condotto importanti operazioni nel 2012 (tra cui la cattura di un disertore nord coreano).

Ma chi era a capo di tutto l’apparato di sicurezza cinese all’epoca? Zhou Yongkang, recentemente espulso e messo sotto processo per corruzione e un’altra sfilza di reati, cui potrebbe aggiungersi anche il tentato colpo di Stato, dato che rivelazioni della stampa cinese dimostrerebbero l’allora sodalizio – negli anni tra il 2010 e il 2012 – con Bo Xilai.
Ma non solo, perché Ma Jian sarebbe stato – tra le altre attività – tirato dentro al giro d’affari (non proprio pulito) della Founder Group. Da chi? Dall’ex braccio destro di Hu Jintao, Ling Jihua, arrestato a Natale e accusato di corruzione.
Il cerchio sembrerebbe concludersi dimostrando alcune cose, che la stampa cinese e straniera ha sospettato in questi anni. Innanzitutto l’esistenza di fazioni determinate e completamente trasversai dal unto di vista politico, ma accomunati da relazioni storiche famigliari o da interessi economici e finanziari comuni.

Nel 2011 quando si parlà di colpo di Stato a Zhongnanhai, il Cremlino cinese, nessuno decise di crederci. E invece questa indagine, insieme a tante altre cose, dimostrerebbe che ci fu davvero un tentativo di bloccare la strada a Xi Jinping, rivoltando completamente le gerarchie all’interno del Partito.
Una fazione perdente, che ora subisce l’umiliazione quotidiana dal vincitore – per ora – della partita.
@simopieranni
Nei giorni scorsi alcuni quotidiani avevano già diffuso la notizia, senza che ci fossero conferme ufficiali. E oggi le autorità cinesi hanno confermato: il vice capo dell’intelligence cinese, Ma Jian, potentissimo, è sotto indagine per «gravi violazioni delle leggi e della disciplina di partito». Una formula classica usata da Pechino per indicare l’accusa di «corruzione». Ma il suo arresto coinvolge altri big, rendendo il quadro ancora più confuso.