Si avvicina il sesto plenum di novembre, durante il quale per la terza volta il Partito comunista proporrà una “risoluzione storica”. In precedenza aveva portato alle svolte epocali di Mao e Deng, stavolta tocca alla visione di Xi Jinping
La Cina sta cambiando, ancora una volta. E lo sta facendo in un processo di lunga durata ma che ha subito un’accelerazione netta nell’ultimo anno e mezzo. La doppia circolazione prima e il caso Jack Ma poi erano solo i prodromi di quanto si sta sviluppando nelle ultime settimane, tra “prosperità comune” e potenziamento dell’arsenale normativo a disposizione del Governo per incidere sull’economia privata. E alle porte potrebbe esserci qualcosa di ben più grande, che investe anche la sfera storico-ideologica del Partito comunista.
Al sesto plenum in programma tra l’8 e l’11 novembre prossimi, infatti, si proporrà una “Risoluzione sui principali risultati e sull’esperienza storica della lotta nel centenario del Partito”. D’altronde, il sesto plenum è quello che tradizionalmente apre sempre l’anno decisivo in vista del conferimento del mandato presidenziale. E il congresso del 2022 sarà appunto chiamato a concedere il terzo mandato a Xi Jinping, dopo l’eliminazione del vincolo dei due mandati ufficializzato nel 2018. Si tratta di quello che Simone Pieranni ha definito “anno elettorale” cinese, se si potesse usare una terminologia presente nelle democrazie occidentali. Il Partito cerca nuovi equilibri, con dibattiti e sfide più o meno pacifiche, ovviamente non esposti al pubblico ma ben celati dietro le mura di Zhongnanhai.
Ma è il sesto plenum quello nel quale solitamente si traccia un bilancio di quanto raggiunto negli ultimi anni e si riflette sulla traiettoria futura del Partito. Nel 2016, per esempio, il sesto plenum del 18esimo comitato centrale aveva elevato la posizione di Xi Jinping a “nucleo” del Partito, aprendo la strada alla rimozione del vincolo dei due mandati. Questa volta, però, si andrà oltre, visto che secondo l’agenda trapelata nei giorni scorsi è emerso che in programma c’è appunto una risoluzione storica.
La coincidenza tra centenario del Partito comunista e vigilia del prossimo congresso ha creato le circostanze utili per cementare la visione di Cina di Xi. Si tratta della terza volta che il Partito compie questo passo. La prima volta avvenne nel 1945, al settimo plenum del sesto comitato centrale. In quel caso si riassumeva l’esperienza acquisita nei primi 24 anni di vita del Partito e si poneva al centro il pensiero politico, strategico e ideologico di Mao Zedong, che riuscì così a imporre la sua visione sul futuro del Partito che sfociò poi nella fondazione della Repubblica popolare nel 1949. La seconda volta è invece datata 1981, durante il sesto plenum dell’11esimo comitato centrale. In quel caso la Cina di Deng Xiaoping ridiscusse se stessa e in particolare criticò la Rivoluzione culturale di Mao, in modo da proiettarsi verso il futuro e la stagione di apertura e riforma operata dal piccolo timoniere.
In entrambe le situazioni, insomma, le risoluzioni sono state funzionali ai leader dell’epoca per porsi al centro dell’azione del Partito. Non dovrebbe fare eccezione per Xi.
Il sinologo francese Jean-Pierre Cabestan ha di recente spiegato in un’intervista: “Il Pcc ha iniziato a riscrivere la storia cinese dal primo giorno. C’è stata una grande discontinuità tra la Rivoluzione culturale di Mao e l’era delle riforme di Deng. Jiang e Hu vi hanno sempre fatto riferimento, ma Xi vuole cancellare ogni punto di svolta e guardare alla storia della Repubblica popolare come un blocco unico, per dimostrare che il Partito ha sempre avuto ragione. Questo è il motivo per cui Jiang e Hu sono stati messi da parte e persino Deng a volte lo è. Oggi Deng non viene più considerato un eroe: certo, è l’uomo che ha lanciato le riforme e aperto il Paese ma è anche colui che ha rischiato di aprire la strada a riforme politiche prima di Tian’anmen, inclusa la separazione tra partito e Governo. La Cina di Xi è tornata a essere paranoica e militante come quella di Mao e nella sua versione della storia Mao ha sempre avuto ragione”.
Ecco perché esiste la possibilità che venga rivalutata anche la rivoluzione culturale criticata all’epoca di Deng. O che comunque si riaffermi il primato della politica sull’economia. Anche se l’ipotesi più concreta è che invece di sistemare il passato questa volta la risoluzione guardi al futuro, quello immaginato da Xi. Arricchirsi è glorioso, certo, ma bisogna farlo in un modo “ordinato” e fino a un certo limite.
Si avvicina il sesto plenum di novembre, durante il quale per la terza volta il Partito comunista proporrà una “risoluzione storica”. In precedenza aveva portato alle svolte epocali di Mao e Deng, stavolta tocca alla visione di Xi Jinping