Per scongiurare la curva del Covid, alcune regioni ricorrono a questa misura che rimanda ai tempi di guerra. Ma ci terrà lontani da questo virus che ci perseguita, senza arrivare a ingestibili lockdown
Una via del Corso deserta a Roma, Italia, 24 ottobre 2020. REUTERS/Guglielmo Mangiapane
L’Italia, o almeno certe sue zone è sotto coprifuoco. Una parola che non conoscevamo dai tempi della guerra. Noi lo usavamo solo per scherzo: “Stasera non vengo, mia madre ha messo il coprifuoco”. Adesso c’è davvero. La parola è coniata sul modello del francese couvre-feu, dove peraltro è già in vigore dallo scorso weekend e scatta alle 21 di sera fino alle 6 del mattino. Dicono che abbia immalinconito i francesi, che l’atmosfera sia quella come quella del ’44, insomma a quella descritta nell’Ultimo metrò di Truffaut. Ma a quei tempi i metrò erano abbastanza sicuri, non come ora in cui costituisce il principale veicolo di contagio.
In Italia qualche negazionista grida al regime sudamericano, ma è giustamente sommerso da un fragore di pernacchie. Non è previsto in tutta Italia ma solo in Lombardia, Lazio, Campania, Liguria e Piemonte. A fare da apripista la Lombardia dove non si potrà più circolare dalle 23 fino alle 5 del mattino se non per comprovati motivi di lavoro, salute o di necessità e urgenza.
Coprifuoco deriva dal Medioevo quando, al fine di prevenire gli incendi, veniva imposto di coprire con la cenere e quindi spegnere ogni fuoco, lume o lanterna durante le ore notturne. In Italia l’ultima volta è accaduto nel 1943. Su Facebook gira un avviso del 1943 in cui, si legge, il “Comando di Presidio ha stabilito per il coprifuoco e la chiusura dei pubblici esercizi il seguente orario: coprifuoco dalle ore 22 alle ore 5.30. Chiusura di tutti i locali pubblici come trattorie, caffè, bar, cinematografi alle ore 21.30. Tale orario ha inizio con il giorno 12 novembre 1943”.
Non è firmato da Giuseppe Conte e nemmeno dal marziale De Luca bensì dal generale Pietro Badoglio. Servirà a frenare il contagio e a piegare la curva? Certamente non è risolutivo, ma è uno dei tanti mezzi in cui, insieme a distanziamento, mascherina e igiene delle mani, ci terrà lontani da questo maledetto virus, in attesa dei vaccini, ormai prossimi (i più ottimisti parlano di fine dicembre). Si tratta di tener duro ancora un po’, senza abbassare la guardia ma senza neanche gridare alla fine della democrazia e scempiaggini del genere.
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