Il Partito liberaldemocratico giapponese ha scelto il suo nuovo leader, che martedì 1° ottobre viene nominato premier. Quali sono gli scenari? Intervista a Jeffrey W. Hornung di RAND
Martedì 1° ottobre, Shigeru Ishiba diventa il 102esimo premier del Giappone. È il risultato delle elezioni interne al Partito liberaldemocratico di venerdì 27 settembre, mai così incerte e combattute. Ishiba, ex ministro della Difesa e dell’Agricoltura, ha prevalso al secondo turno contro l’ultranazionalista Sanae Takaichi, nome di riferimento dell’area che un tempo faceva riferimento al premier Shinzo Abe. In passato, Ishiba era stato sconfitto quattro volte in passato nel voto per la leadership del partito che governa quasi ininterrottamente dal secondo dopoguerra. Stavolta, dopo che il premier uscente Fumio Kishida ha sciolto quasi tutte le fazioni interne in seguito a un maxi scandalo sui finanziamenti, ce l’ha invece fatta. Si ferma invece al primo turno Shinjiro Koizumi, 43enne figlio dell’ex premier Junichiro. Per analizzare il risultato e gli scenari del governo Ishiba, abbiamo intervistato Jeffrey W. Hornung, Japan Lead della National Security Research Division di RAND Corporation.
Quanto è sorprendente la vittoria di Ishiba al quinto tentativo?
Conosco Ishiba dal 2005 e sono stato in passato nel suo ufficio durante una delle votazioni che ha perso. Devo dire la verità, non sono sorpreso. O meglio, quando è iniziato il processo che avrebbe portato alle elezioni, non pensavo che avesse possibilità. Credevo che i suoi giorni migliori fossero alle spalle perché ci sono molte persone nel partito che non lo amano, visto che ha sempre avuto una posizione di critica interna. Ma quando i rivali hanno iniziato a salire e scendere, da Kobayashi a Koizumi, ho iniziato a pensare che Ishiba avesse una possibilità concreta. Soprattutto nell’ultima settimana dopo che Koizumi è affondato nei sondaggi. Ho iniziato a pensare che avrebbe vinto anche perché, nonostante sia una discepola di Abe, un eventuale governo Takaichi avrebbe messo a disagio molte persone per le sue posizioni estremamente conservatrici. Credo si sia iniziato a vedere Ishiba come l’alternativa comoda, anche se non è completamente amato all’interno del partito, perché è popolare tra il pubblico. E perché non è un conservatore.
Ishiba ha vinto perché il partito pensa alle prossime elezioni generali?
Certo. Come ogni partito politico, cercano la sopravvivenza elettorale. E sanno che lui è estremamente popolare tra il pubblico. Takaichi non porta necessariamente la stessa popolarità elettorale. Aveva degli aspetti positivi, come il fatto di poter diventare la prima donna premier, ma Ishiba è molto popolare nelle prefetture locali. E quindi penso che alla fine il partito si sia guardato intorno e abbia detto: “Va bene, se vogliamo vincere le elezioni questo è ciò che dobbiamo fare”.
Si aspetta una politica estera in continuità con quella di Kishida?
Mi aspetto una sorta di fusione. Nel segno della continuità, ovviamente sarà data priorità all’alleanza USA-Giappone. A differenza che con Takaichi, credo che vedremo continuare il trilateralismo con la Corea del Sud perché non ha alcun bagaglio storico negativo riguardo al santuario Yasukuni (luogo controverso dove vengono commemorati tra i caduti anche 14 criminali di guerra dell’era coloniale) o commenti sprezzanti su Seoul, al contrario della destra radicale a cui appartiene l’avversaria. La differenza, però, è che credo che con Ishiba ci possa essere un potenziale di attrito con gli Stati Uniti. E la ragione per cui lo dico è che per quanto dia priorità all’alleanza, ha parlato apertamente di rivedere l’accordo sullo status delle forze. Ha parlato apertamente di creare una NATO asiatica. Ha parlato di condivisione del nucleare. Sono tutte cose a cui gli Stati Uniti si oppongono fermamente. Quindi, soprattutto per quanto riguarda l’accordo sullo status delle forze, se si presenterà ai negoziati o al prossimo vertice con gli Stati Uniti dicendo che vuole davvero negoziare si arriverebbe a degli attriti. Ma in termini di strategia generale della politica estera giapponese non mi aspetto grandi cambiamenti.
Forse con Ishiba ci si può aspettare una maggiore spinta sul ruolo regionale del Giappone? Anche per cercare probabilmente di ottenere una parziale autonomia strategica dagli Stati Uniti, se posso usare questo termine.
Sì, credo che sia corretto. Anche se non pronuncia questa parola, credo che sia proprio questo suo desiderio che causerà attriti con gli Stati Uniti. Perché gli Stati Uniti dicono sempre, nei vertici e nelle dichiarazioni congiunte, che stanno difendendo il Giappone, comprese le isole Senkaku. Gli Stati Uniti fanno di tutto per rassicurare il Giappone che sono impegnati nella difesa del Paese. E poi quando hai un candidato che parla di tutte queste cose sta essenzialmente comunicando che non si fida degli Stati Uniti. C’è la preoccupazione che gli Stati Uniti non siano presenti. E penso che sia valida, a seconda del candidato che diventerà presidente degli Stati Uniti alle elezioni di novembre. Ma se si spinge su questo punto, ci sono persone negli Stati Uniti che lo leggeranno come se il Giappone stesse cercando un’autonomia strategica. E questo causerà attriti.
Pensa che questa dinamica possa intensificarsi se Donald Trump sarà il prossimo presidente?
Sì. Lo penso. La cosa che ha funzionato bene per il Giappone l’ultima volta, era il fatto che anche se Trump criticava gli alleati questo non impattava su Tokyo, perché Abe era molto forte politicamente. Non ha lasciato che le critiche lo colpissero personalmente. E se lo chiamava piccolo Abe o se sbagliava il suo nome in una conferenza stampa, se metteva dazi sull’alluminio, Abe non l’ha mai presa sul personale. Non ha mai risposto a Trump per quello che riteneva l’interesse del Giappone. Il test per Ishiba sarà capire se avrà la stessa personalità per essere in grado di sopportare quelli che potrebbero essere anche attacchi molto personali, sanzioni o tariffe sui prodotti giapponesi. Credo che Ishiba abbia la capacità di non prenderla sul personale, ma di continuare a guidare la nave nella giusta direzione, indipendentemente da quanto gli Stati Uniti lo critichino? Questo non lo so.
La personalità del nuovo primo ministro potrebbe essere ancora più importante dopo che il sistema delle fazioni si è in parte dissolto?
Sì, è vero. In un certo senso, la personalità è sempre stata importante, anche nel sistema delle fazioni, ma si poteva avere una pessima personalità e, nonostante ciò, poiché le fazioni ritenevano che fosse il tuo momento, potevi diventare primo ministro. Poiché ora è necessario entrare in contatto con il pubblico, avere una popolarità elettorale, la personalità è molto importante. Conoscendolo, in passato Ishiba mi era spesso sembrato acido. Negli ultimi anni invece mostra anche il suo lato più leggero, mostrandosi in eventi mondani in una sorta di operazione di ringiovanimento. Penso che abbia funzionato. Ha dimostrato che può entrare in contatto con la gente. Ma fare campagna elettorale e governare sono due cose diverse. Riuscirà a mantenere quel lato leggero quando sarà martellato dal partito di opposizione? E penso che per certi versi sarà davvero interessante per il sistema politico giapponese perché c’è l’ex primo ministro Noda a capo del partito di opposizione. Noda è un avversario molto temibile perché conosce bene la politica e sa governare. Se c’è qualcuno che può bucare il palloncino del Partito liberaldemocratico, questo è Noda.
Si aspetta una nuova spinta da parte di Ishiba al processo di revisione della costituzione pacifista?
Non credo che ci sarà una spinta, almeno all’inizio, perché deve assicurarsi che la sua posizione politica sia solida nel partito. E l’unica cosa che potrebbe facilmente buttarlo fuori dal partito in fretta è se cerca di fare qualcosa di affrettato con la revisione costituzionale. Se il partito vincerà alla grande alle prossime elezioni, quando si terranno, penso che allora lo si potrà vedere immergersi in queste acque. Ma finché non saprà di essere solido politicamente nel partito, non credo che lo farà. Credo che la sua priorità sarà l’economia. Ha detto che vuole cercare di aumentare i salari, di affrontare la deflazione. È su questi temi che si giocherà nel breve termine la sua posizione politica. E poi potrà dedicarsi anche ad altre cose.
Martedì 1° ottobre, Shigeru Ishiba diventa il 102esimo premier del Giappone. È il risultato delle elezioni interne al Partito liberaldemocratico di venerdì 27 settembre, mai così incerte e combattute. Ishiba, ex ministro della Difesa e dell’Agricoltura, ha prevalso al secondo turno contro l’ultranazionalista Sanae Takaichi, nome di riferimento dell’area che un tempo faceva riferimento al premier Shinzo Abe. In passato, Ishiba era stato sconfitto quattro volte in passato nel voto per la leadership del partito che governa quasi ininterrottamente dal secondo dopoguerra. Stavolta, dopo che il premier uscente Fumio Kishida ha sciolto quasi tutte le fazioni interne in seguito a un maxi scandalo sui finanziamenti, ce l’ha invece fatta. Si ferma invece al primo turno Shinjiro Koizumi, 43enne figlio dell’ex premier Junichiro. Per analizzare il risultato e gli scenari del governo Ishiba, abbiamo intervistato Jeffrey W. Hornung, Japan Lead della National Security Research Division di RAND Corporation.
Conosco Ishiba dal 2005 e sono stato in passato nel suo ufficio durante una delle votazioni che ha perso. Devo dire la verità, non sono sorpreso. O meglio, quando è iniziato il processo che avrebbe portato alle elezioni, non pensavo che avesse possibilità. Credevo che i suoi giorni migliori fossero alle spalle perché ci sono molte persone nel partito che non lo amano, visto che ha sempre avuto una posizione di critica interna. Ma quando i rivali hanno iniziato a salire e scendere, da Kobayashi a Koizumi, ho iniziato a pensare che Ishiba avesse una possibilità concreta. Soprattutto nell’ultima settimana dopo che Koizumi è affondato nei sondaggi. Ho iniziato a pensare che avrebbe vinto anche perché, nonostante sia una discepola di Abe, un eventuale governo Takaichi avrebbe messo a disagio molte persone per le sue posizioni estremamente conservatrici. Credo si sia iniziato a vedere Ishiba come l’alternativa comoda, anche se non è completamente amato all’interno del partito, perché è popolare tra il pubblico. E perché non è un conservatore.