Riecco l’Unità 61398, ovvero lo squadrone di cybersoldier che da Shaghai guiderebbe tutte le offensive informatiche cinesi contro gli Stati uniti. Da Washington per la prima volta è arrivata la denuncia ufficiale contro cinque suoi membri e Pechino non si può dire l’abbia presa bene. Tutto questo avviene, all’interno di uno scontro tra le due potenze, giocato su più fronti.
Secondo quanto riportato dal Telegraph, «il personale dell’Unità 61398 è altamente qualificato in reti di computer, ma i suoi membri devono anche essere competenti in inglese dato che la maggior parte dei suoi bersagli sono negli Stati Uniti, secondo quanto riferito da Mandiant, una società di sicurezza informatica americana. Si pensa che l’unità 61398 abbia iniziato le operazioni nel 2006 e da allora ha presumibilmente violato le reti di oltre 140 aziende occidentali nel perseguimento di segreti aziendali. Mentre i paesi di tutto il mondo stanno sviluppando le capacità informatiche, la Cina è unica quanto a utilizzo del suo esercito per ottenere vantaggi commerciali rispetto ai concorrenti stranieri, ha dichiarato Jen Weedon, manager di FireEye, una società di sicurezza informatica americana».
In pratica secondo gli States, dimentichi di tutto lo scandalo Nsa, «ciò che contraddistingue l’unità 61398 è che funzioni sotto gli ordini del governo, conducendo spionaggio per motivi aziendali».
La Cina ha reagito con forza all’incriminazione di cinque suoi ufficiali militari per cyberspionaggio. Il ministero degli Esteri cinese, infatti, ha convocato oggi l’ambasciatore americano a Pechino, Max Baucus, per «presentare una formale protesta» contro la decisione del ministro della Giustizia americano, Eric Holder.

Nell’incontro con l’ambasciatore Baucus il sottosegretario agli Esteri, Zheng Zeguang, ha espresso la «forte indignazione ed opposizione alla mossa degli Stati uniti», affermando che Washington sta «violando in modo grave le norme delle relazioni internazionali, contravvenendo alla cooperazione tra Cina e Stati Uniti in materia di cyber sicurezza e danneggiando in modo serio le relazioni tra i due paesi inventando accuse» nei confronti dei militari cinesi. Zheng – si legga ancora in una nota del ministero degli Esteri di Pechino – ha poi rivendicato che la Cina è «uno strenuo difensore della cyber security, nessuno del personale del governo o dell’esercito ha mai partecipato o è stato coinvolto in furto informatico di segreti commerciali. Le accuse americane – ha concluso – contro ufficiali cinesi sono senza fondamento e in cattiva fede».
Ci risiamo, Usa e Cina contro. Ma c’è di più in questa guerra asimmetrica, che pone le due super potenze a confrontarsi costantemente. Pechino soffre di sindrome di accerchiamento, in parte giustificata dall’intensa attività diplomatica, militare ed economica di Washington nell’area asiatica. La Cina si muove in quelle zone come nel proprio giardino di casa, non tenendo conto delle richieste di Stati considerati minori (vedi alla voce Vietnam) e tramite gli accordi che verranno sanciti oggi con Putin, risponde in modo energico alla strategia pivot to Asia di Obama.
Resta un problema per Pechino, come dimostrato dai recenti fatti vietnamiti. Essere una grande potenza economica non significa automaticamente riuscire a gestire il peso diplomatico di questa forza. La Cina è abituata a concepire i rapporti internazionali in senso bilaterale, basando tutta la propria strategia solo sui propri interessi, senza alcuna problematica di natura ideologica. E questo è un ottimo elemento di azione per Pechino, che si scontra però con la visione globale, con la necessità di agire culturalmente e tramite il soft power, non solo sbattendo sul tavolo la propria rilevanza economica.
Anche in questo Pechino, dovrà concentrarsi sulla qualità delle sue azioni, in termini di relazioni internazionali, presentandosi nell’arena internazionale come una nazione matura, capace di comprendere quando spingere e quando invece arrivare a un compromesso.
Riecco l’Unità 61398, ovvero lo squadrone di cybersoldier che da Shaghai guiderebbe tutte le offensive informatiche cinesi contro gli Stati uniti. Da Washington per la prima volta è arrivata la denuncia ufficiale contro cinque suoi membri e Pechino non si può dire l’abbia presa bene. Tutto questo avviene, all’interno di uno scontro tra le due potenze, giocato su più fronti.