
Nuova stretta “mediatica” della Cina: la Cyberspace Administration of China ha riferito che i media online “non possono comunicare eventuali notizie prese dai social media senza approvazione”. In teoria la mossa è giustificata con l’intento di evitare i rumors e le notizie false. Secondo i detrattori è una nuova morsa censoria di Pechino. La risposta del governo: nessun paese al mondo lascia totale libertà di stampa.
Ci risiamo: la Cina è nuovamente accusata di censura. Pechino ha diramato nuove regole sulle informazioni on line, nel tentativo di evitare “svarioni” informativi capaci di surriscaldare una società che si vuole sempre tenuta sotto stretto controllo. Nel comunicato della Cyberspace Administration of China, si legge: “È vietato l’uso di dicerie per creare notizie o utilizzare congetture e immaginazione per distorcere i fatti”.
“Tutti i livelli dell’amministrazione del cyberspazio devono svolgere con impegno la loro responsabilità di gestione per i contenuti di internet, rafforzare la vigilanza e le indagini, investigare severamente e gestire le notizie false e senza fondamenti”, ha aggiunto il regolatore. Il “regolatore” elenca poi una serie di notizie false che recentemente sarebbero state diffuse su internet, tra cui quella relativa a un incendio di un bus.
Secondo i funzionari le restrizioni di Internet, tra cui il blocco dei popolari siti stranieri come Google e Facebook, “sono necessari per garantire la sicurezza di fronte alle minacce crescenti, come il terrorismo e per fermare la diffusione di rumors dannosi”.
I governi stranieri ed i gruppi di lavoro hanno sottolineato come le restrizioni su internet coinvolgano anche questioni commerciali di portata più ampia (basti pensare alle “città della censura” presenti in Cina: luoghi nei quali si annidano i controllori di tutto quanto passa sull’internet locale).
Poco dopo che la Cyberspace Administration of China (CAC) ha emesso un avviso per cui le notizie raccolte dai social media devono essere verificate prima di essere pubblicati, sottolineando che “nessun sito web è autorizzato a riportare notizie pubbliche senza specificarne la fonte, o riportare notizie citando fonti non veritiere”, sui media occidentali le critiche alla Cina sono state tante.
La reazione di Pechino alle reprimende è stata – al solito – molto dura. Sul Global Times un editoriale specificava che “stato ancora una volta ingiustamente diffamata da un certo numero di media occidentali come un maniaco del controllo, che sta stringendo la morsa attorno alla pratica del giornalismo e limitando il flusso di informazioni on-line”.
“Le critiche contro la libertà di stampa in Cina sono montate per anni nel mondo occidentale. Tuttavia, nessun media al mondo è senza regole”.
Il Global Times ricorda quindi altri casi di media occidentali che hanno apportato “modifiche” alla propria “visione” della libertà di stampa: “Nel 2013, l’Associated Press ha stipulato nelle linee guida per i suoi dipendenti che i redattori dovrebbero sempre evitare di diffondere rumors non confermati on-line…così facendo si darebbe credito a report che potrebbero non essere corretti”. La verità – spiegano i cinesi – è che “i regolamenti non solo sui media americani, ma anche sui social network sono molto più severi di quanto deciso in Cina”.
Secondo gli ultimi rapporti, inoltre, ai visitatori stranieri “negli Stati Uniti sarà probabilmente chiesto di consegnare i loro account Facebook, Twitter e Instagram prima di mettere piede su suolo americano. In altre parole, essi saranno guardati da parte del governo degli Stati Uniti”.
La libertà di stampa – scrive nel commento il Global Times – “deve essere protetta. Eppure i media devono rispettare la legge e non far circolare storie false o che distorgono la realtà dei fatti. Questa dovrebbe essere la linea di fondo di ogni media”.
@simopieranni