Per il capo del Comando centrale degli Stati Uniti, gli americani hanno a disposizione diverse opzioni militari per aumentare la pressione sull’Iran e disincentivarlo dall’ottenere l’arma atomica
Il generale Frank McKenzie, a capo del Comando centrale degli Stati Uniti (quello che ha competenza sul Medio Oriente e l’Asia centrale), ha detto al Financial Times che gli americani hanno a disposizione una vasta “gamma di opzioni militari” per disincentivare l’Iran dall’ottenere l’arma atomica. E precisa che, anche se la via diplomatica è quella prioritaria e preferibile per la risoluzione delle dispute, Teheran sottovaluta Washington se pensa di poter continuare a condurre attacchi in Iraq e in Siria con missili e droni.
Il contesto, in breve
I commenti di McKenzie, piuttosto duri, acquistano significato se calati nel loro contesto. America e Iran stanno infatti negoziando in via indiretta, a Vienna, per riportare in vigore l’accordo sul nucleare del 2015: era stato abbandonato dall’ex Presidente Donald Trump, che ha imposto sanzioni economiche verso il Paese, ma Joe Biden vorrebbe recuperarlo. Teheran, comunque, reagì alla mossa arricchendo uranio a livelli sempre più alti e ammassandone in grandi quantità, avvicinandosi alla soglia necessaria a ottenere la bomba.
I colloqui di Vienna dovrebbero servire a stabilizzare la situazione, ma la parte iraniana – il Paese oggi è guidato da un Presidente ultraconservatore, Ibrahim Raisi – si sta mostrando poco disponibile al compromesso. Oltre a frustrare gli europei (che operano da mediatori) e a innervosire l’amministrazione Biden (che vorrebbe chiudere il dossier per concentrarsi su altro), questa intransigenza sta preoccupando i rivali regionali dell’Iran. Innanzitutto l’Arabia Saudita e Israele, alleati di Washington, che temono rischi per la propria sicurezza nel caso in cui Teheran ottenesse un accordo molto favorevole, o venisse lasciata libera di proseguire la sua politica estera aggressiva.
La tattica
Le parole di McKenzie, dunque, ventilando la possibilità di ritorsioni armate, servono agli Stati Uniti per aumentare la pressione sull’Iran e convincerlo a trattare: di recente, peraltro, ci sono state esercitazioni militari americane con gli israeliani e gli emiratini, affiancate da colloqui tra politici.
La tattica di Washington sta proseguendo sulla stessa linea. Gli avvertimenti del generale arrivano infatti in contemporanea alla notizia dell’invio, la settimana prossima, di una delegazione negli Emirati Arabi Uniti. L’obiettivo è assicurarsi che le banche e le imprese di questo Paese rispettino le sanzioni contro l’Iran: gli Emirati sono infatti sia un partner americano sia il principale polo finanziario del Medio Oriente, scelto come base operativa anche da tante aziende iraniane.
Teheran vuole da Biden il ritiro di tutte le sanzioni nei suoi confronti, non solo quelle messe da Trump, prima di iniziare a fare marcia indietro sull’uranio. È una posizione inaccettabile per la Casa Bianca, che anzi ricerca un monitoraggio più stringente sulle capacità nucleari e missilistiche dell’Iran.
La linea dura di Israele
A conferma del fatto che tutte le opzioni sono sul tavolo, Reuters ha rivelato che questo giovedì c’è stato un incontro tra i rappresentanti della Difesa di Stati Uniti e Israele. Durante il quale si è discusso della possibilità di tenere delle esercitazioni militari per prepararsi a distruggere i siti nucleari iraniani nel caso in cui la diplomazia dovesse fallire.
La Cia, l’agenzia di intelligence specializzata nelle operazioni all’estero, ha detto di non credere che l’Iran voglia dotarsi di un’arma nucleare ma ha riconosciuto che sta avanzando nell’arricchimento dell’uranio, condizione necessaria.
I commenti di McKenzie, piuttosto duri, acquistano significato se calati nel loro contesto. America e Iran stanno infatti negoziando in via indiretta, a Vienna, per riportare in vigore l’accordo sul nucleare del 2015: era stato abbandonato dall’ex Presidente Donald Trump, che ha imposto sanzioni economiche verso il Paese, ma Joe Biden vorrebbe recuperarlo. Teheran, comunque, reagì alla mossa arricchendo uranio a livelli sempre più alti e ammassandone in grandi quantità, avvicinandosi alla soglia necessaria a ottenere la bomba.