
La nomina di Peter Navarro da parte di Trump a supervisionare tutte le politiche commerciali degli Stati Uniti, all’interno di una sorta di nuovo ufficio chiamato «White House National Trade Council», non può che colpire: l’economista Peter Navarro è considerato un «falco», un autentico anti cinese, sia dal punto di vista economico, sia politico. Un segnale che Pechino non ha difficoltà a leggere come avverso alla Cina.
In Cina da tempo la leadership del partito comunista ha ragionato sulle conseguenze dell’elezione a presidente dell’America di Donald Trump: nello scetticismo generale regnava una certezza, ovvero che le caratteristiche e gli interessi da businessman di Donald Trump, avrebbero incrociato la praticità cinese, anche dopo un primo periodo di turbulenza.
Si riteneva che il rapporto, in fondo in fondo, sarebbe andato come in precedenza, magari con qualche colpo di scena mediatico in più, data l’«originalità» del personaggio.
Ma nei giorni della «transizione», Donald Trump sembra avere esposto in modo chiaro la sua strategia internazionale: amicizia con la Russia di Putin e forte aggressività, per ora solo dialettica, nei confronti della Cina.
Prima la telefonata con la leader di Taiwan, poi i tweet giustificatori, e l’implicita messa in discussione della teoria «una sola Cina», poi ancora le accuse a Pechino di aver «rubato» il drone americano nelle acque del mar cinese del Sud.
E ora la nomina di Peter Navarro, 67 anni e già autore di libri fortemente anti cinesi come: Death by China (diventato anche un documentario) e Crouching Tiger: What China’s Militarism Means for the World.
Secondo Forbes si tratta della peggiore nomina di Trump. Il magazine ha definito la scelta del neo presidente, un «segnale belligerante» nei confronti della Cina.
Il Guardian ha riassunto il pensiero di Navarro sulla Cina: «Il governo cinese è spregevole, parassitario, brutale, volgare, insensibile, amorale, spietato, la Cina è una potenza totalmente totalitaria, imperialista che regna sui leader mondiali di fabbriche di cancro, la più prolifica propaganda e il più grande stato di polizia e prigione sulla faccia della terra. Così pensa della Cina Peter Navarro», ha scritto il quotidiano inglese.
Peter Navarro, non a caso, un mese fa circa su Foreign Policy aveva criticato proprio gli accordi internazionali, in nome di una maggiore forza del commercio statunitense e in difesa dei posti di lavoro americani: una retorica che e evidentemente ha fatto colpo su Trump. Sempre Navarro ha perorato, si dice, la telefonato con la leader taiwanese Tsai Ing-wen e non a caso la sua nomina pare abbia fatto felice e non poco Taipei.
Il South China Morning Post ha sentito alcuni pareri riguardo la nomina. Secondo Kevin Lai, capo economista per l’Asia di Daiwa Capital Markets, «la nomina di Navarro e le osservazioni di Trump sulla politica di «una sola Cina» hanno finito per sottolineare attriti esistenti tra i due paesi».
«Trump – ha aggiunto l’analista – sembra essere molto serio riguardo gli slogan e i principi della sua campagna elettorale: una guerra commerciale ormai è sempre più probabile».
Viste le posizione espresse in passato da Navarro sulla Cina e sul commercio, per Pechino saranno tempi durissimi, determinanti per il proprio 2017, caratterizzato dal diciannovesimo congresso. Una scelta – quella di Navarro – messa in discussione anche negli Stati uniti. Il New York Times ha sottolineato come Trump sembri scegliere i suoi uomini più per una supposta fedeltà al suo ruolo, anziché per meriti in passate funzioni amministrative.
A provare a calmare le acque è stato chiamato ancora una volta Wang Yi, con Pechino nell’insolito ruolo di pacificatore. Tra Usa e Cina, secondo il ministro degli esteri cinese, si sono aperte «nuove complessità e nuovi fattori di incertezza».
Al centro di queste nuove difficoltà il rapporto con la futura amministrazione statunitense di Donald Trump. Wang non a caso ha ricordato che «tra Pechino e Washington c’è un trend storico che non può essere alterato dalla volontà di un individuo», cin un chiaro riferimento al prossimo inquilino della Casa bianca.
@simopieranni