Conversazione con Aleksander Kwasniewski
Ue, eurozona e ruolo della Polonia. Le valutazioni dell’ex Presidente polacco sulla realtà attuale, non solo europea.
Ue, eurozona e ruolo della Polonia. Le valutazioni dell’ex Presidente polacco sulla realtà attuale, non solo europea.
Parte da un bilancio dei suoi 10 anni di presidenza (1995-2005), durante i quali Varsavia è entrata nella Nato e nell’Ue. Due momenti che considera cruciali nella traiettoria del suo Paese che, da un’era post-sovietica si muoveva negli anni Novanta verso un sistema più democratico, moderno e con maggiori prospettive economiche. “La Nato ha rappresentato un forte elemento di sicurezza per noi e le vicende di questi ultimi mesi in Ucraina lo confermano. Ma ha decretato anche, per la prima volta dopo secoli, il nostro allineamento, militare e politico, con la Germania, nostra complicata vicina. La scelta di aderire all’Ue rispondeva a un’esigenza di futuro economico ma anche morale e politico, che ci consentiva di tornare, dopo il periodo di dominio sovietico, nella famiglia europea, alla quale sentiamo di appartenere da sempre”.
Dopo 25 anni d’indipendenza e oltre 10 dall’entrata nella Ue, la Polonia è oggi una forza che porta entusiasmo, dotata di una buona economia e convinta che il futuro sia legato all’integrazione europea. Può contribuire a creare un nuovo equilibrio all’interno dell’Ue che, ricorda l’ex Presidente, attraversa un periodo “turbolento”.
Non è solo la crisi greca o la situazione in Ucraina a impensierire Kwaśniewski ma anche il referendum sull’adesione all’Ue previsto nel Regno Unito entro il 2017. In questo panorama, non ha problemi a riconoscere la leadership ad Angela Merkel e alla Germania, una Germania europea che ha cambiato pelle rispetto al suo passato tragico. Il problema è capire quanto gli altri Stati membri vogliano assecondare la politica d’integrazione tedesca, e Kwaśniewski candida la Polonia a possibile promotore di un riequilibrio di potenze all’interno dell’Ue. In quest’ottica il polacco Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, è già un’immagine di questo ribilanciamento.
“Tusk ha un approccio molto intelligente e moderato ma anche determinato a risolvere le varie problematiche. È un uomo dell’Europa e comprende che il nostro futuro sta in una più profonda integrazione, non nella disintegrazione; la strada sono istituzioni europee più forti, non il ritorno a egoismi nazionali. La lista dei compiti per Tusk è lunga e complicata ma è una persona ambiziosa che crede fermamente nell’idea e nei valori europei e gli auguro il meglio”.
Valori europei cari allo stesso Kwaśniewski che in un’intervista del 2010 si diceva convinto di come l’unica strada fosse una maggiore cooperazione senza dimenticare la minaccia del nazionalismo che oggi sente ancora più forte.
“Pensiamo ai giochi olimpici, una volta ci appassionava la competizione Usa-Urss. Negli ultimi anni è la Cina che teniamo d’occhio nel medagliere ma se mettessimo assieme tutti i rappresentanti dei paesi europei saremmo agli stessi loro livelli!”.
Nessun paese europeo da solo, nemmeno la forte Germania può competere, a livello economico e d’influenza geopolitica, con potenze come i BRICS, che stanno cambiando gli equilibri globali, mentre “un’economia che raccoglie oltre 500 milioni di persone” può fare la differenza.
Il progetto europeo non va letto solo da un punto di vista economico ma come l’unione di paesi che hanno un passato complesso e drammatico in comune e, per questo, condividono gli stessi ideali di democrazia, libertà e diritti umani. E se Kwaśniewski crede che il nazionalismo, viste le lezioni della storia, sia oggi un fenomeno marginalizzato, che abbiamo imparato a riconoscere e criticare, lo stesso non si può dire dell’egoismo, che rende l’uomo avulso da ogni autocritica, e che resta la prima istintiva risposta ai problemi. Per combattere il rischio di disintegrazione, che l’ex Presidente definisce come “unione dei singoli egoismi nazionali”, bisogna far emergere le potenzialità dell’Unione.
“In Europa non facciamo che criticare le politiche sanitarie e sociali, sicuramente migliorabili, ma che esistono, cosa che non si può dire di altri luoghi del mondo, Usa inclusi. In questi ultimi 200 anni abbiamo costruito qualcosa e questo va sfruttato!”.
Per l’ex Presidente, non è solo la crisi ucraina, e l’annessione illegittima della Crimea da parte della Russia, il centro del dibattito che si protrarrà per i prossimi anni ma la reazione fortemente antieuropea che sta dimostrando con le sue politiche la Russia. Il dilemma ucraino, di un paese diviso fra influenze sovietiche e sogni europei, avverte l’ex Presidente, è destinato a ripetersi anche in Moldavia e nei paesi del Caucaso, Georgia in testa. La risposta, ancora una volta, deve essere quella della cooperazione, come nel caso della crisi greca che dimostra come “democrazia, dialogo e pazienza” rivestono un ruolo basilare.
“Il tema ora è legato al futuro stesso dell’Europa”.
Alla domanda se la positiva risoluzione dei negoziati nucleari con l’Iran possa far presagire un nuovo rapporto di Mosca con le altre potenze mondiali, la risposta è laconica. “Al di là della riprova che, una volta eliminate le problematiche divisive, assieme si fa meglio e di più, sono in politica da troppo tempo per essere ottimista. Mi piacerebbe esserlo ma non ci credo troppo. D’altronde, come si dice, il pessimista non è altro che un ottimista ben informato”. Tornando a parlare di economia ed eurozona, un pronostico sull’entrata in vigore dell’euro in Polonia.
Sebbene sia un sostenitore della moneta unica, la cui adozione completerebbe l’integrazione polacca all’Ue e aiuterebbe anche l’eurozona a rimarcare la forza del progetto di moneta unica, da un punto di vista politico non ha risposte. Persa l’occasione sotto il governo Tusk, a causa del sopraggiungere della crisi e del non compimento totale dei requisiti (in particolare quelli legati al debito pubblico), spiega l’ex Presidente, i prossimi 4/5 anni potrebbero essere perfetti per intavolare il dibattito e prepararsi a un’eventuale adozione dell’euro da parte di Varsavia.
Molto dipende da chi vincerà le prossime elezioni che rinnoveranno il governo a ottobre 2015. Se dovesse avere la meglio la coalizione d’opposizione guidata dall’euroscettico Jaroslaw Kaczyński, i prossimi anni si rivelerebbero probabilmente inutili all’avvicinamento all’obiettivo euro. Comunque vada, Kwaśniewski si augura che le persone vengano informate in maniera corretta e senza sensazionalismi riguardo questa eventualità.
“Una delle tesi paranoiche che girano, basata sull’odierno cambio di 4 zloty per 1 euro, vuole che con l’adozione della moneta unica i costi si quadruplichino, il che sarebbe una pazzia. Ma sono convinto che se si facesse una campagna seria e con le argomentazioni giuste la gente voterebbe in favore dell’euro”. In ogni caso, per mantenere in crescita l’economia polacca, che sta incrementando l’export e si prevede possa chiudere l’anno con un Pil in crescita del 3.7%, fra i migliori della zona Ue, sono tre gli elementi centrali: competitività, innovazione, rapporto fra sistema scolastico e mercato del lavoro.
“Dobbiamo formare più persone efficaci nel e per il mercato: meno psicologi, sociologi, giornalisti e avvocati; più ingegneri ed esperti IT perché senza questo tipo di professioni non potremo svilupparci al passo con il progresso economico”
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