L’annata in corso annovera tra le celebrazioni e le ricorrenze un anniversario importante, quello della morte di Jeroen Anthoniszoon van Aken, pittore olandese meglio conosciuto – da cinquecento anni – come Hieronymus Bosch. Per ricordarne l’eccezionale originalità, unita alla padronanza della tecnica ed alle capacità visionarie, al pittore conosciuto in Spagna come “El Bosco” è stata dedicata una grande retrospettiva in uno dei Musei più autorevoli al mondo, il Museo del Prado di Madrid. Non è un caso che sia proprio la capitale spagnola a rendergli onore attraverso una delle più complete retrospettive mai organizzate sul suo lavoro, dal momento che Filippo il Bello ne fu un appassionato collezionista.
Cinquanta le opere esposte – alcune realizzate da stretti collaboratori e seguaci di El Bosco – suddivise in sette sale tematiche che aiutano i visitatori a ripercorrere il lavoro e la vita del pittore, a cominciare dalla nascita nel nord dell’Olanda di fine XV secolo, in una cittadina di mercanti conosciuta come Hertogenbosch, a cui si deve il nome d’arte di Bosch. Non solo l’appellativo, ma anche molte delle sue visioni impresse su tavola sono riconducibili alle sue origini, in particolare quelle legate alla rappresentazione dell’Inferno e dei suoi gironi, sempre associati alle fiamme che distrussero il suo paese natale quando aveva dodici anni, un’esperienza spaventosa che lo segnerà per tutta la vita.
Il percorso espositivo continua in un susseguirsi di tematiche religiose, da sempre fulcro della produzione del pittore, passando prima per l’infanzia e il ministero di Cristo – dall’Adorazione dei Magi alle Nozze di Cana – per giungere alla terza sala dedicata ai santi ed in particolare a Sant’Antonio, raffigurato in preda ai diversi tormenti delle tentazioni. Proprio in queste opere è possibile individuare le prime figure che, più della sua firma – peraltro molto rara nei suoi dipinti – hanno caratterizzato Bosch nei secoli a venire: mostri e demoni, ibridi umani ed animali scaturiti dalla sua fantasia, prima di piccole dimensioni e a seguire sempre più protagonisti della scena. La capacità di tratteggiare i dettagli anche in scala molto ridotta, frutto delle sue probabili conoscenze nel campo della miniatura, offre una chiave di lettura sempre nuova dei dipinti boshiani, richiedendo però una lunga osservazione ravvicinata. A questo proposito, purtroppo il percorso espositivo non è stato all’altezza della grande affluenza di pubblico e delle esigenze di ogni singolo visitatore: volendo e dovendo osservare il dettaglio, un percorso obbligato, ristretto e a flusso continuo avrebbe forse evitato l’effetto disordinato ed affollato di fronte a numerose opere. Ad esempio, nel caso del Giardino delle Delizie, uno dei trittici più famosi di Bosch, che racconta – come altre opere raccolte nella stessa sala – la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, accostando la magnificenza del Paradiso con la tremenda punizione divina, a sottolineare la fragile durata dei piaceri terreni.
Oltre che artista minuzioso e ferocemente cinico, Bosch era infatti anche un grande moralista, ragion per cui la quasi totalità delle ventuno opere a lui attribuite contengono un monito riguardante i sette peccati capitali, in particolare l’avidità, la gola e la lussuria. L’epoca in cui visse El Bosco era caratterizzata da una ricca letteratura fantastica a fondo religioso con un fondo orrorifico, ed è quindi probabile che il complesso simbolismo boshiano fosse al tempo decifrabile.
Incredibile il Trittico del carro di fieno, metafora articolata e spietata della condizione umana, raccontata in un trittico che, partendo dalla cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, prosegue raffigurando tutta la varietà del genere umano – dai nobili al clero alla plebe – come un’unica processione dedita solamente alla conquista di beni materiali. Questi sono riassunti principalmente in lussuria (musica e baccanali) e cupidigia e trovano personificazione nel carro di fieno che traghetta inesorabilmente tutti all’Inferno, dove mostri e demoni puniranno i peccatori infliggendo atroci tormenti.
Una nota di merito per lo spazio dedicato alle analisi non invasive effettuate sui dipinti in occasione di questa mostra, per la quale sono stati previsti ed effettuati restauri e manutenzioni mirate. Lo spazio dedicato alla ricerca e all’approfondimento non è mai abbastanza, in particolare quello speso per raccontare gli importanti risultati ottenuti. Quali? È possibile vedere come l’artista ha pensato di posizionare una scena piuttosto che un’altra, i pentimenti, i ritocchi, lo stato conservativo generale. È possibile vedere i segni di cinquecento anni di vita vissuta.
El Bosco. La exposición del V centenario
Museo del Prado, Madrid
31 maggio – 25 settembre 2016
https://www.museodelprado.es/en
L’annata in corso annovera tra le celebrazioni e le ricorrenze un anniversario importante, quello della morte di Jeroen Anthoniszoon van Aken, pittore olandese meglio conosciuto – da cinquecento anni – come Hieronymus Bosch. Per ricordarne l’eccezionale originalità, unita alla padronanza della tecnica ed alle capacità visionarie, al pittore conosciuto in Spagna come “El Bosco” è stata dedicata una grande retrospettiva in uno dei Musei più autorevoli al mondo, il Museo del Prado di Madrid. Non è un caso che sia proprio la capitale spagnola a rendergli onore attraverso una delle più complete retrospettive mai organizzate sul suo lavoro, dal momento che Filippo il Bello ne fu un appassionato collezionista.